Che i Ficus siano invadenti lo sappiamo; tutte le specie di questo genere di piante, quale più quale meno, tendono ad occupare quanto più territorio possibile, anche a scapito delle altre piante, utilizzando i più svariati mezzi per raggiungere i loro obiettivi.
Molti di noi hanno sentito parlare dei Ficus strangolatori, nome molto evocativo che ci porta a templi cambogiani progressivamente inghiottiti dalle possenti radici aeree appunto di questi Ficus, parenti non lontani dei nostri Ficus magnolioides.
Ma anche i più comuni ed umili Ficus retusa , stranoti a noi tutti, si danno da fare, come quello che vi presento oggi, segnalatomi da Bruno, che ringrazio.
Siamo nel Largo Carlo Felice, vicino alla Banca d'Italia, e questo Ficus deve aver pensato: chi me lo fa fare partire da terra e faticarmi l'esistenza, quando posso cominciare a mettere radici su una Jacaranda, approfittando della comodità di una biforcazione?
E così, utilizzando probabilmente un uccello che ha trasportato il seme, l'intruso si è installato.
Eccolo, da un altro punto di vista. Ma, come farà a crescere, non essendo una pianta parassita?
No, non è parassita, ma sa essere all'occorrenza epifita, cioè sa sfruttare le altre piante per i suoi scopi, che siano per sostegno o di altro genere.
Non c'è problema dunque, se lo lasciamo fare e se ci sono le condizioni minime comincerà probabilmente a gettare radici aeree, che arrivate a terra attorcigliandosi all'albero ospite consentiranno al Ficus la progressiva vita autonoma, sempre comunque a scapito della Jacaranda, che finirà fagocitata.
Bisogna lasciarlo fare? Secondo me no, io gli impedirei di proseguire la sua azione, perché mi sembra giusto che il Largo Carlo Felice resti appannaggio delle Jacarande: vedremo.
Oggi il cesto dei post propone...
Oggi il cesto dei post propone... Le stagioni della Melia
martedì 27 marzo 2018
Ma che invadenza quel Ficus!
giovedì 22 marzo 2018
Che chioma quel Ficus!
Questo post consegue logicamente al precedente, nel quale in maniera colorita (titolo: Capitozzatura, e diamoci un taglio!) stigmatizzavo l'eccesso di tagli drastici nel verde sia pubblico che privato.
E la relazione logica è data dal fatto che oggi vi presento un albero pubblico che probabilmente non ha mai visto la motosega, ma forse giusto le forbici per spuntare qualche ramo troppo basso.
Guardate il nostro campione qui sotto
Si tratta di un Ficus retusa che vive nei giardini di via Oslo a Genneruxi, e precisamente dove comincia il micro-boulevard dei Bagolari (post del 10/11/10 e del 3/9/15) che conduce a via Stoccolma.
Un albero notevole, con una chioma enorme, che insiste su più di 300 metri quadrati di superficie, che per la realtà cagliaritana è una dimensione veramente rara.
L'essere cresciuto in campo libero gli ha dato l'opportunità di espandersi a piacimento, anche se qualche ramo comincia a fare il solletico ad uno spazio condominiale.
Quindi un post volutamente provocatorio, che fa da contraltare a quelle povere branche nude del post precedente; in realtà, come spesso per le cose della vita, anche per gli interventi sugli alberi bisogna saper scegliere il giusto compromesso fra la furia distruttrice ed il mantenimento di situazioni insostenibili. Esemplificando, se il condominio di cui sopra dovesse chiedere l'eliminazione del "solletico", si faccia, ma senza ridurre ad un moncherino questo splendido esemplare!
E la relazione logica è data dal fatto che oggi vi presento un albero pubblico che probabilmente non ha mai visto la motosega, ma forse giusto le forbici per spuntare qualche ramo troppo basso.
Guardate il nostro campione qui sotto
Si tratta di un Ficus retusa che vive nei giardini di via Oslo a Genneruxi, e precisamente dove comincia il micro-boulevard dei Bagolari (post del 10/11/10 e del 3/9/15) che conduce a via Stoccolma.
Un albero notevole, con una chioma enorme, che insiste su più di 300 metri quadrati di superficie, che per la realtà cagliaritana è una dimensione veramente rara.
L'essere cresciuto in campo libero gli ha dato l'opportunità di espandersi a piacimento, anche se qualche ramo comincia a fare il solletico ad uno spazio condominiale.
