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venerdì 30 dicembre 2016
Ed anche il piccolo di Monte Urpinu ....
Eh sì, anche il Cipresso calvo di Monte Urpinu, "nipotino" del maestoso esemplare di cui abbiamo parlato alcuni giorni fa (post del 22/12/16), si predispone a perdere le foglie, passando per l'affascinante trascolorazione rugginosa come il nonno.
Questo giovane esemplare di Taxodium distichum è stato oggetto della nostra attenzione fin da quando era proprio piccolo (post 27/9/12), e poi da giovincello in pieno rigoglio di fine estate (post del 30/9/15).
Adesso ce lo godiamo, ancora cresciuto e sano, mentre si predispone a passare l'inverno, circondato da alberi sempreverdi che acuiscono il piacevole contrasto.
mercoledì 28 dicembre 2016
Manutenzione verde straordinaria a Genneruxi
Siamo in piazza Islanda, a Genneruxi, in uno dei luoghi più noti e caratteristici del quartiere, molto frequentato ed apprezzato dai ragazzi delle vicine scuole e dai loro nonni.
Questa piazza è dotata di diversi alberi interessanti (post del 17/1/14) e, fra gli altri, di splendidi esemplari di Carrubo, Ceratonia siliqua. E forse proprio dalla loro situazione precaria, causata dai topi (post del 9/4/16), è nata l'esigenza di un intervento importante, che è stato recentemente realizzato.
I Carrubi sono stati alleggeriti in maniera significativa, senza però stravolgere il loro assetto, come si vede nella foto a sinistra.
Solo in qualche caso l'intervento è stato più radicale, per le piante più compromesse di via Costantinopoli, come si vede nella foto in controluce a destra.
Insomma un intervento impegnativo, ed a forte rischio di polemiche, anche se a me sembra che sia stato impostato con razionalità e senza stravolgimenti.
E poi, per chi avesse difficoltà ad approvare l'intervento, suggerisco di provare a guardare il bicchiere mezzo pieno, e non solo perché è stata resa più difficile la vita ai malefici topi.
Possiamo infatti ammirare lo splendore del tronco e delle branche principali, per il modo in cui vengono evidenziati dall'eliminazione dei rami più bassi; andamento a tortiglione, piccoli anfratti, contorsioni e rughe, che meraviglia!
Questa piazza è dotata di diversi alberi interessanti (post del 17/1/14) e, fra gli altri, di splendidi esemplari di Carrubo, Ceratonia siliqua. E forse proprio dalla loro situazione precaria, causata dai topi (post del 9/4/16), è nata l'esigenza di un intervento importante, che è stato recentemente realizzato.
I Carrubi sono stati alleggeriti in maniera significativa, senza però stravolgere il loro assetto, come si vede nella foto a sinistra.
Solo in qualche caso l'intervento è stato più radicale, per le piante più compromesse di via Costantinopoli, come si vede nella foto in controluce a destra.
Insomma un intervento impegnativo, ed a forte rischio di polemiche, anche se a me sembra che sia stato impostato con razionalità e senza stravolgimenti.
E poi, per chi avesse difficoltà ad approvare l'intervento, suggerisco di provare a guardare il bicchiere mezzo pieno, e non solo perché è stata resa più difficile la vita ai malefici topi.
Possiamo infatti ammirare lo splendore del tronco e delle branche principali, per il modo in cui vengono evidenziati dall'eliminazione dei rami più bassi; andamento a tortiglione, piccoli anfratti, contorsioni e rughe, che meraviglia!
giovedì 22 dicembre 2016
Il Cipresso diventa calvo
Per dare conto del suo nome comune, Cipresso calvo delle paludi, lo splendido esemplare di Taxodium distichum dell'Orto Botanico (post del 26/1/12, 5/9/12, 30/9/15 ) sta perdendo le sue chiome, e lo sta facendo con bellezza ed eleganza.
Come si vede nella foto a sinistra, le foglioline composte, sottili e tenere, cambiano colore assumendo un bell'aspetto rugginoso, e si apprestano a cadere; il contrasto con il verde mantenuto ancora da una parte delle foglie costituisce un ulteriore elemento di fascino.
L'attributo di calvo attribuito a quest'albero serviva proprio a differenziarlo dagli altri Cipressi, normalmente a foglia persistente; in realtà il Taxodium appartiene ad un'altra famiglia rispetto ai Cipressi, appunto quella delle Taxodiaceae, alla quale appartiene anche la Sequoia.
Ecco un altro scatto della capigliatura piegata, anche per effetto delle recenti piogge, che si prepara a cadere.
Naturalmente non è con un paio di fotografie che è possibile rendere l'idea della bellezza di questo spettacolo e di questo albero, anche perché gli spazi sono angusti rispetto alle dimensioni. Uno sguardo ai precedenti post citati può aiutare, ma naturalmente il suggerimento è quello di andarlo a vedere, questo Cipresso sulla via della calvizie; ritengo che il processo durerà ancora diversi giorni, forse qualche settimana.
Come si vede nella foto a sinistra, le foglioline composte, sottili e tenere, cambiano colore assumendo un bell'aspetto rugginoso, e si apprestano a cadere; il contrasto con il verde mantenuto ancora da una parte delle foglie costituisce un ulteriore elemento di fascino.
