Il punto interrogativo del titolo fa riferimento alla differenza fra come dovrebbe presentarsi la campagna in pieno inverno e come invece si presenta in questi giorni, almeno quest'anno.
Forse non c'è da rallegrarsi, dato il tema incombente dei cambiamenti climatici, ma in campagna sembra che stia esplodendo la primavera, come dimostrano le foto che vi presento. Per fortuna che alcune fioriture sono tipicamente invernali, sennò dovremmo veramente preoccuparci. Comunque ci consoliamo godendo di questa bellezza che sa offrire la nostra campagna, anche in piena città.
Pini d'Aleppo, Succiose (post del 25/3/11), Mandorlo in fiore, distesa di verde, primi asfodeli che addirittura tentano una fioritura (post del 4/5/18), straccetti di nuvole di vapore che si sciolgono .
Distesa di verde, Pini, Carrubi, cespugli di Lentisco, sole mattutino.
Un Iris planifolia un po' ritardatario (post del 18/12/12), ma lo perdoniamo volentieri.
Avete capito dove ho scattato queste foto di campagna cittadina? Sul "cocuzzolo" della Cittadella della Salute, dove, terminati i padiglioni, la Cittadella si connette con la biblioteca provinciale della ex Villa Clara, e con il sottostante parco. A conferma che a volte basta veramente poco, anche in termini di distanza da casa, per godere la natura al meglio.
Oggi il cesto dei post propone...
Oggi il cesto dei post propone... Le stagioni della Melia
venerdì 31 gennaio 2020
Scorci invernali (?) di campagna cittadina
martedì 28 gennaio 2020
Ginkgo biloba, il segreto dell'immortalità
Esistono gli alberi immortali? Sì, a leggere diverse ricerche pubblicate su riviste internazionali, che avrebbero dimostrato che, semplificando al massimo, alcune specie di alberi non sono "progettate per morire". Traggo lo spunto da un articolo pubblicato su "la Repubblica" il 23 gennaio scorso.
Una materia di grande fascino, che rende sempre attuale la scoperta di nuovi alberi plurimillenari in giro per il mondo. Naturalmente anche questi alberi scompaiono, ma per cause diverse dall'età, per esempio per crolli dovuti alla mole, alla siccità, al fulmine, come capitato non molti anni fa ad un Cipresso calvo in Florida (post del 26/1/12).
E, fra gli alberi immortali, c'è anche, anzi soprattutto, il Ginkgo biloba , fossile vivente e specie a noi ben nota e ben presente in città, pluritrattata nel blog.
Ecco gli esemplari di piazza Repubblica ormai completamente spogli, ma che già stanno gettando le nuove gemme; forse gli esemplari più rappresentativi della città, anche se sono dei ragazzini, con la loro ottantina di anni di età! Uno degli esemplari italiani più anziani si trova all'Orto botanico di Padova, e vanta circa 270 anni; tantissimi, ma sempre pochi, se è vero che questi alberi potrebbero tranquillamente superare i mille anni.
Ma insomma, quale è questo segreto? Pare che il codice genetico del "procambio", una struttura di cellule fra corteccia e tronco, sia profondamente diverso da quello delle foglie, ed in questa struttura i geni dell'invecchiamento siano messi in condizione di non lavorare. Il ciclo vegetale si svolge regolarmente, seguendo le stagioni, ma la struttura del tronco e delle radici rimane sempre giovane.
Una sorta di miracolo vegetale, sperimentato sui Ginkgo ma che potrebbe riguardare anche le altre specie millenarie, quali il Cipresso calvo (Taxodium distichum), il Ginepro californiano (Juniperus californica), le Sequoie, il Pino loricato, senza dimenticare i nostri Olivastri!
Una materia di grande fascino, che rende sempre attuale la scoperta di nuovi alberi plurimillenari in giro per il mondo. Naturalmente anche questi alberi scompaiono, ma per cause diverse dall'età, per esempio per crolli dovuti alla mole, alla siccità, al fulmine, come capitato non molti anni fa ad un Cipresso calvo in Florida (post del 26/1/12).
E, fra gli alberi immortali, c'è anche, anzi soprattutto, il Ginkgo biloba , fossile vivente e specie a noi ben nota e ben presente in città, pluritrattata nel blog.
Ecco gli esemplari di piazza Repubblica ormai completamente spogli, ma che già stanno gettando le nuove gemme; forse gli esemplari più rappresentativi della città, anche se sono dei ragazzini, con la loro ottantina di anni di età! Uno degli esemplari italiani più anziani si trova all'Orto botanico di Padova, e vanta circa 270 anni; tantissimi, ma sempre pochi, se è vero che questi alberi potrebbero tranquillamente superare i mille anni.