Quindi un post volutamente provocatorio, che fa da contraltare a quelle povere branche nude del post precedente; in realtà, come spesso per le cose della vita, anche per gli interventi sugli alberi bisogna saper scegliere il giusto compromesso fra la furia distruttrice ed il mantenimento di situazioni insostenibili. Esemplificando, se il condominio di cui sopra dovesse chiedere l'eliminazione del "solletico", si faccia, ma senza ridurre ad un moncherino questo splendido esemplare!
giovedì 15 marzo 2018
Capitozzatura, e diamoci un taglio!
Mi scuserete per il gioco di parole del titolo, ma non se ne può proprio più di vedere alberi sfregiati, ridotti al tronco e ad un paio di biforcazioni, vittime di motoseghe senza scrupoli e criterio alcuno.
Tutti gli esperti sono concordi nel ritenere la pratica della capitozzatura una cattiva pratica, da usare solo in casi estremi; possibile che a nessuno venga in mente di utilizzare metodiche meno drastiche e rischiose per la sopravvivenza dei nostri amici verdi?
I gestori del verde pubblico si difendono opponendo da una parte motivazioni economiche, dall'altra motivazioni di robustezza di alcune specie, che non soffrirebbero questi trattamenti (come per es. i Ficus retusa e le Jacarande). Motivazioni che si possono accogliere in parte, ma che non autorizzano affatto azioni indiscriminate.
Ed i privati, il cui verde offerto al pubblico svolge un ruolo non indifferente nel migliorare il decoro urbano? Su questo fronte la situazione è drammatica; il privato, vuoi per emulazione del pubblico, vuoi per menefreghismo, capitozza ed elimina piante con una facilità assolutamente non giustificabile.
Ho affrontato l'argomento tante volte (anche su sollecitazione di lettori come Nicola, che ringrazio), per esempio con la serie di post "Oggi ci siamo, domani chissà..." , e segnalando abbattimenti o trattamenti troppo drastici senza motivazioni apparenti.
Ecco un altro esempio, recentissimo: siamo in via San Benedetto angolo via Boito, e due splendide Melie, portatrici di grande chioma estiva e brillanti palline gialle invernali, sono state ridotte come si intravede nella foto.
Due alberi bellissimi, e godibili da tutti: possibile che nessuno scrupolo abbia colto chi ha deciso l'intervento?
E l'amministrazione pubblica ha qualche arma per limitare questi sfregi, o il pulpito dal quale opera contrasta con qualsiasi intervento moralizzatore?
Forse qualcosa si potrebbe fare facendo leva sui contributi oggi concedibili per interventi di manutenzione sui giardini privati, provando a porre qualche limite, ma forse è utopia.
Tutti gli esperti sono concordi nel ritenere la pratica della capitozzatura una cattiva pratica, da usare solo in casi estremi; possibile che a nessuno venga in mente di utilizzare metodiche meno drastiche e rischiose per la sopravvivenza dei nostri amici verdi?
I gestori del verde pubblico si difendono opponendo da una parte motivazioni economiche, dall'altra motivazioni di robustezza di alcune specie, che non soffrirebbero questi trattamenti (come per es. i Ficus retusa e le Jacarande). Motivazioni che si possono accogliere in parte, ma che non autorizzano affatto azioni indiscriminate.
Ed i privati, il cui verde offerto al pubblico svolge un ruolo non indifferente nel migliorare il decoro urbano? Su questo fronte la situazione è drammatica; il privato, vuoi per emulazione del pubblico, vuoi per menefreghismo, capitozza ed elimina piante con una facilità assolutamente non giustificabile.
Ho affrontato l'argomento tante volte (anche su sollecitazione di lettori come Nicola, che ringrazio), per esempio con la serie di post "Oggi ci siamo, domani chissà..." , e segnalando abbattimenti o trattamenti troppo drastici senza motivazioni apparenti.
Ecco un altro esempio, recentissimo: siamo in via San Benedetto angolo via Boito, e due splendide Melie, portatrici di grande chioma estiva e brillanti palline gialle invernali, sono state ridotte come si intravede nella foto.
Due alberi bellissimi, e godibili da tutti: possibile che nessuno scrupolo abbia colto chi ha deciso l'intervento?
E l'amministrazione pubblica ha qualche arma per limitare questi sfregi, o il pulpito dal quale opera contrasta con qualsiasi intervento moralizzatore?
Forse qualcosa si potrebbe fare facendo leva sui contributi oggi concedibili per interventi di manutenzione sui giardini privati, provando a porre qualche limite, ma forse è utopia.
lunedì 12 marzo 2018
Un bel pezzo di parco, il Lions!
Parliamo del parco comunale CIPLA, quello situato fra via dei Donoratico e via Figari (post del 30/9/11). Un bel parco, con alberi grandi e frondosi e begli spazi verdi, ma con una vita travagliata, almeno dal punto di vista del nome e del riconoscimento da parte dei cittadini.
