E parliamo ancora di Palme, sull'onda dell'attualità. Grandi polemiche, in queste settimane, sulle Palme di piazza Duomo, a Milano.
Polemiche in gran parte strumentali, legate a beghe politiche, ed in qualche caso segnatamente razziste e becere, con fotomontaggi di cammelli e beduini, e la convinzione che le Palme rientrino nella volontà dell'amministrazione di compiacere i migranti africani.
Lasciamo da parte queste polemiche, ed anche quelle legate al promotore Starbucks ed ai suoi interessi, e parliamo delle Palme in quanto tali.
A me non danno affatto fastidio, anzi; io apprezzo molto le Palme, sono un importante elemento di abbellimento del paesaggio urbano, anche per le piazze storiche, se ovviamente si rispettano certe proporzioni .
E poi, di che Palme stiamo parlando, fra le centinaia di specie esistenti? Qui noto un grande pressapochismo ed ignoranza giornalistica, purtroppo diffusi, che non aiuta il lettore a formarsi un giudizio nel merito.
Allora, occorre smentire una delle critiche, e cioè che sarebbero alberi inadatti al clima: a parte che a Milano vegetano, e bene, moltissime Palme, queste sono Trachicarpus fortunei, specie nota per la sua resistenza al freddo, e molto presente nelle regioni del nord Italia.
Fra l'altro la Trachicarpus è una nostra conoscenza, dopo che ne ho incontrato tantissime sul lago Maggiore (post del 2/7/14).
Ecco una foto che, oltre a quelle del post citato, riprende un gruppo di eleganti Trachicarpi nella splendida villa Taranto di Verbania.
Quindi, almeno da un punto di vista botanico, direi che si possano smontare le polemiche; resta poi da vedere l'adattamento della seconda pianta prevista ed attualmente in fase di piantumazione, il Banano. Su questa ho molti maggiori dubbi, ma non ne so abbastanza per esprimere un giudizio.
Oggi il cesto dei post propone...
Oggi il cesto dei post propone... Le stagioni della Melia
sabato 25 febbraio 2017
martedì 21 febbraio 2017
Le Palme grattacielo
La specie di Palma a cui oggi ho affibbiato il nomignolo del titolo è la Washingtonia robusta, che è alta in sé, ma tanto più appare alta in relazione al modesto diametro del fusto.
Proprio per le sue caratteristiche, alta, snella, chioma compatta, spesso non la notiamo proprio, ed è un peccato; infatti è una pianta affascinante, anche se non la suggerirei per sfruttarne l'ombra estiva!
Per capire di che cosa stiamo parlando, ecco due esemplari in agro di Sardara, che svettano rivaleggiando in altezza con grandi Eucaliptus, 15 metri o forse più; sono queste due Palme che mi hanno fatto venire in mente di parlarvene.
Come si vede, il fusto è veramente sottile ma resistentissimo, e forse da questo deriva il "cognome" di questa specie, cioè robusta.
Ne abbiamo parlato già nel blog, sin dal lontano 2010 (post 28/11/10), e poi per presentarvi altri caratteristici esemplari cittadini, come quelli di viale Buoncammino o la storica famiglia del porto (post del 27/12/15 e del 14/5/15), ma mi sono accorto di non aver mai messo in evidenza il suo fascino, e riparo oggi.
Guardate questo esemplare in via Don Bosco, che spunta improvviso da un giardino e punta verso il cielo; è proprio un bel vedere.
Il fusto di queste Palme non è sempre così pulito come nelle foto odierne, perché spesso conserva, fino ad una certa altezza a partire dall'alto, i residui dei piccioli delle vecchie foglie, altro elemento di stranezza e di fascino.
In definitiva, quando per strada incontriamo un sorta di tubo vegetale che si alza dritto verso il cielo, ricordiamoci di sollevare lo sguardo ed apprezzare l'insieme.
Proprio per le sue caratteristiche, alta, snella, chioma compatta, spesso non la notiamo proprio, ed è un peccato; infatti è una pianta affascinante, anche se non la suggerirei per sfruttarne l'ombra estiva!
Per capire di che cosa stiamo parlando, ecco due esemplari in agro di Sardara, che svettano rivaleggiando in altezza con grandi Eucaliptus, 15 metri o forse più; sono queste due Palme che mi hanno fatto venire in mente di parlarvene.