L'attributo di calvo attribuito a quest'albero serviva proprio a differenziarlo dagli altri Cipressi, normalmente a foglia persistente; in realtà il Taxodium appartiene ad un'altra famiglia rispetto ai Cipressi, appunto quella delle Taxodiaceae, alla quale appartiene anche la Sequoia.
Ecco un altro scatto della capigliatura piegata, anche per effetto delle recenti piogge, che si prepara a cadere.
Naturalmente non è con un paio di fotografie che è possibile rendere l'idea della bellezza di questo spettacolo e di questo albero, anche perché gli spazi sono angusti rispetto alle dimensioni. Uno sguardo ai precedenti post citati può aiutare, ma naturalmente il suggerimento è quello di andarlo a vedere, questo Cipresso sulla via della calvizie; ritengo che il processo durerà ancora diversi giorni, forse qualche settimana.
sabato 17 dicembre 2016
La Kalanchoe, orecchia di elefante
Vi presento oggi una nuova pianta succulenta, cosa rara per il blog data la mia ignoranza in materia; ma questa è piuttosto particolare, si trova in diversi giardini cittadini ed ha attirato la mia attenzione, così mi sono attrezzato per il riconoscimento.
Eccola qui, in un condominio di piazza Svizzera a Genneruxi: si tratta di una Kalanchoe beharensis, nota come Orecchia di elefante, per la dimensione e l'aspetto delle sue foglie.
Le foglie sono in effetti molto grandi, ricoperte di peluria e dall'aspetto vellutato.
Ma tutto questo esemplare è piuttosto grande, superando abbondantemente l'altezza di 1 metro che viene indicata come media per queste piante al di fuori del loro ambiente naturale.
Il giovane ramo ritratto a destra mette in evidenza le caratteristiche delle foglie, fra cui quella di essere "grassocce", come richiamato dal nome della famiglia di appartenenza, cioè le crassulaceae.
La Kalanchoe beharensis proviene dal Madagascar, e precisamente da una regione subdesertica di questa grande isola, che ha dato il nome alla specie.
Come si intravede nella prima fotografia, la pianta si prepara alla fioritura, indicando una volta di più l'avvicinarsi del nostro clima a quello tropicale tipico della grande isola di provenienza.
Eccola qui, in un condominio di piazza Svizzera a Genneruxi: si tratta di una Kalanchoe beharensis, nota come Orecchia di elefante, per la dimensione e l'aspetto delle sue foglie.
Le foglie sono in effetti molto grandi, ricoperte di peluria e dall'aspetto vellutato.
Ma tutto questo esemplare è piuttosto grande, superando abbondantemente l'altezza di 1 metro che viene indicata come media per queste piante al di fuori del loro ambiente naturale.
Il giovane ramo ritratto a destra mette in evidenza le caratteristiche delle foglie, fra cui quella di essere "grassocce", come richiamato dal nome della famiglia di appartenenza, cioè le crassulaceae.
La Kalanchoe beharensis proviene dal Madagascar, e precisamente da una regione subdesertica di questa grande isola, che ha dato il nome alla specie.
Come si intravede nella prima fotografia, la pianta si prepara alla fioritura, indicando una volta di più l'avvicinarsi del nostro clima a quello tropicale tipico della grande isola di provenienza.
mercoledì 14 dicembre 2016
L'albero dei desideri, bello e giusto
Indicarlo come albero di Natale non è appropriato; questo grande e glorioso Ficus retusa, situato in posizione di grande visibilità nella piazza Costituzione, ed ora addobbato di bellissime palle sui colori dell'azzurro, è qualcosa di meno di un albero di Natale, ma è anche qualcosa di più, per quello che rappresenta: il desiderio e la voglia, di bambini molto malati, di vivere.
Eccolo qui, con i lunghi addobbi sospesi a varie altezze, che mettono nella migliore evidenza le palle lucide realizzate con la partecipazione dei bambini.
Ed ecco una visione ravvicinata, con in evidenza, davanti allo sfondo del tronco del generoso Ficus, le screziature ed i vari colori dei simpatici addobbi.
Bravi, una bella iniziativa che scalda il cuore.
Eccolo qui, con i lunghi addobbi sospesi a varie altezze, che mettono nella migliore evidenza le palle lucide realizzate con la partecipazione dei bambini.
Ed ecco una visione ravvicinata, con in evidenza, davanti allo sfondo del tronco del generoso Ficus, le screziature ed i vari colori dei simpatici addobbi.
Bravi, una bella iniziativa che scalda il cuore.
sabato 10 dicembre 2016
La piccola Araucaria ed i suoi frutti
Parlare di piccola Araucaria sembra quasi un controsenso, per come siamo abituati a vedere questi alberi, alti e slanciati, che per esempio caratterizzano il litorale del Poetto.
L'Araucaria excelsa detiene infatti il titolo di albero più alto della città (post del 4/2/11), anche se l'esemplare in questione è piuttosto malandato (post del 15/7/15).
Ecco perché è peculiare l'Araucaria di cui parliamo oggi, una piccoletta che vive all'ingresso di Marina Piccola. Me la ha segnalata Marco, che ringrazio, invogliandomi ad andare a vederla.