Il nome originario, brutto di per sé e derivante da una qualche vecchia struttura sanitaria della zona, era ed è sconosciuto ai più; successivamente il parco ha preso il nome di Giovanni Paolo II, che credo non abbia avuto migliore fortuna come diffusione; infine, e siamo ad oggi, la parte del parco che si affaccia su via dei Donoratico è stata intestata all'associazione internazionale Lions, con apposito cartello che ne segnala il nome: Parco Lions.
Ecco uno scorcio del parco con la targa, e sullo sfondo due esemplari di Ficus retusa.
Questi alberi sono l'elemento dominante di questa parte del parco, belli, grandi e frondosi: il prato, lo spazio libero, un buon terreno profondo ed il lavoro dei giardinieri consentono loro di espandersi senza manifestare i fastidiosi effetti collaterali degli esemplari "stradali": radici affioranti ed i piccoli siconi che a migliaia si spiaccicano a terra.
Ricordo che molti di questi grandi Ficus provengono dall'espianto di via Amat, quando lì si realizzò il parcheggio interrato; l'espianto fu a lungo contestato, ma bisogna riconoscere che la continuità dell'esistenza di questi alberi è stata assicurata nel modo migliore.
Ecco a destra un altro scorcio di parco Lions, con Palme washingtonie e nane, ed in primo piano una delle aiuole di Gerbere che aggiungono una bella nota di colore ed allegria a questi spazi.
Se, come penso, gli abbellimenti e le condizioni migliorate di questa parte del parco derivano dall'apporto finanziario del nuovo "sponsor", sono da accettare di buon grado; si tratterà poi di vedere se il nuovo nome avrà migliore fortuna dei precedenti, chissà.
Il nome originario, brutto di per sé e derivante da una qualche vecchia struttura sanitaria della zona, era ed è sconosciuto ai più; successivamente il parco ha preso il nome di Giovanni Paolo II, che credo non abbia avuto migliore fortuna come diffusione; infine, e siamo ad oggi, la parte del parco che si affaccia su via dei Donoratico è stata intestata all'associazione internazionale Lions, con apposito cartello che ne segnala il nome: Parco Lions.
Ecco uno scorcio del parco con la targa, e sullo sfondo due esemplari di Ficus retusa.
Questi alberi sono l'elemento dominante di questa parte del parco, belli, grandi e frondosi: il prato, lo spazio libero, un buon terreno profondo ed il lavoro dei giardinieri consentono loro di espandersi senza manifestare i fastidiosi effetti collaterali degli esemplari "stradali": radici affioranti ed i piccoli siconi che a migliaia si spiaccicano a terra.
Ricordo che molti di questi grandi Ficus provengono dall'espianto di via Amat, quando lì si realizzò il parcheggio interrato; l'espianto fu a lungo contestato, ma bisogna riconoscere che la continuità dell'esistenza di questi alberi è stata assicurata nel modo migliore.
Ecco a destra un altro scorcio di parco Lions, con Palme washingtonie e nane, ed in primo piano una delle aiuole di Gerbere che aggiungono una bella nota di colore ed allegria a questi spazi.
Se, come penso, gli abbellimenti e le condizioni migliorate di questa parte del parco derivano dall'apporto finanziario del nuovo "sponsor", sono da accettare di buon grado; si tratterà poi di vedere se il nuovo nome avrà migliore fortuna dei precedenti, chissà.
giovedì 8 marzo 2018
Che fascino il nudo della Chorisia!
Non c'è niente da fare, ogni tanto ci torno alla Chorisia insignis, albero simbolo e sfondo fisso di questo blog. Non riesco a resistere, in particolare, sia allo scontato momento della fioritura, settembre ed ottobre, sia allo scheletro di fine inverno.
Ed eccomi allora ad ammirare di nuovo (post del 29/1/13) il fascino dell'esemplare forse più fotogenico della città, quello di piazza Garau.
Qui a sinistra un dettaglio di alcune branche secondarie, rigorosamente cariche di aculei, con sullo sfondo gli Schinus molle di un condominio ai bordi della piazza.
Ricordo che le spine, che per noi sono solo un ulteriore elemento di fascino, hanno la funzione, nei paesi di origine dell'America del sud, di autoprotezione nei confronti dei mammiferi rampicanti.
Insomma, è sempre un piacere incontrare per strada, o andare a trovare, un Albero bottiglia, un Palo borracho, un Falso Kapok, per citare alcuni dei nomi comuni con cui è nota la Chorisia insignis.
