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mercoledì 26 febbraio 2020

La pineta di Su Siccu, ridotta nel numero e rinata nella qualità

Ho fatto di recente una passeggiata a Su Siccu,  percorso pedonale sistemato non tanti anni fa ma  ormai un classico per i cagliaritani, compreso fra il molo di Bonaria ed il molo Ichnusa.

Un percorso veramente piacevole, che consente di apprezzare una volta di più la bellezza del nostro mare, in una zona un tempo molto degradata ed oggi pienamente recuperata. Ma io ho apprezzato non solo il mare ma anche la pineta, che si estende da via Caboto fino al liceo Alberti.

Qui il recupero è stato veramente eclatante, almeno per i cagliaritani un po' "datati" come me, che ricordano lo stato pietoso nel quale versava la pineta, sporca, con il terreno duro come la pietra,  gli alberi rinsecchiti  pronti per l'eliminazione e, non da ultimo, una fama di frequentazione non certo positiva.

Io stesso, agli albori del blog (post del 10/12/10), dichiaravo smantellato l'insediamento di Pinus pinea di viale Colombo, dopo decenni di "sopravvivenza stentata e malaticcia".


Bene, oggi ho il piacere di smentire completamente le mie asserzioni di 10 anni fa, e segnalare che i Pini sono in ottime condizioni, compatibilmente con la posizione e la vicinanza del traffico automobilistico.

La fotografia qui a fianco dà conto di quanto detto; chioma densa di colore verde carico, seccume della parte inferiore non dominante, prato decente tutto attorno. 

La riduzione del numero di esemplari, con l'eliminazione di tutti quelli in condizioni critiche, ha sicuramente contribuito alla ripresa, unitamente agli altri interventi sul terreno; va dunque dato atto alla amministrazione del verde pubblico di aver perseguito ed ottenuto la rinascita di questo sito.


E a proposito di Pini e del post del 2010, aggiungo una curiosità: in quello stesso post parlavo dell'impianto pubblico di Pinus pinea in via Verdi; lì l'esito è stato opposto rispetto a Su Siccu, dato che dopo  la caduta di un grosso esemplare (post del 9/5/13) e l'evidente pericolosità degli altri, si è proceduto all'eliminazione totale di quell'impianto, sostituito con alberi di arance, Citrus aurantium. 

venerdì 21 febbraio 2020

I ricchi ed i poveri, fra inverno e primavera

Nessuna preoccupazione, non sono cascami del recente Festival di Sanremo quelli che mi animano oggi, ma il confronto fra due fioriture, una tipicamente invernale, l'altra che anticipa la primavera.

Cominciamo dai fiori ricchi, quelli delle Camelie. Un genere di piante arbustive che comprende moltissime specie, caratterizzate da fiori bellissimi e ricchi di petali dai colori sgargianti, di grande effetto.  Un fiore ricco anche perché citato in letteratura, addirittura già dal titolo del romanzo di Dumas "La signora delle camelie".

Eccolo qua il fiore ricco: si tratta di una particolare specie di Camelia, la Camelia sasanqua che, oltre a produrre fiori belli come le tante sorelle, ha la peculiarità di fiorire d'inverno.

Infatti l'unica altra volta in cui ho citato questa fioritura eravamo, come adesso, in febbraio, e la fioritura era quasi alla fine (post del 22/2/13).

Leggo che la coltivazione di questa Camelia è piuttosto difficile, ma l'arbusto che ho fotografato si trova nei giardini Sgaravatti sulla statale per Pula, luogo che è garanzia del saper fare nel campo della coltivazione di piante e fiori per arredare giardini.
Saper fare e saper proporre, dato che anche una passeggiata solo per guardare è un piacere per gli occhi.

Non aggiungo altro sulle camelie perché non è il mio campo, ma naturalmente Internet è ricco di informazioni, per chi volesse approfondire.


E i fiori poveri?  Beh, per quelli non abbiamo bisogno di andare in vivaio, ma ci basta affacciarci in qualsiasi ambiente di campagna: parliamo dell'Asfodelo,  Asphodelus ramosus, comunissimo arbusto primaverile. Lo ho definito povero perché è una pianta erbacea spontanea, che predilige luoghi degradati, ai margini dei boschi o delle coltivazioni.

Quest'anno, forse a causa dei cambiamenti climatici in corso, la sua fioritura è in netto anticipo; pensate che i precedenti post in cui ho parlato di questa erbacea fiorita sono di aprile e maggio (post del 20/4/15  e del 4/5/18 ).

Invece, come vedete dalla foto ripresa nelle campagne di Pula, la sua fioritura sta già esplodendo, senza nemmeno aspettare la completa crescita dello scapo, il lungo asse fiorifero caratteristico della specie.

E proprio dalla lavorazione delle fibre dello scapo i nostri nonni, poveri di mezzi ma ricchi di manualità, producevano i tipici canestri, le corbulas, sia per uso domestico che per incrementare i miseri introiti delle lavorazioni agricole.