E' piccola, anche se non deve essere molto giovane, dato che è carica di frutti, e questi alberi fruttificano dopo molti anni.
La sua fruttificazione abbondante è un ulteriore elemento di attenzione ed interesse, sia perché normalmente gli esemplari cittadini sono maschi, sia perché i frutti crescono sui rami più alti, e quindi, per quanto dicevamo prima, non sono direttamente osservabili.
In questa pianta le pigne si vedono invece perfettamente, e si possono fotografare anche senza disporre di teleobiettivo.
Guardate quanti sono questi simpatici globi attaccati ai palchi, singolarmente o in coppia.
Ed in questo periodo, similmente a come fanno i Pini, i frutti rilasciano i semi.
Ed eccoli i semi, dalla strana forma di animaletti preistorici, una sorta di trilobiti con una caratteristica punta.
Insomma questo particolare albero costituisce un incontro interessante, posizionato come è all'ingresso di Marina Piccola ed all'ingresso del Poetto.
L'Araucaria excelsa detiene infatti il titolo di albero più alto della città (post del 4/2/11), anche se l'esemplare in questione è piuttosto malandato (post del 15/7/15).
Ecco perché è peculiare l'Araucaria di cui parliamo oggi, una piccoletta che vive all'ingresso di Marina Piccola. Me la ha segnalata Marco, che ringrazio, invogliandomi ad andare a vederla.
E' piccola, anche se non deve essere molto giovane, dato che è carica di frutti, e questi alberi fruttificano dopo molti anni.
La sua fruttificazione abbondante è un ulteriore elemento di attenzione ed interesse, sia perché normalmente gli esemplari cittadini sono maschi, sia perché i frutti crescono sui rami più alti, e quindi, per quanto dicevamo prima, non sono direttamente osservabili.
In questa pianta le pigne si vedono invece perfettamente, e si possono fotografare anche senza disporre di teleobiettivo.
Guardate quanti sono questi simpatici globi attaccati ai palchi, singolarmente o in coppia.
Ed in questo periodo, similmente a come fanno i Pini, i frutti rilasciano i semi.
Ed eccoli i semi, dalla strana forma di animaletti preistorici, una sorta di trilobiti con una caratteristica punta.
Insomma questo particolare albero costituisce un incontro interessante, posizionato come è all'ingresso di Marina Piccola ed all'ingresso del Poetto.
mercoledì 7 dicembre 2016
Il Ginkgo biloba, e la sua arte di spogliarsi
La nostra isola, lo abbiamo detto più volte, non consente di assistere ai grandi eventi autunnali di perdita delle foglie, il cosiddetto foliage, fenomeno che raggiunge picchi di splendore nei boschi del Canada ma anche in Germania o in Italia, per esempio nelle Langhe piemontesi o nella foresta del Cansiglio in Veneto.
Anche l'impatto dello spogliarsi nei viali cittadini, per esempio per i Platani a Milano, a noi è negato; abbiamo poche varietà arboree che si spogliano in maniera godibile, ma soprattutto il nostro clima non ha quei passaggi repentini di temperatura che facilitano e concentrano i giorni del fenomeno.
Dobbiamo dunque "accontentarci" dello spogliarsi di singoli alberi o al più di gruppetti, come si nota dallo "slide show" che scorre attualmente in testata, o possiamo goderci i Bagolari di Genneruxi (post del 9/12/10 ed altri successivi).
Gli unici alberi che sanno interpretare il ruolo veramente bene sono i Ginkgo biloba, ai quali le foglie rimangono attaccate per un po' anche dopo aver assunto lo splendido colore giallo oro. Vediamo allora una sintesi della situazione cagliaritana dei Ginkgo:
Un piccolo esemplare in viale Trento, che ha già compiuto la affascinante trasfigurazione.
Lavori in corso, sempre in viale Trento; quello di destra è quasi pronto, quello di sinistra è ancora verde.
Ed ecco uno dei due giganti di piazza Repubblica, che ancora deve cominciare.
Il tour per i Ginkgo che si spogliano può poi completarsi in piazza Trento, con altri grandi esemplari, o con il piccolo ed isolato di piazza Giovanni, che fa tenerezza circondato da Jacarande e Ficus molto più grandi di lui.
Queste foto, al di là della bellezza dello spettacolo offerto dai Ginkgo, dimostrano quanto dicevamo, e cioè che il nostro clima sempre più caldo induce gli alberi spoglianti a comportarsi un po' come gli pare, da quelli che si spogliano comunque presto, come gli Aceri, a quelli che ancora non ne vogliono sapere, come le Jacarande; in più, nell'ambito della stessa specie, con differenze significative nell'eseguire il compito, in funzione dell'esposizione, della dimensione della pianta, dell'età, dell'accesso all'acqua ed altri fattori. Insomma, una attività che si estende da ottobre a gennaio!
Anche l'impatto dello spogliarsi nei viali cittadini, per esempio per i Platani a Milano, a noi è negato; abbiamo poche varietà arboree che si spogliano in maniera godibile, ma soprattutto il nostro clima non ha quei passaggi repentini di temperatura che facilitano e concentrano i giorni del fenomeno.