Ma insomma, quale è questo segreto? Pare che il codice genetico del "procambio", una struttura di cellule fra corteccia e tronco, sia profondamente diverso da quello delle foglie, ed in questa struttura i geni dell'invecchiamento siano messi in condizione di non lavorare. Il ciclo vegetale si svolge regolarmente, seguendo le stagioni, ma la struttura del tronco e delle radici rimane sempre giovane.
Una sorta di miracolo vegetale, sperimentato sui Ginkgo ma che potrebbe riguardare anche le altre specie millenarie, quali il Cipresso calvo (Taxodium distichum), il Ginepro californiano (Juniperus californica), le Sequoie, il Pino loricato, senza dimenticare i nostri Olivastri!
mercoledì 22 gennaio 2020
La Betulla e la signora dagli occhi azzurri
Il titolo è strano e intrigante, tanto più se lo riferiamo a quando sono accaduti i fatti, e cioè circa 5700 anni fa. Ci racconta infatti il domenicale del Sole 24 ore che una signora, vissuta appunto in quel lontano secolo, aveva deciso di farsi una gomma da masticare con un pezzo di corteccia di Betulla, Betula pendula.
Ebbene, questa gomma, trovata ai nostri giorni in un'isoletta danese ed affidata ai curiosi genetisti dell'università di Copenaghen, ha consentito di scoprire diverse cose su chi la aveva masticata. Era una donna, aveva gli occhi azzurri, ed aveva già mangiato anatra e nocciole prima di dedicarsi al dessert arboreo.
Una storia obiettivamente interessante, che consente una volta di più di confermare le cose eccezionali che si possono fare con l'analisi del DNA, addirittura partendo, come in questo caso, dai residui lasciati con la masticazione di una scorza d'albero!
E a me questa storia consente anche di presentarvi la Betulla che, non essendo presente in Sardegna, non era stata mai trattata nel blog.
Ecco a sinistra un grande esemplare, ripreso lo scorso autunno in un parco dello Yorkshire. E' un albero molto comune nel nord Europa, con tronco diritto e sottile e corteccia bianca e liscia.
Ha un assetto pendulo e foglie a punta sottilmente seghettate, con pagina inferiore più chiara. Il suo portamento elegante la fa apprezzare in parchi e giardini, dove la troviamo spesso nel nord Italia.
Tornando alla nostra signora di diversi millenni fa ed alla sua gomma americana, leggo in un testo specializzato che la corteccia della Betulla contiene sostanze oleose disinfettanti e balsamiche.
Vuoi vedere che la signora, che secondo il DNA soffriva anche di mal di denti, sapeva già come curarsi ciucciando la corteccia dopo il suo lauto pasto, altro che noi moderni con i nostri dentifrici e collutori!
Ebbene, questa gomma, trovata ai nostri giorni in un'isoletta danese ed affidata ai curiosi genetisti dell'università di Copenaghen, ha consentito di scoprire diverse cose su chi la aveva masticata. Era una donna, aveva gli occhi azzurri, ed aveva già mangiato anatra e nocciole prima di dedicarsi al dessert arboreo.
Una storia obiettivamente interessante, che consente una volta di più di confermare le cose eccezionali che si possono fare con l'analisi del DNA, addirittura partendo, come in questo caso, dai residui lasciati con la masticazione di una scorza d'albero!
E a me questa storia consente anche di presentarvi la Betulla che, non essendo presente in Sardegna, non era stata mai trattata nel blog.
Ecco a sinistra un grande esemplare, ripreso lo scorso autunno in un parco dello Yorkshire. E' un albero molto comune nel nord Europa, con tronco diritto e sottile e corteccia bianca e liscia.
Ha un assetto pendulo e foglie a punta sottilmente seghettate, con pagina inferiore più chiara. Il suo portamento elegante la fa apprezzare in parchi e giardini, dove la troviamo spesso nel nord Italia.
Tornando alla nostra signora di diversi millenni fa ed alla sua gomma americana, leggo in un testo specializzato che la corteccia della Betulla contiene sostanze oleose disinfettanti e balsamiche.
Vuoi vedere che la signora, che secondo il DNA soffriva anche di mal di denti, sapeva già come curarsi ciucciando la corteccia dopo il suo lauto pasto, altro che noi moderni con i nostri dentifrici e collutori!
giovedì 16 gennaio 2020
Le Tamerici del Parco
La nostra comune Tamerice, Tamarix gallica, è un arbusto/alberello che si trascina nel tempo una connotazione negativa, di pianta sgraziata e disordinata e spesso, ma non certo per colpa sua, ricettacolo di spazzatura umana intorno alle nostre meravigliose spiagge.
