Il post odierno prende lo spunto da un articolo che ho letto recentemente, scritto da Alessandra Viola, valente e nota giornalista specializzata in tematiche ambientali, riguardanti in particolare le piante ed i loro diritti, riconosciuti ma soprattutto negati.
L'articolo della Viola prende lo spunto dalla notizia che per la ricostruzione del tetto della cattedrale parigina di Notre Dame, distrutto da un incendio nel 2019, saranno abbattute circa 2000 Querce sane, alcune con oltre due secoli di vita.
La domanda in estrema sintesi è: come è possibile che la volontà di ricostruire utilizzando materiali originari, nel caso specifico il legno di Quercia, debba passare sopra alla sopravvivenza di 2000 esseri viventi, tanto più se dotati del valore intrinseco di vecchie Querce? Non era possibile valutare l'utilizzo di materiali alternativi, anche per non negare la rivoluzione verde, tanto sbandierata da molti governi europei, a cominciare da quello francese?
Per capire le dimensioni del danno di cui stiamo parlando, vi voglio presentare alcune Querce delle quali vi ho raccontato nel corso degli anni, in vari post a loro dedicati. Ricordo altresì che la Quercia è uno degli alberi al quale è riconosciuto un rapporto strettissimo e plurimillenario con gli esseri umani (post del 24/4/14, fra gli altri). Ecco il piccolo reportage fotografico.
Particolare di una Quercia da sughero, Quercus suber, fotografata sul monte Linas nel dicembre del 2011. Anche quell'anno doveva essere piovuto molto, per consentire alle felci di trovare un incavo arboreo adatto a vivere.
E questa a destra è una Farnia,
Quercus robur, e precisamente l'esemplare dell'Exma (post del
2/8/13, fra gli altri); una specie di Quercia molto rara in Sardegna ed a Cagliari, e invece molto comune in tutta Europa. E' probabilmente la specie di albero che sarà utilizzata per la ricostruzione del tetto di Notre-Dame.
Ed allora eccola un'altra Farnia meravigliosa, nel pieno del
foliage autunnale; naturalmente questa non è sarda, ma vive nel nord dell'Inghilterra, e precisamente ai bordi del lago Windermere.
Questo a destra è invece l'affascinante scheletro di una nostra Roverella, Quercus pubescens, parente stretto della Farnia e, questa sì, molto comune (nonostante le razzie dell'ottocento) nelle nostre belle campagne. Vive a Tadasuni, nell'oristanese, e qui è ripresa in febbraio, in pieno riposo vegetativo.
E, per finire con una immagine dolce e quasi natalizia, tre galle disposte simmetricamente quasi a simulare un fiore, in questa Farnia.
In realtà queste simpatiche palline aiutano la Quercia a proteggersi da insetti che potrebbero essere pericolosi (post del
15/10/20).
Adesso che, spero, avrete apprezzato queste immagini e la bellezza degli alberi, chiedetevi quanto è corretto che l'uomo abbatta 2000 Querce per ripristinare un soffitto, per quanto di una meravigliosa cattedrale nel cuore parigino. Io concordo con la giornalista Viola, e con la sua convinzione della assoluta necessità di promuovere una Dichiarazione universale dei diritti delle piante.
Pensate che le piante costituiscono più dell'80% di ciò che è vivo nel nostro Pianeta, e che, inutile ricordarlo, senza le piante l'uomo non potrebbe sopravvivere, semplicemente.
Considerare le piante come meri oggetti, al più risorse, delle quali disporre in maniera assoluta da parte di chi ne ha la proprietà, non può più essere considerato un assioma, addirittura declinato nei sistemi giuridici che regolano diritti e doveri negli stati.
La pianta è una nostra compagna di vita, si custodisce e si tramanda, non si tradisce abbattendola, se non per validi e riconosciuti motivi; dovrebbe avere dei diritti ben individuati come già è avvenuto per altri ecosistemi della Natura (fiumi, foreste.....). Anche io, nel mio piccolissimo ambito, avevo esposto il problema della protezione di alberi cittadini di interesse generale, anche se viventi in proprietà private (post del
7/12/13, fra gli altri).
Bene, mi fermo qui anche se ci sarebbe tanto da dire; spero di aver offerto uno stimolo di riflessione anche per problematiche che ci riguardano da vicino, come per esempio gli alberi di viale Trieste. Ricordiamoci sempre che non si può banalmente giustificare l'abbattimento di un albero, magari con 100 anni di vita ed una chioma enorme, dicendo che tanto se ne mette un altro: non stiamo parlando di oggetti qualsiasi, porca miseria!