In realtà anche il nome scientifico è cambiato, prima in Chorisia speciosa, poi nell'attuale Ceiba speciosa, ma io rimango affezionato al nome degli anni '80, utilizzato dal grande Vannelli, e che tuttora identifica questo albero in maniera inequivoca.
E quindi merita una fotografia tutta intera, la nostra Chorisia, inserita nella porzione di piazza Garau a lei dedicata; come si vede alla nostra manca il tipico rigonfiamento-riserva d'acqua
alla base del tronco, probabilmente non essendoci la necessità di questo ausilio studiato dalla Natura per la sopravvivenza di questa specie nei climi aridi sudamericani.
Ed eccomi allora ad ammirare di nuovo (post del 29/1/13) il fascino dell'esemplare forse più fotogenico della città, quello di piazza Garau.
Qui a sinistra un dettaglio di alcune branche secondarie, rigorosamente cariche di aculei, con sullo sfondo gli Schinus molle di un condominio ai bordi della piazza.
Ricordo che le spine, che per noi sono solo un ulteriore elemento di fascino, hanno la funzione, nei paesi di origine dell'America del sud, di autoprotezione nei confronti dei mammiferi rampicanti.
Insomma, è sempre un piacere incontrare per strada, o andare a trovare, un Albero bottiglia, un Palo borracho, un Falso Kapok, per citare alcuni dei nomi comuni con cui è nota la Chorisia insignis.
In realtà anche il nome scientifico è cambiato, prima in Chorisia speciosa, poi nell'attuale Ceiba speciosa, ma io rimango affezionato al nome degli anni '80, utilizzato dal grande Vannelli, e che tuttora identifica questo albero in maniera inequivoca.
E quindi merita una fotografia tutta intera, la nostra Chorisia, inserita nella porzione di piazza Garau a lei dedicata; come si vede alla nostra manca il tipico rigonfiamento-riserva d'acqua
alla base del tronco, probabilmente non essendoci la necessità di questo ausilio studiato dalla Natura per la sopravvivenza di questa specie nei climi aridi sudamericani.
venerdì 2 marzo 2018
I Bagolari recintati
I giardini di via Oslo, a Genneruxi, sono in fase di ristrutturazione, ed i lavori sono quasi terminati.
Diversi gli interventi previsti, che sembrano abbastanza interessanti e razionali, con una eccezione importante, a mio giudizio: la destinazione ad "area cani", con la correlata recinzione, della fascia superiore, che confina con i binari del metrotram.
Sì, perché quella fascia comprende un filare di bellissimi Bagolari, come si vede nella foto, che si accompagnano con Oleandri e, più all'interno, con Jacarande.
Era un luogo ideale per passeggiare, soprattutto d'estate, quando le grandi chiome, quasi riunite fra loro, creano una piacevole fascia d'ombra che limita la calura, invitando alla meditazione e magari a qualche pisolino per i più anziani.
Ecco, avrei visto bene la sistemazione di alcune panchine sotto le fronde.
La decisione è stata diversa, e questo spazio è stato recintato, come si intravede nella foto a destra, per consentirne l'uso al quale è stato destinato.
Naturalmente non sarà precluso l'accesso ad alcuno, ma è ovvio che un'area cani è poco compatibile con umani che vogliano passeggiare senza cane.
Gli amici a quattro zampe mi perdoneranno, ma in questo caso parteggio per quelli a due zampe che non potranno di fatto più avvicinarsi agli amici silenziosi con una zampa sola, i Bagolari.
Diversi gli interventi previsti, che sembrano abbastanza interessanti e razionali, con una eccezione importante, a mio giudizio: la destinazione ad "area cani", con la correlata recinzione, della fascia superiore, che confina con i binari del metrotram.
Sì, perché quella fascia comprende un filare di bellissimi Bagolari, come si vede nella foto, che si accompagnano con Oleandri e, più all'interno, con Jacarande.
Era un luogo ideale per passeggiare, soprattutto d'estate, quando le grandi chiome, quasi riunite fra loro, creano una piacevole fascia d'ombra che limita la calura, invitando alla meditazione e magari a qualche pisolino per i più anziani.
Ecco, avrei visto bene la sistemazione di alcune panchine sotto le fronde.
La decisione è stata diversa, e questo spazio è stato recintato, come si intravede nella foto a destra, per consentirne l'uso al quale è stato destinato.
Naturalmente non sarà precluso l'accesso ad alcuno, ma è ovvio che un'area cani è poco compatibile con umani che vogliano passeggiare senza cane.
Gli amici a quattro zampe mi perdoneranno, ma in questo caso parteggio per quelli a due zampe che non potranno di fatto più avvicinarsi agli amici silenziosi con una zampa sola, i Bagolari.
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