Come si vede, il fusto è veramente sottile ma resistentissimo, e forse da questo deriva il "cognome" di questa specie, cioè robusta.
Ne abbiamo parlato già nel blog, sin dal lontano 2010 (post 28/11/10), e poi per presentarvi altri caratteristici esemplari cittadini, come quelli di viale Buoncammino o la storica famiglia del porto (post del 27/12/15 e del 14/5/15), ma mi sono accorto di non aver mai messo in evidenza il suo fascino, e riparo oggi.
Guardate questo esemplare in via Don Bosco, che spunta improvviso da un giardino e punta verso il cielo; è proprio un bel vedere.
Il fusto di queste Palme non è sempre così pulito come nelle foto odierne, perché spesso conserva, fino ad una certa altezza a partire dall'alto, i residui dei piccioli delle vecchie foglie, altro elemento di stranezza e di fascino.
In definitiva, quando per strada incontriamo un sorta di tubo vegetale che si alza dritto verso il cielo, ricordiamoci di sollevare lo sguardo ed apprezzare l'insieme.
mercoledì 15 febbraio 2017
Gli alberi del Brotzu
Non ci sono più gli ospedali di una volta, potremmo dire usando un luogo comune, per segnalare la rottura dello stretto rapporto urbanistico fra la struttura ospedaliera ed il verde, rapporto che vigeva nella prima parte del secolo scorso.
I grandi e vecchi ospedali di Cagliari, il S.Giovanni di Dio, il Santissima Trinità, il Binaghi, per non dire di Villa Clara, furono realizzati in una logica di connubio imprescindibile fra strutture murarie ed aree verdi. Ne abbiamo parlato più volte (vedi post 30/12/14, ed altre varie citazioni e rimandi), anche per segnalare purtroppo lo stato di degrado di queste aree, dove esistenti: troppo ampi gli spazi da gestire, troppo modesti i budget disponibili, troppo invadenti le auto, troppo ridotta la sensibilità al problema, ecco i "troppo" che non consentono di gestire in maniera decente, negli anni 2000, le aree verdi degli ospedali.
In molti casi queste aree sono diventate un disordinato deposito di auto parcheggiate, e gli alberi un impiccio da sopportare, sperando nella loro definitiva eliminazione.
Finita la premessa piagnisteo, mi metto gli occhiali rosa per presentarvi il verde del più grande ospedale della Sardegna, il Brotzu; anche qui, naturalmente, l'effetto dominante è la distesa di auto parcheggiate, però ci sono anche alcune oasi verdi e molti alberi notevoli.
Superato il parcheggio esterno, tutto lamiere a parte alcuni filari di Schinus terebinthifolius, avvicinandoci all'ingresso principale la situazione migliora; come vediamo in foto, abbiamo discreti esemplari di Carrubo ed una Melaleuca armillaris, (post 23/1/12, 8/5/12), albero che qui si presenta con molti esemplari notevoli.
Ecco un prato rubato alle auto, con panchine e giochi per bimbi; qui vivono Lecci e Carrubi e addirittura, sotto un grande Carrubo, c'è un apprezzabile tavolo da pic-nic.
Vi dicevo della quantità di belle Melaleuche; qui, come rappresentante, vi presento questo possente tronco di uno degli esemplari più grandi. Vale la pena di andare a vedere questi alberi, veramente belli con le loro foglioline fitte, la chioma ampia e, a maggio, le piacevoli infiorescenze bianche.
Una scelta a suo tempo veramente azzeccata, anche perché queste piante, ad altezza d'uomo, consentono un buon riparo e ristoro dalle calure estive.
E ancora un altro spazio verde un po' spostato a sinistra rispetto all'ingresso, con un filare di Cipressi in ottime condizioni.
Da questa parte si possono notare anche molti enormi Pioppi neri, Aceri, Robinie, Casuarine ed altre specie.
Insomma, c'è anche molto di bello in questo verde di ospedale, la cui scoperta compensa in parte la tetraggine con cui abbiamo cominciato il post.