Abbiamo qui già dimostrato, credo, che questa connotazione negativa è spesso errata, un pregiudizio da superare, e che la Tamerice sa essere un alberello molto gradevole o addirittura bello, nel periodo di fioritura. Vi rimando per esempio agli esemplari del palazzo della Regione (post del 17/4/11), ai bellissimi esemplari dai fiori bianchi di Terramaini (post del 23/4/19), o all'albero solitario, di grande fascino, del Circolo bocciofilo (post del 16/4/15), sempre che sia sopravvissuto al disgraziato incendio che ha colpito il circolo nel settembre scorso.
Fatta questa doverosa premessa, andiamo oggi ad apprezzare il lunghissimo filare di Tamerici che caratterizza la via del Sale, il sentiero che all'interno del parco delle Saline conduce all'idrovora del Rollone.
Questo sentiero è molto frequentato dai cagliaritani amanti delle passeggiate, a piedi o in bicicletta, e si snoda costeggiando il canale navigabile, a sinistra il quartiere di Medau su Cramu, a destra le caselle salanti e lo splendido panorama del Poetto.
Ecco appunto, dietro allo scheletro di una Tamerice in assetto invernale, lo sfondo della Sella e del litorale, sul quale si innalzano appena i profili delle Araucarie.
Speriamo che queste Tamerici, sia in forma di arbusto che di alberello, abbiano una buona riuscita, crescano e contribuiscano fra l'altro a fornire un riparo ai passeggiatori nella nostra lunghissima bella stagione.
Abbiamo qui già dimostrato, credo, che questa connotazione negativa è spesso errata, un pregiudizio da superare, e che la Tamerice sa essere un alberello molto gradevole o addirittura bello, nel periodo di fioritura. Vi rimando per esempio agli esemplari del palazzo della Regione (post del 17/4/11), ai bellissimi esemplari dai fiori bianchi di Terramaini (post del 23/4/19), o all'albero solitario, di grande fascino, del Circolo bocciofilo (post del 16/4/15), sempre che sia sopravvissuto al disgraziato incendio che ha colpito il circolo nel settembre scorso.
Fatta questa doverosa premessa, andiamo oggi ad apprezzare il lunghissimo filare di Tamerici che caratterizza la via del Sale, il sentiero che all'interno del parco delle Saline conduce all'idrovora del Rollone.
Questo sentiero è molto frequentato dai cagliaritani amanti delle passeggiate, a piedi o in bicicletta, e si snoda costeggiando il canale navigabile, a sinistra il quartiere di Medau su Cramu, a destra le caselle salanti e lo splendido panorama del Poetto.
Ecco appunto, dietro allo scheletro di una Tamerice in assetto invernale, lo sfondo della Sella e del litorale, sul quale si innalzano appena i profili delle Araucarie.
Speriamo che queste Tamerici, sia in forma di arbusto che di alberello, abbiano una buona riuscita, crescano e contribuiscano fra l'altro a fornire un riparo ai passeggiatori nella nostra lunghissima bella stagione.
giovedì 9 gennaio 2020
Bel verde e bel panorama della città
Capita, nelle prime ore di una bella mattinata invernale, di cogliere in una unica immagine una bella macchia di verde urbano ed una ampia vista del nostro panorama dal viale Buoncammino verso il mare.
Le fronde di un Ficus magnolioides in alto, alcuni fusti fiorali di Agave americana nello sfondo, verde brillante attorno ai gradini che scendono verso il Palazzo delle Scienze, tutto questo contribuisce ad esaltare questo scorcio di panorama della nostra bella città.
Mi piace condividere questa bellezza con voi, ed aiuta a bilanciare il precedente post dedicato alla bruttezza di una manutenzione non fatta.
sabato 4 gennaio 2020
E allora, le piccole manutenzioni al Circu de Soli?
Una delle idee più belle realizzate a Cagliari nel comparto del verde pubblico è stata, nel 2016, il Circu de Soli a Mulinu Becciu (post del 8/3/16) , del quale abbiamo tessuto ampie lodi sia per la varietà di essenze anche rare, sia per gli ottimi cartelli di segnalazione e di aiuto all'identificazione delle specie arboree presenti.
Poi siamo passati alle critiche, a causa della mancanza di manutenzione della cartellonistica (post del 12/2/19).
Credete che sia successo qualcosa nel tempo trascorso? Ecco le foto scattate ieri.
Fogli semi strappati, scritte illeggibili perché cotte dal sole,
addirittura la tavola sinottica generale scomparsa; ed è passato quasi un anno da quando avevo rilevato il degrado.
Qui non è questione di spesa e di mancanza di budget, dato che stiamo parlando di cifre sicuramente modeste; è un problema di consolidata mentalità dei politici (quello che conta e porta voti sono le cose nuove fatte, non la loro manutenzione) e di burocrazia, che rende difficile il piccolo intervento quasi come una grande opera.
