Chi di noi abbia passeggiato nelle nostre campagne, in quest'autunno umido e piovoso, non può non averlo notato: mai come quest'anno stiamo assistendo ad una produzione tanto copiosa di ghiande.
Le nostre Querce, con le loro specie dominanti, Quercus ilex, Quercus suber, Quercus pubescens, ovvero nell'ordine il Leccio, la Sughera, la Roverella, stanno dando veramente il meglio di sé: le ghiande, che siano ancora sulla pianta ben inserite nella loro cupola rugosa, o che siano sparse sul terreno, pronte a tentare la prosecuzione della specie o ad immolarsi al piacere grufolante dei maiali, sono in quantità eccezionale.
Lucide e grosse, quasi gonfie, quest'anno le ghiande ci ricordano più che mai la loro storia e nobiltà millenaria, la loro sterminata distribuzione geografica, il loro utilizzo per sfamare i nostri progenitori, la loro importanza nella storia dell'arte e come simbolo di fertilità. Basti ricordare al riguardo l'utilizzo delle ghiande da parte di Michelangelo nella volta della Cappella Sistina, dove le ghiande accompagnano fra l'altro le figure umane degli "Ignudi", ed il loro aspetto dipinto ricorda inequivocabilmente l'organo sessuale maschile (d'altra parte, ghianda = glande).
Ecco allora, dopo che ci siamo elevati a livelli vertiginosi, torniamo per terra, o quasi, ed ammiriamo questo terzetto di lucide ghiande appartenenti ad una Sughera, fotografate in comune di Goni, nel Gerrei; guarda caso, in un contesto archeologico eccezionale, quello di Pranu Mutteddu e delle sue "perdas fittas".
Devo dire che raccogliere ed osservare queste ghiande risveglia antichi istinti, e fa quasi venire voglia di assaggiarle; a questo riguardo, dobbiamo ringraziare i paesi dell'interno nei quali si sta riscoprendo l'utilizzo delle ghiande in cucina, lavorandole e cucinandole come facevano i nostri avi, per produrre pane, dolci o altri alimenti. E' affascinante pensare che prima dell'avvento dell'agricoltura molte popolazioni, e non solo i sardi, si cibassero di ghiande, dagli indiani della California, ai Greci, fino ai Coreani.
Possiamo serenamente ribadire, in conclusione, che la Quercia è uno degli alberi più importanti per la storia dell'umanità, e noi dobbiamo solo essere fieri di averne tante, e così produttive come quest'anno, nella nostra Isola.