Dobbiamo dunque "accontentarci" dello spogliarsi di singoli alberi o al più di gruppetti, come si nota dallo "slide show" che scorre attualmente in testata, o possiamo goderci i Bagolari di Genneruxi (post del 9/12/10 ed altri successivi).
Gli unici alberi che sanno interpretare il ruolo veramente bene sono i Ginkgo biloba, ai quali le foglie rimangono attaccate per un po' anche dopo aver assunto lo splendido colore giallo oro. Vediamo allora una sintesi della situazione cagliaritana dei Ginkgo:
Un piccolo esemplare in viale Trento, che ha già compiuto la affascinante trasfigurazione.
Lavori in corso, sempre in viale Trento; quello di destra è quasi pronto, quello di sinistra è ancora verde.
Ed ecco uno dei due giganti di piazza Repubblica, che ancora deve cominciare.
Il tour per i Ginkgo che si spogliano può poi completarsi in piazza Trento, con altri grandi esemplari, o con il piccolo ed isolato di piazza Giovanni, che fa tenerezza circondato da Jacarande e Ficus molto più grandi di lui.
Queste foto, al di là della bellezza dello spettacolo offerto dai Ginkgo, dimostrano quanto dicevamo, e cioè che il nostro clima sempre più caldo induce gli alberi spoglianti a comportarsi un po' come gli pare, da quelli che si spogliano comunque presto, come gli Aceri, a quelli che ancora non ne vogliono sapere, come le Jacarande; in più, nell'ambito della stessa specie, con differenze significative nell'eseguire il compito, in funzione dell'esposizione, della dimensione della pianta, dell'età, dell'accesso all'acqua ed altri fattori. Insomma, una attività che si estende da ottobre a gennaio!
mercoledì 30 novembre 2016
Le radici del parco di Bonaria
Io ritengo che il Parco del colle di Bonaria sia una delle cose più belle che Cagliari possa offrire: piccolo, raccolto, di grande fascino per la vicinanza con la basilica e con il cimitero monumentale, ma anche ricco di begli alberi, e con una vista strepitosa sulla città ed il mare dalla sua sommità.
Ne abbiamo parlato, sia per descrivere gli alberi presenti e gli aspetti scenografici (post del 10/11/11), sia per apprezzare il fascino del silenzio e la predisposizione alla meditazione che questo parco induce (post del 10/12/13).
Quindi in questo luogo possiamo guardare i panorami lontano, possiamo guardare gli alberi davanti a noi, possiamo guardare i pensieri che si formano dentro di noi, che cosa ci resta da guardare?
Ci resta da guardare per terra, ed ammirare le radici, per esempio quelle del Ficus magnolioides qui a sinistra, bellissimo intrico che forma anche una piccola pozza di acqua piovana; e fra qualche giorno potremo anche ammirare le foglie dei Pioppi lì vicino, quando finalmente si decideranno a spogliarsi lasciando a terra il bel tappeto giallo e grigio.
Ne abbiamo parlato, sia per descrivere gli alberi presenti e gli aspetti scenografici (post del 10/11/11), sia per apprezzare il fascino del silenzio e la predisposizione alla meditazione che questo parco induce (post del 10/12/13).
Quindi in questo luogo possiamo guardare i panorami lontano, possiamo guardare gli alberi davanti a noi, possiamo guardare i pensieri che si formano dentro di noi, che cosa ci resta da guardare?
Ci resta da guardare per terra, ed ammirare le radici, per esempio quelle del Ficus magnolioides qui a sinistra, bellissimo intrico che forma anche una piccola pozza di acqua piovana; e fra qualche giorno potremo anche ammirare le foglie dei Pioppi lì vicino, quando finalmente si decideranno a spogliarsi lasciando a terra il bel tappeto giallo e grigio.
lunedì 28 novembre 2016
Il Lìder Màximo e la sacra Chorisia
Non voglio parlare della morte di Fidel Castro: ne stanno parlando a lungo tutti i giornali, e non è assolutamente un tema congruente con il nostro blog.
Ma non posso farmi sfuggire la ghiotta occasione, per me che sono uno strenuo estimatore della Chorisia insignis, di un interessante accostamento fra quest'albero e la recentissima scomparsa del Lider Maximo.
Dovete sapere che la Chorisia, o Ceiba, per utilizzare il suo nuovo nome, è albero sacro per l'isola di Cuba. In particolare è venerato un esemplare che si trova in una piazza storica dell'Avana, la Plaza de Armas, accanto al Templete, piccola copia del Partenone ateniese. Questo tipo di albero esiste nella medesima posizione da molti secoli, e quando un esemplare muore viene immediatamente sostituito con un altro, perché è inconcepibile per i cubani fare a meno della Ceiba proprio lì in quella posizione.
Orbene, come racconta Ezio Mauro nella Repubblica di ieri, l'ultimo esemplare di Ceiba del Templete è morto all'inizio di quest'anno, ed i cubani ne hanno tratto tristi auspici per Fidel, dato che, secondo una vecchia superstizione caraibica, sotto quest'albero si svolgeva il rito sacro del passaggio di potere fra un Capo ed un altro.
Questo aneddoto, al di là dei valori scaramantici, la dice lunga per l'attaccamento che i cubani hanno per la Chorisia, o Ceiba che dir si voglia.