Però il cittadino non può, non deve farsene una ragione e rassegnarsi; guai se smette di protestare! E pensare che una delle ragioni poste a base di questa bella ed innovativa realizzazione era proprio quella di guidare il cittadino verso una migliore conoscenza e rispetto delle specie arboree e delle loro peculiarità: e allora, come si possono giustificare i nostri amministratori del verde?
Poi siamo passati alle critiche, a causa della mancanza di manutenzione della cartellonistica (post del 12/2/19).
Credete che sia successo qualcosa nel tempo trascorso? Ecco le foto scattate ieri.
Fogli semi strappati, scritte illeggibili perché cotte dal sole,
addirittura la tavola sinottica generale scomparsa; ed è passato quasi un anno da quando avevo rilevato il degrado.
Qui non è questione di spesa e di mancanza di budget, dato che stiamo parlando di cifre sicuramente modeste; è un problema di consolidata mentalità dei politici (quello che conta e porta voti sono le cose nuove fatte, non la loro manutenzione) e di burocrazia, che rende difficile il piccolo intervento quasi come una grande opera.
Però il cittadino non può, non deve farsene una ragione e rassegnarsi; guai se smette di protestare! E pensare che una delle ragioni poste a base di questa bella ed innovativa realizzazione era proprio quella di guidare il cittadino verso una migliore conoscenza e rispetto delle specie arboree e delle loro peculiarità: e allora, come si possono giustificare i nostri amministratori del verde?
mercoledì 1 gennaio 2020
La bellezza del plebeo
Il plebeo in questione è il Ricinus communis, appunto il comune Ricino, e l'attributo plebeo lo ho copiato da un precedente post (post del 22/11/16) nel quale mettevo in evidenza la bellezza che può assumere questo arbusto, nonostante il suo carattere infestante e la sua presenza in terreni incolti e periferici.
Ed è appunto la sua bellezza che mi spinge oggi a presentare un cespuglione di Ricino, che vive all'Orto dei Cappuccini.
Eccolo qua, addossato alla parete rocciosa che affianca l'ingresso superiore del parco, ingresso normalmente chiuso.
Come si vede, è molto fitto ed omogeneo con le sue grandi foglie palmate, e l'accostamento con la roccia calcarea lo valorizza.
E se lo guardiamo più da vicino possiamo apprezzarne anche le infiorescenze.
Alla base dell'infiorescenza notiamo i piccoli ed insignificanti fiori maschili, vicino alla giovane fogliolina.
E ho scritto alla base del'infiorescenza perché questa specie arborea, essendo monoica, ha la particolarità che i fiori maschili sono appunto alla base dell'infiorescenza, mentre nella parte terminale si trovano i fiori femminili, che daranno poi luogo alle capsule fruttifere.
Eccoli i fiori femminili in preparazione, di forma attualmente sferica e ricoperti di piccole spine. A maturazione completa assumeranno un colorito rossastro molto appariscente e gradevole, come si apprezza nella fotografia del post del 2016 citato.
E, più avanti, saranno molto belli da vedere anche i semi rossi e lucidi, liberati dall'apertura delle capsule spinose; da vedere ma, meglio, da non toccare, data la velenosità (post del 18/11/11)
Ed è appunto la sua bellezza che mi spinge oggi a presentare un cespuglione di Ricino, che vive all'Orto dei Cappuccini.
Eccolo qua, addossato alla parete rocciosa che affianca l'ingresso superiore del parco, ingresso normalmente chiuso.
Come si vede, è molto fitto ed omogeneo con le sue grandi foglie palmate, e l'accostamento con la roccia calcarea lo valorizza.
E se lo guardiamo più da vicino possiamo apprezzarne anche le infiorescenze.
Alla base dell'infiorescenza notiamo i piccoli ed insignificanti fiori maschili, vicino alla giovane fogliolina.
E ho scritto alla base del'infiorescenza perché questa specie arborea, essendo monoica, ha la particolarità che i fiori maschili sono appunto alla base dell'infiorescenza, mentre nella parte terminale si trovano i fiori femminili, che daranno poi luogo alle capsule fruttifere.
Eccoli i fiori femminili in preparazione, di forma attualmente sferica e ricoperti di piccole spine. A maturazione completa assumeranno un colorito rossastro molto appariscente e gradevole, come si apprezza nella fotografia del post del 2016 citato.
E, più avanti, saranno molto belli da vedere anche i semi rossi e lucidi, liberati dall'apertura delle capsule spinose; da vedere ma, meglio, da non toccare, data la velenosità (post del 18/11/11)
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