Voglio esprimere il mio giudizio, da appassionato del verde di Cagliari, sul contenuto di un articolo pubblicato oggi, con grande evidenza, sull'Unione Sarda, nel quale si dice, a cominciare dai titoli, che il verde cagliaritano e la sua gestione sono da bocciare.
Il tutto nasce dall'intervista fatta ad un valente tecnico dell'Orto Botanico, che esprime giudizi molto netti sull'errato utilizzo e manutenzione di determinate specie arboree cagliaritane.
Giudizi ampiamente condivisibili in termini tecnico/teorici, ma che diventano ingenerosi oltre che poco praticabili nella nettezza del giudizio complessivo che se ne trae, almeno per come l'articolo è titolato e montato.
Se si ragiona sulla realtà cittadina, che può vantare a detta di tutti una quantità e qualità di verde che fa invidia alla grande parte delle città italiane, i giudizi devono essere più sfumati, e separare nettamente i nuovi impianti da quelli esistenti. Per dirlo in altro modo, riprendendo le parole del titolo, è fondamentale l'esercizio della critica tecnica, ma sono altrettanto importanti le ragioni della pratica quotidiana.
E' condivisibile la critica per l'impianto di nuovi Pini, Ficus o Jacarande, ma vogliamo provare ad immaginare il Largo Carlo Felice senza le Jacarande? O l'eliminazione totale dei Ficus retusa in tutta la città?
L'unica proposta che mi sento di condividere in pieno riguarda la guerra immediata all'Ailanto, pianta infestante e distruttrice, come più volte segnalato dal blog (post 6/7/12, 21/7/13 ed altri).
Per il resto, la soluzione è e resta una sola, quella di sempre, delle 3 "c": conoscenza, competenza e collaborazione. Da un lato, la necessaria maggiore consapevolezza dei cagliaritani nei riguardi del verde pubblico, che consenta a noi fruitori del verde di distinguere il valore e le criticità delle diverse specie arboree e delle diverse situazioni, e di intervenire, come opinione pubblica, nel modo giusto; dall'altro, per le entità competenti coinvolte (nella fattispecie, tecnici comunali del verde urbano e tecnici dell'Orto Botanico), tavoli per scambio di opinioni, negoziazione fra le diverse esigenze e stesura di piani d'azione condivisi, per quanto possibile.
Cercare la condivisione, dunque, sia per interventi nel breve periodo ma anche, attività a mia conoscenza mai compiuta, nella definizione di linee d'azione per gli anni futuri (per la progressiva sostituzione di specie arboree inadatte con altre, per esempio).
Non dimentichiamo mai che non parliamo di muri da abbattere e ricostruire, ma di esseri viventi che accompagnano la nostra esistenza, e che hanno impiegato anni o decenni per diventare come sono oggi.
L'alternativa è quella di assistere, come spesso avviene sui più svariati argomenti, a guerre fra schieramenti definiti a priori, che si alimentano attraverso i media, TV e giornali, e dove la discussione costruttiva non è di casa. Il nostro enorme patrimonio verde non merita questo.
Sarebbe bello non dover assistere più né ad incatenamenti umani per una Jacaranda da spostare, né a capitozzature selvagge di Ficus retusa (ma, a questo riguardo, mi pare che i tecnici comunali abbiano aggiustato il tiro, nella recente campagna di protezione dagli storni).
E' un approccio "cerchiobottista", lo so, ma ritengo che non ci sia altra strada.