Allora anch'io nel mio piccolo celebro quest'albero, riportando una foto dei due splendidi esemplari di via Sabotino, a noi ben conosciuti (post del 28/6/11 , 10/10/12 , 21/9/15 , fra gli altri) insieme a molti altri esemplari della città.
Hasta siempre, a Fidel ed alla Chorisia!
Ma non posso farmi sfuggire la ghiotta occasione, per me che sono uno strenuo estimatore della Chorisia insignis, di un interessante accostamento fra quest'albero e la recentissima scomparsa del Lider Maximo.
Dovete sapere che la Chorisia, o Ceiba, per utilizzare il suo nuovo nome, è albero sacro per l'isola di Cuba. In particolare è venerato un esemplare che si trova in una piazza storica dell'Avana, la Plaza de Armas, accanto al Templete, piccola copia del Partenone ateniese. Questo tipo di albero esiste nella medesima posizione da molti secoli, e quando un esemplare muore viene immediatamente sostituito con un altro, perché è inconcepibile per i cubani fare a meno della Ceiba proprio lì in quella posizione.
Orbene, come racconta Ezio Mauro nella Repubblica di ieri, l'ultimo esemplare di Ceiba del Templete è morto all'inizio di quest'anno, ed i cubani ne hanno tratto tristi auspici per Fidel, dato che, secondo una vecchia superstizione caraibica, sotto quest'albero si svolgeva il rito sacro del passaggio di potere fra un Capo ed un altro.
Questo aneddoto, al di là dei valori scaramantici, la dice lunga per l'attaccamento che i cubani hanno per la Chorisia, o Ceiba che dir si voglia.
Allora anch'io nel mio piccolo celebro quest'albero, riportando una foto dei due splendidi esemplari di via Sabotino, a noi ben conosciuti (post del 28/6/11 , 10/10/12 , 21/9/15 , fra gli altri) insieme a molti altri esemplari della città.
Hasta siempre, a Fidel ed alla Chorisia!
martedì 22 novembre 2016
Sono plebeo, infestante e velenoso, ma ....
Ma sono anche bello, alla faccia di chi mette in evidenza solo i miei difetti, o presunti tali!
Stiamo parlando del Ricino, Ricinus communis, che in questo periodo espone la sua, forse seconda, fioritura. Guardate la foto sottostante, di un arbusto in via Dei Conversi.
Una bellissima infiorescenza rossa, con i fiori maschili sulla parte bassa (si intravedono, piccoli e poco evidenti) e quelli femminili sulla parte terminale, grossi e ricoperti da piccole spine. Da notare anche la grossezza dello stelo rosso.
Ed anche la foglia sottostante è molto bella, palmata, di grandi dimensioni e con le nervature "in tinta" con l'infiorescenza.
Nel giro di un mesetto i fiori femminili daranno luogo ai frutti, capsule legnose costituite da 3 parti, contenenti i famigerati semi (post del 30/11/11).
Insomma, come spesso accade, la bellezza risiede dove non te la aspetti, e merita di essere apprezzata prescindendo dai luoghi comuni e dai pregiudizi.
Stiamo parlando del Ricino, Ricinus communis, che in questo periodo espone la sua, forse seconda, fioritura. Guardate la foto sottostante, di un arbusto in via Dei Conversi.
Una bellissima infiorescenza rossa, con i fiori maschili sulla parte bassa (si intravedono, piccoli e poco evidenti) e quelli femminili sulla parte terminale, grossi e ricoperti da piccole spine. Da notare anche la grossezza dello stelo rosso.
Ed anche la foglia sottostante è molto bella, palmata, di grandi dimensioni e con le nervature "in tinta" con l'infiorescenza.
Nel giro di un mesetto i fiori femminili daranno luogo ai frutti, capsule legnose costituite da 3 parti, contenenti i famigerati semi (post del 30/11/11).
Insomma, come spesso accade, la bellezza risiede dove non te la aspetti, e merita di essere apprezzata prescindendo dai luoghi comuni e dai pregiudizi.
giovedì 17 novembre 2016
Le trombette della Datura, oggetti d'arte
Abbiamo parlato più volte della Datura (oggi Brugmansia) arborea, e del suo particolarissimo fiore pendulo, da me definito vergognoso (post del 22/11/11).
Abbiamo altresì apprezzato, oltre al tradizionale fiore bianco, il fiore giallo, come quello dell'arbusto di via Dei Conversi (post 8/10/15), di ci vi presento uno scampolo della fioritura che sta terminando in questi giorni.
Il giallo carico, peraltro bellissimo, è appunto segno che la lunga stagione della fioritura volge al termine, e se ne riparlerà la prossima primavera.
Ma quello che vi voglio far notare è la ripresa dal basso, che consente di portare lo sguardo all'interno del lungo tubo.
Questo è infatti il modo in cui è stato dipinto un quadro, della pittrice statunitense O'Keeffe, che è assurto recentemente agli onori delle cronache per essere stato venduto all'asta per 44 milioni di dollari (!), e per essere stato scelto come manifesto di una recente mostra tenutasi alla Tate Modern di Londra.