I grandi e vecchi ospedali di Cagliari, il S.Giovanni di Dio, il Santissima Trinità, il Binaghi, per non dire di Villa Clara, furono realizzati in una logica di connubio imprescindibile fra strutture murarie ed aree verdi. Ne abbiamo parlato più volte (vedi post 30/12/14, ed altre varie citazioni e rimandi), anche per segnalare purtroppo lo stato di degrado di queste aree, dove esistenti: troppo ampi gli spazi da gestire, troppo modesti i budget disponibili, troppo invadenti le auto, troppo ridotta la sensibilità al problema, ecco i "troppo" che non consentono di gestire in maniera decente, negli anni 2000, le aree verdi degli ospedali.
In molti casi queste aree sono diventate un disordinato deposito di auto parcheggiate, e gli alberi un impiccio da sopportare, sperando nella loro definitiva eliminazione.
Finita la premessa piagnisteo, mi metto gli occhiali rosa per presentarvi il verde del più grande ospedale della Sardegna, il Brotzu; anche qui, naturalmente, l'effetto dominante è la distesa di auto parcheggiate, però ci sono anche alcune oasi verdi e molti alberi notevoli.
Superato il parcheggio esterno, tutto lamiere a parte alcuni filari di Schinus terebinthifolius, avvicinandoci all'ingresso principale la situazione migliora; come vediamo in foto, abbiamo discreti esemplari di Carrubo ed una Melaleuca armillaris, (post 23/1/12, 8/5/12), albero che qui si presenta con molti esemplari notevoli.
Ecco un prato rubato alle auto, con panchine e giochi per bimbi; qui vivono Lecci e Carrubi e addirittura, sotto un grande Carrubo, c'è un apprezzabile tavolo da pic-nic.
Vi dicevo della quantità di belle Melaleuche; qui, come rappresentante, vi presento questo possente tronco di uno degli esemplari più grandi. Vale la pena di andare a vedere questi alberi, veramente belli con le loro foglioline fitte, la chioma ampia e, a maggio, le piacevoli infiorescenze bianche.
Una scelta a suo tempo veramente azzeccata, anche perché queste piante, ad altezza d'uomo, consentono un buon riparo e ristoro dalle calure estive.
E ancora un altro spazio verde un po' spostato a sinistra rispetto all'ingresso, con un filare di Cipressi in ottime condizioni.
Da questa parte si possono notare anche molti enormi Pioppi neri, Aceri, Robinie, Casuarine ed altre specie.
Insomma, c'è anche molto di bello in questo verde di ospedale, la cui scoperta compensa in parte la tetraggine con cui abbiamo cominciato il post.
martedì 14 febbraio 2017
Preavviso di primavera
Ecco un inconfondibile preavviso della primavera, umile e bellissimo: una famigliola di Crochi che si è appena affacciata sul terreno sassoso.
Siamo in agro di Pula, e questa bulbosa, probabilmente Romulea bulbocodium, si presenta in migliaia di esemplari, con il suo bel colore lilla, sulle spianate incolte vicino al mare.
E' interessante notare le foglie a filamento che si spargono sul terreno, non avendo capacità di sostenersi.
Benvenuti fiorellini spontanei!
Siamo in agro di Pula, e questa bulbosa, probabilmente Romulea bulbocodium, si presenta in migliaia di esemplari, con il suo bel colore lilla, sulle spianate incolte vicino al mare.
E' interessante notare le foglie a filamento che si spargono sul terreno, non avendo capacità di sostenersi.
Benvenuti fiorellini spontanei!
venerdì 10 febbraio 2017
Che buone queste bacche!
Il titolo del post odierno rappresenta il pensiero che pensiamo stia formulando l'uccelletto della foto, colto mentre si accinge appunto ad ingoiare una bacca dello Schinus terebinthifolius che ha scelto come desco.
E, a giudicare dalla foto, sembra essere un desco piuttosto ricco, anche se poco vario!
E dove ho colto questa istantanea? In qualche parco silenzioso e ben curato, prati immensi alternati ad alberelli carichi di frutti? O magari in campagna, dove il ruolo del desco potrebbe essere ben sostenuto dal Lentisco, somigliante e stretto parente dello Schinus citato?