Quindi certamente un fiore povero, quello dell'Asfodelo, ma non privo  di fascino e delicatezza, ed anche lui citato in letteratura da più scrittori.

martedì 18 febbraio 2020

Ficus di piazza Garibaldi, di nuovo?

E' possibile che i Ficus retusa di piazza Garibaldi facciano nuovamente parlare di sé, a distanza di due anni dalla inaugurazione della piazza rinnovata, e dopo le infinite polemiche che hanno accompagnato il rinnovo?

Sì che è possibile, anzi è probabile, alla luce di quanto vediamo nella foto a sinistra.

A parte il fatto che il prato verde è completamente scomparso, e questo lo si poteva mettere in conto, vediamo che il terreno ha un inquietante rigonfiamento, che non è difficile attribuire alle radici che premono.

E in effetti ci sono già delle radici affioranti, certamente non presenti quando la piazza pedonale è stata inaugurata; infine il cartello giallo che chiede attenzione per la presenza di radici superficiali.

Se è vero, come diceva Agatha Christie, che 3 indizi fanno una prova, temo che possiamo accusare i Ficus di essere colpevoli di preparare la fuga dell'apparato radicale dal recinto attuale,  per debordare sulla superficie pavimentata, con le conseguenze del caso.

Se osserviamo anche gli esiti degli interventi sperimentali di contenimento effettuati in viale Merello (post del 27/5/19), non possiamo che concludere che con i Ficus retusa  si possono vincere le battaglie (e quella di piazza Garibaldi rinnovata è una bella battaglia vinta), ma la guerra è sempre in corso.

Bisogna metterlo in conto, se si vogliono evitare interventi "cruenti" quali quelli paventati recentemente per viale Trieste, e salvaguardare il nostro amato verde.


lunedì 10 febbraio 2020

Gli affusolati Cipressi di Terramaini

Mi è venuta voglia di parlarvi di nuovo del Cipresso comune, Cupressus sempervirens, per la bellezza di alcuni esemplari che ho visto al parco di Terramaini, ma che possiamo apprezzare in tutti i parchi cittadini, oltre che naturalmente nei Cimiteri.

Parliamo solo di Parchi e Cimiteri perché solo nei grandi spazi questi alberi sanno dare il meglio di sé, non certo quando sono costretti in  anguste aiuole stradali, nelle quali soffrono e si ammalano (cancro del Cipresso), risultando alla fine brutti ed "antipatici". Se aggiungiamo che l'antipatia deriva anche dal "pregiudizio cimiteriale" (post del 4/12/10), capite che la loro bellezza può facilmente sfuggirci, e che meritano una rivalutazione.

Ecco allora un giovane esemplare del Parco, ancora molto compatto nel suo andamento colonnare, fusto dritto e ramificato fino dalla base.

E' probabilmente un esemplare coetaneo con il parco di Terramaini, quindi una ventina di anni, pochissimi per un albero che può vivere molti secoli.

Giovane e carico di vitalità, come si può dedurre dalla centinaia di galbuli sferici (le strutture riproduttive femminili) che picchiettano tutta la chioma, emanando un gradevole odore di resina.

Certo, un esemplare singolo non ha il fascino dei tanti, incolonnati ma liberi e fieri, della campagna toscana (post del 11/6/16), ma vale comunque la pena di ammirarlo; per ammirare invece esemplari anziani, che hanno perso l'andamento colonnare ma non certo il fascino, possiamo andare, superando il pregiudizio di cui sopra, al Cimitero di San Michele, dove vegetano enormi esemplari, sani e veramente notevoli (vedi post citato del 2010).


Ecco, spero di aver restituito un po' della dignità che meritano a questi nostri compagni di strada.








martedì 4 febbraio 2020

La piccola Chorisia e i suoi tanti pendagli

Come da tradizione, ogni tanto parlo della Chorisia insignis, l'albero bottiglia che rappresenta il blog come sfondo fisso e che ci accompagna con i suoi post sino dal 2010.

Il nostro bersaglio odierno è uno dei piccoli esemplari che allietano il confine dello spazio verde fra via Darwin e via Fleming, per intenderci quello del fallito tentativo di realizzare un parcheggio inerbito (post conclusivo del 16/4/15 , dopo altri precedenti).





Guardate che simpatico questo alberello, carico dei grossi pendagli a forma di pera, i frutti che contengono i semi inglobati nella lanugine bianca che si mostrerà fra qualche mese (post del 28/6/11). 




In quest'altra foto, alcuni pendagli che spiccano in primo piano sui rami completamente privi di foglie e fiori.

Ma, se guardate con attenzione, in basso si notano alcuni piccoli fiori; non sono del nostro esemplare carico di frutti, ma di quello della Chorisia a fianco. Questo è un segnale della mutevolezza del nostro clima, e degli scompensi che genera, fra gli altri, nei comportamenti dei nostri amici verdi, anche in esemplari affiancati.