Ecco il dipinto, ripreso con la fotografia ufficiale dal sito della Tate Modern. Non è chiaro se il fiore dipinto appartenesse alla specie arborea, quella "cittadina", o alla specie rustica e campagnola stramonio (si veda il post del 2011 citato), ma direi che questo punto è poco importante, data la grande somiglianza dei fiori delle sue specie.
Quello che per me è interessante è il raffronto fra il nostro fiore reale giallo carico ed il fiore dipinto dalla pittrice americana, di un bellissimo bianco opalescente, lattiginoso.
Insomma, la nostra trombetta vergognosa potrà essere ben fiera ed orgogliosa di essere stata eternata in questo modo, anche se per lei un po' impudico!
Abbiamo altresì apprezzato, oltre al tradizionale fiore bianco, il fiore giallo, come quello dell'arbusto di via Dei Conversi (post 8/10/15), di ci vi presento uno scampolo della fioritura che sta terminando in questi giorni.
Il giallo carico, peraltro bellissimo, è appunto segno che la lunga stagione della fioritura volge al termine, e se ne riparlerà la prossima primavera.
Ma quello che vi voglio far notare è la ripresa dal basso, che consente di portare lo sguardo all'interno del lungo tubo.
Questo è infatti il modo in cui è stato dipinto un quadro, della pittrice statunitense O'Keeffe, che è assurto recentemente agli onori delle cronache per essere stato venduto all'asta per 44 milioni di dollari (!), e per essere stato scelto come manifesto di una recente mostra tenutasi alla Tate Modern di Londra.
Ecco il dipinto, ripreso con la fotografia ufficiale dal sito della Tate Modern. Non è chiaro se il fiore dipinto appartenesse alla specie arborea, quella "cittadina", o alla specie rustica e campagnola stramonio (si veda il post del 2011 citato), ma direi che questo punto è poco importante, data la grande somiglianza dei fiori delle sue specie.
Quello che per me è interessante è il raffronto fra il nostro fiore reale giallo carico ed il fiore dipinto dalla pittrice americana, di un bellissimo bianco opalescente, lattiginoso.
Insomma, la nostra trombetta vergognosa potrà essere ben fiera ed orgogliosa di essere stata eternata in questo modo, anche se per lei un po' impudico!
giovedì 10 novembre 2016
Il Pino spilungone
Ditemi se non è simpatico questo Pino spilungone, o pennellone se preferite!
Se ne va su, dritto come un fuso, fino al quinto piano della palazzina che lo ospita nel suo giardino condominiale, e finalmente esplode con una buffa chioma tondeggiante.
Siamo a Su Planu, per la precisione in via Boiardo, ed il nostro soggetto è un Pino delle Canarie; probabilmente la sua crescita naturale, con il portamento tipicamente piramidale, rubava troppa luce agli appartamenti dei piani bassi, e si è scelta questa soluzione, per non eliminarlo.
Il Pino non sembra essersela presa troppo, non si vergogna dell'aspetto da pertica, è sano. Certo non è elegante come i cugini di via Scano (post del 13/12/10) o di Genneruxi, ma è sicuramente simpatico, fa comunque una certa ombra, e dimostra che quando un albero dà fastidio a qualche condomino, non sempre l'eliminazione (vedi p.es. post del 7/6/12) è l'unica soluzione da adottare!
Se ne va su, dritto come un fuso, fino al quinto piano della palazzina che lo ospita nel suo giardino condominiale, e finalmente esplode con una buffa chioma tondeggiante.
Siamo a Su Planu, per la precisione in via Boiardo, ed il nostro soggetto è un Pino delle Canarie; probabilmente la sua crescita naturale, con il portamento tipicamente piramidale, rubava troppa luce agli appartamenti dei piani bassi, e si è scelta questa soluzione, per non eliminarlo.
Il Pino non sembra essersela presa troppo, non si vergogna dell'aspetto da pertica, è sano. Certo non è elegante come i cugini di via Scano (post del 13/12/10) o di Genneruxi, ma è sicuramente simpatico, fa comunque una certa ombra, e dimostra che quando un albero dà fastidio a qualche condomino, non sempre l'eliminazione (vedi p.es. post del 7/6/12) è l'unica soluzione da adottare!
domenica 6 novembre 2016
Il fascino del fiore cangiante
Il fiore cangiante, o mutabile per riprendere il nome scientifico, è quello di una specie di Ibisco, dal nome scientifico appunto di Hibiscus mutabilis. E' un fiore cangiante per la sua caratteristica, piuttosto eccezionale anche nel variegato mondo degli Ibiscus, di cambiare colore nel suo breve arco di vita, praticamente dalla mattina alla sera.
L'Ibisco è il principale rappresentante della famiglia delle Malvacee, piante arbustive diffuse negli areali caldi tropicali o sub-tropicali; è quindi molto comune da noi. Io non lo ho mai trattato nel blog, a parte il cugino Malvaviscus (post del 24/12/15), perché ne so pochissimo, trattandosi di pianta ornamentale con una infinità di varietà, da perderci la testa per i non specialisti.
Però questa volta non potevo esimermi, sia perché volevo rispondere alla richiesta di Donatella, che ringrazio, sia perché gli unici esemplari pubblici che io conosca dell'Ibisco mutabile vivono, guarda caso, nei nostri cimiteri, luogo di elezione per gli amanti del verde.