Sbagliato, cari amici, perché siamo in mezzo ad un affollatissimo parcheggio, stracolmo di auto e di persone, e precisamente nel parcheggio esterno dell'Ospedale Brotzu, nel pieno di una mattina feriale: bello pensare che in tale luogo ci sia qualcuno che, nel totale disinteresse per la ricerca di un parcheggio, si occupi di qualcosa di molto più importante, riempirsi la pancia di rosee e ghiotte bacche!
E, a giudicare dalla foto, sembra essere un desco piuttosto ricco, anche se poco vario!
E dove ho colto questa istantanea? In qualche parco silenzioso e ben curato, prati immensi alternati ad alberelli carichi di frutti? O magari in campagna, dove il ruolo del desco potrebbe essere ben sostenuto dal Lentisco, somigliante e stretto parente dello Schinus citato?
Sbagliato, cari amici, perché siamo in mezzo ad un affollatissimo parcheggio, stracolmo di auto e di persone, e precisamente nel parcheggio esterno dell'Ospedale Brotzu, nel pieno di una mattina feriale: bello pensare che in tale luogo ci sia qualcuno che, nel totale disinteresse per la ricerca di un parcheggio, si occupi di qualcosa di molto più importante, riempirsi la pancia di rosee e ghiotte bacche!
lunedì 6 febbraio 2017
La spina bifida
Tranquilli, lungi da me voler parlare della temibile malformazione che prende questo nome, spina bifida: mi voglio solo riferire alla bellissima spina che caratterizza la Carissa macrocarpa, arbusto del quale abbiamo parlato già alcune volte (post del 1/10/14, 22/8/15, 15/3/16).
Eccola qua, la spina biforcuta in primo piano, con il colore roseo che diventa giallo avvicinandosi alle punte acuminate. E le spine sono spesso più complesse, nel senso che hanno una doppia biforcazione, quasi come corna di cervidi.
L'arbusto che ho qui fotografato si trova ad Arzachena, ma è poco importante, dato che per ammirarli facilmente ne abbiamo individuato anche in città, attraverso i post citati. Purtroppo sono pochi rispetto alla loro bellezza: ricordo infatti che la Carissa ha bella foglia, bei fiori bianchi profumati, un bel frutto simile ad una prugna, rosso e lucido, ed un bell'aspetto di insieme, insomma ha tutto per piacere.
Tornando alle spine ed alla loro bellezza, ricordo che avevo fatto un elogio delle spine (post del 10/9/15), e mi ero fortemente lamentato della cattiva abitudine urbana di eliminare tutte le piante con le spine. Ebbene, confermo tutto, anzi lo rafforzo: lasciate stare le piante con le spine, e che le persone (a parte i bambini piccoli, naturalmente) sappiano che devono prestare attenzione e portare rispetto alle piante spinose!
Eccola qua, la spina biforcuta in primo piano, con il colore roseo che diventa giallo avvicinandosi alle punte acuminate. E le spine sono spesso più complesse, nel senso che hanno una doppia biforcazione, quasi come corna di cervidi.
L'arbusto che ho qui fotografato si trova ad Arzachena, ma è poco importante, dato che per ammirarli facilmente ne abbiamo individuato anche in città, attraverso i post citati. Purtroppo sono pochi rispetto alla loro bellezza: ricordo infatti che la Carissa ha bella foglia, bei fiori bianchi profumati, un bel frutto simile ad una prugna, rosso e lucido, ed un bell'aspetto di insieme, insomma ha tutto per piacere.
Tornando alle spine ed alla loro bellezza, ricordo che avevo fatto un elogio delle spine (post del 10/9/15), e mi ero fortemente lamentato della cattiva abitudine urbana di eliminare tutte le piante con le spine. Ebbene, confermo tutto, anzi lo rafforzo: lasciate stare le piante con le spine, e che le persone (a parte i bambini piccoli, naturalmente) sappiano che devono prestare attenzione e portare rispetto alle piante spinose!
giovedì 2 febbraio 2017
Le etichette, quanta fatica!
Le etichette di riconoscimento degli alberi, un piccolo intervento che darebbe un grande valore aggiunto all'interesse per le piante, apportando cultura e civiltà.
Ne abbiamo parlato in più occasioni (p.es. post del 6/12/11), lamentando la esiguità dei luoghi caratterizzati storicamente dalle etichette (Orto Botanico e Parco dell'Autonomia Regionale), ma gioendo per i segnali positivi, come quello del parco Vannelli o del Circu de Soli di Mulinu Becciu (post 8/3/16).
La situazione però resta stagnante, ed anche nel parco Vannelli, dopo l'inaugurazione e le prime etichette, non è seguito il completamento, né la sistemazione di alcune etichette sbagliate.
Insomma, la nuova pratica non decolla, o per lo meno decolla solo sulle cose nuove, mentre non decolla come miglioramento di quelle esistenti, per lo meno con un piano di etichettatura degli alberi nei parchi.
Tante città sono più avanti di noi, per esempio Barcellona (post 5/9/11), ed oggi ne cito un'altra, dall'altra parte del mondo: si tratta di Nelson, in Nuova Zelanda, per la quale ho ricevuto alcune fotografie da Randi, che ringrazio.
Ecco due etichette, relative ad una Metrosideros robusta, albero molto comune nell'isola, e a una Sequoiadendron giganteum: piccole ma efficaci, indicano che quell'albero fa parte del patrimonio comune, e che quindi deve essere massimamente rispettato.
Come si vede, non c'è bisogno di grandi cose, bastano piccole etichette di facile realizzazione affisse con un chiodo, se solo lo si vuole fare.
E l'etichetta può essere ancora più semplice, come quella che vediamo a sinistra, che pure è un poco scassata: un pezzo di plastica, il nome scientifico e quello comune, la provenienza.
Come si nota, si bada alla sostanza, l'importante e trasmettere l'informazione.
Faccio notare una curiosità: il nome scientifico Cupressus sempervirens è uguale in tutto il mondo, mentre il nostro nome italiano, Cipresso comune, in Nuova Zelanda diventa Cipresso italiano, forse per la quantità di questi Cipressi in regioni italiane molto note nel mondo, come la Toscana.
In definitiva segnalo, una volta di più, l'opportunità di usare il nome scientifico, per essere certi di non sbagliare albero: usiamolo, a cominciare dalle etichette!
Ne abbiamo parlato in più occasioni (p.es. post del 6/12/11), lamentando la esiguità dei luoghi caratterizzati storicamente dalle etichette (Orto Botanico e Parco dell'Autonomia Regionale), ma gioendo per i segnali positivi, come quello del parco Vannelli o del Circu de Soli di Mulinu Becciu (post 8/3/16).
La situazione però resta stagnante, ed anche nel parco Vannelli, dopo l'inaugurazione e le prime etichette, non è seguito il completamento, né la sistemazione di alcune etichette sbagliate.
Insomma, la nuova pratica non decolla, o per lo meno decolla solo sulle cose nuove, mentre non decolla come miglioramento di quelle esistenti, per lo meno con un piano di etichettatura degli alberi nei parchi.
Tante città sono più avanti di noi, per esempio Barcellona (post 5/9/11), ed oggi ne cito un'altra, dall'altra parte del mondo: si tratta di Nelson, in Nuova Zelanda, per la quale ho ricevuto alcune fotografie da Randi, che ringrazio.
Ecco due etichette, relative ad una Metrosideros robusta, albero molto comune nell'isola, e a una Sequoiadendron giganteum: piccole ma efficaci, indicano che quell'albero fa parte del patrimonio comune, e che quindi deve essere massimamente rispettato.
Come si vede, non c'è bisogno di grandi cose, bastano piccole etichette di facile realizzazione affisse con un chiodo, se solo lo si vuole fare.
E l'etichetta può essere ancora più semplice, come quella che vediamo a sinistra, che pure è un poco scassata: un pezzo di plastica, il nome scientifico e quello comune, la provenienza.
Come si nota, si bada alla sostanza, l'importante e trasmettere l'informazione.
Faccio notare una curiosità: il nome scientifico Cupressus sempervirens è uguale in tutto il mondo, mentre il nostro nome italiano, Cipresso comune, in Nuova Zelanda diventa Cipresso italiano, forse per la quantità di questi Cipressi in regioni italiane molto note nel mondo, come la Toscana.
In definitiva segnalo, una volta di più, l'opportunità di usare il nome scientifico, per essere certi di non sbagliare albero: usiamolo, a cominciare dalle etichette!
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