Ecco a sinistra l'esemplare del cimitero di Bonaria, che si trova al centro della spianata proprio davanti all'ingresso, mentre alcuni altri esemplari vivono al cimitero di San Michele, sempre vicino all'ingresso.
E' abbastanza evidente che debba essere stata un'unica persona quella che ha sistemato questi arbusti, un giardiniere di talento che conosceva la peculiarità della loro fioritura, che fra l'altro esplode proprio in questo periodo.
Credo, pur non conoscendone il nome, che sia la stessa persona illuminata che ha sistemato il Clerodendro (post del 6/10/11 ed altri), tuttora ornato dai frutti colorati, che vive a sinistra dell'ingresso del cimitero.
Ma torniamo all'Ibisco mutabile ed al suo fiore cangiante: ecco un fiore che sta completando il cambiamento di colore, acquisendo un bel rosa carico.
E questo a sinistra è un gruppetto, dove è rappresentato il ciclo di vita: bianco, rosa carico, rosa spento e cupo del ciclo finito.
Ultimo, ma non ultimo, un fiore in "muta" mentre sta virando dal bianco al rosa; qui possiamo anche vedere le capsule che si preparano a fornire i fiori dei prossimi giorni, con la generosità di produzione tipica di tutti gli arbusti o alberelli di Ibisco che possano godere di un posizione soleggiata, come il nostro campione. Che bello spettacolo!
martedì 1 novembre 2016
L'autunno colorato del Melograno
Sì, dimentichiamoci del grigiore autunnale quando parliamo del Melograno, Punica granatum; per lui l'autunno è una seconda primavera. Nella prima, quella astronomica, ha prodotto gli splendidi fiori (post del 19/5/13) e adesso, in pieno autunno, si dedica alla primavera dei frutti.
Ecco un esemplare di Melograno in un giardino di Pula, carico delle succose bacche globose; i colori dei suoi frutti, dal giallo all'arancio al rosso carico, certo non richiamano quelli autunnali!
A Cagliari i Melograni sono rari: è una pianta agraria, legata alla campagna, ed è stata progressivamente allontanata dalla città, con qualche timido tentativo di reinserimento (post del 14/9/14), più efficace in nuove varietà da giardinaggio, a fiori doppi (post di maggio citato).
Ed il suo allontanamento dalla città è un vero peccato, per la bellezza ed anche la bontà delle melagrane, consumate tali e quali o in succo.
Certo che è un peccato staccare dalla pianta un frutto come quello qui ripreso, almeno fino a quando non comincia a spaccarsi e si prepara a finire a terra.
Il problema è che allora potrebbe essere troppo tardi per gustare s'arenada, come si chiamava la melagrana in campidanese; mi ricordo che quando ero bambino, per insultare qualcuno che rideva troppo ed a sproposito, si diceva, e mi scuso per il mio sardo: "S'arrisu de s'arenada, arrutta a terra e squartarada".
Forse, con la genialità dei detti locali, il riferimento era proprio alle spaccature nel frutto, simili a bocche ghignanti; altro che le zucche di Halloween!
Ecco un esemplare di Melograno in un giardino di Pula, carico delle succose bacche globose; i colori dei suoi frutti, dal giallo all'arancio al rosso carico, certo non richiamano quelli autunnali!
A Cagliari i Melograni sono rari: è una pianta agraria, legata alla campagna, ed è stata progressivamente allontanata dalla città, con qualche timido tentativo di reinserimento (post del 14/9/14), più efficace in nuove varietà da giardinaggio, a fiori doppi (post di maggio citato).
Ed il suo allontanamento dalla città è un vero peccato, per la bellezza ed anche la bontà delle melagrane, consumate tali e quali o in succo.
Certo che è un peccato staccare dalla pianta un frutto come quello qui ripreso, almeno fino a quando non comincia a spaccarsi e si prepara a finire a terra.
Il problema è che allora potrebbe essere troppo tardi per gustare s'arenada, come si chiamava la melagrana in campidanese; mi ricordo che quando ero bambino, per insultare qualcuno che rideva troppo ed a sproposito, si diceva, e mi scuso per il mio sardo: "S'arrisu de s'arenada, arrutta a terra e squartarada".
Forse, con la genialità dei detti locali, il riferimento era proprio alle spaccature nel frutto, simili a bocche ghignanti; altro che le zucche di Halloween!
sabato 29 ottobre 2016
L'autunno di un Acero cagliaritano
Gli Aceri, lo sappiamo, sono fra gli alberi che sanno offrire uno degli spettacoli autunnali più belli che la Natura ci metta a disposizione, quando le foglie trascolorano prima di cadere: rosso, arancio e giallo in varie tonalità, a seconda della specie di Acero e del luogo, ci riempiono di ammirazione e stupore.
Gli spettacoli meravigliosi di questo genere sono, purtroppo, molto lontano da noi, a cominciare dal Canada; in Sardegna abbiamo comunque begli spettacoli in zone montuose, nel Goceano, o nei Supramonte, forniti dall'Acero trilobo, di cui abbiamo parlato (post del 15/10/12 e del 29/10/14 ).
Ed a Cagliari? A Cagliari nisba, verrebbe da dire, a meno che non cerchiamo qualcuno dei singoli, rarissimi esemplari di Acero presenti in città; è quello che io ho fatto, e ve ne presento uno.
Si tratta di un Acer negundo, scovato in un giardino condominiale di via Dublino, a Genneruxi; un esemplare piccolo, come si vede dal tronco, che ha già perso tutte le foglie ed è attualmente stracarico dei frutti, le tipiche disamare degli Aceri.
Vi ho già presentato questa specie di Acero, con un esemplare in piazza Giovanni XXIII (post del 17/5/11) , peraltro piuttosto malconcio.
Tornando al nostro, ecco a destra un primo piano delle disamare, una pioggia di farfalline che costituiscono il frutto caratteristico degli Aceri.
Gli Aceri hanno un legame biunivoco così forte con le disamare che l'aspetto di queste ultime viene utilizzato per l'individuazione della specie. Per esempio il fatto che in queste disamare le ali formino un angolo di circa 60 gradi è elemento caratterizzante di questa specie, cioè dell'Acero negundo.
Insomma, anche se Cagliari non è città adatta per ammirare gli splendidi alberi che sono gli Aceri, ed il loro foliage, gli elementi di interesse degli esemplari presenti non mancano, e la loro rarità ne aumenta il fascino.
Gli spettacoli meravigliosi di questo genere sono, purtroppo, molto lontano da noi, a cominciare dal Canada; in Sardegna abbiamo comunque begli spettacoli in zone montuose, nel Goceano, o nei Supramonte, forniti dall'Acero trilobo, di cui abbiamo parlato (post del 15/10/12 e del 29/10/14 ).
Ed a Cagliari? A Cagliari nisba, verrebbe da dire, a meno che non cerchiamo qualcuno dei singoli, rarissimi esemplari di Acero presenti in città; è quello che io ho fatto, e ve ne presento uno.
Si tratta di un Acer negundo, scovato in un giardino condominiale di via Dublino, a Genneruxi; un esemplare piccolo, come si vede dal tronco, che ha già perso tutte le foglie ed è attualmente stracarico dei frutti, le tipiche disamare degli Aceri.
Vi ho già presentato questa specie di Acero, con un esemplare in piazza Giovanni XXIII (post del 17/5/11) , peraltro piuttosto malconcio.
Tornando al nostro, ecco a destra un primo piano delle disamare, una pioggia di farfalline che costituiscono il frutto caratteristico degli Aceri.
Gli Aceri hanno un legame biunivoco così forte con le disamare che l'aspetto di queste ultime viene utilizzato per l'individuazione della specie. Per esempio il fatto che in queste disamare le ali formino un angolo di circa 60 gradi è elemento caratterizzante di questa specie, cioè dell'Acero negundo.
Insomma, anche se Cagliari non è città adatta per ammirare gli splendidi alberi che sono gli Aceri, ed il loro foliage, gli elementi di interesse degli esemplari presenti non mancano, e la loro rarità ne aumenta il fascino.
martedì 25 ottobre 2016
Il sentiero del Cammino Nuovo, che peccato!
La terra e la ghiaia che costituivano i gradoni sono state dilavate dalle piogge torrenziali, e quello che resta sono le traversine ed i forti dislivelli, che rendono arduo il percorso per chiunque non sia dotato di buona prestanza fisica.
Peccato, perché il fascino di questo sentiero, appoggiato ai contrafforti del Bastione di S.Croce e con splendida vista in salita e in discesa, è grande.
Gli arbusti inseriti, tante piantine di Rosmarino ma anche alberelli di Callistemon ed Oleandro, lo migliorano ulteriormente, come si vede dalla foto a destra, ed è veramente una disdetta che risulti difficilmente percorribile.
Temo peraltro che, dati i problemi di molto più ampio respiro legati al nuovo parcheggio sotterraneo, difficilmente la situazione sarà sanata, perlomeno in tempi brevi.
Ed allora non ci resta che consolarci, e ci basta poco: un fiore di Cappero, prodotto dalle piante abbarbicate sul muraglione, ad inizio salita.
Non è periodo di fioritura, ma il clima è quello che è, ed ogni tanto anche il Cappero decide di fregarsene del periodo, e si presenta così ad ottobre avanzato.
venerdì 21 ottobre 2016
Una grande spalliera multicolore
Certo che vedere in pieno ottobre una spalliera fiorita di celeste, di rosso, di bianco non è usuale, anche per noi cagliaritani che pure siamo avvezzi alle fioriture autunnali; tanto più strano se la spalliera è piuttosto grande, e te la trovi davanti in viale Marconi andando verso il centro, poco prima del semaforo di via Cavaro.
Eccola qua: il sostengo principale sembra costituito da Yucca gloriosa, purtroppo già sfiorita (ma la città è piena di esemplari in fiore), su cui si arrampicano in ordine sparso Plumbago e Bougainvillea, con brattee rosse e bianche.
Un grande e simpatico miscuglio, che si erge per diversi metri dall'interno di un giardino condominiale, dando l'evidente impressione di voler debordare sulla strada.
Non so quanto sia amata dai condomini questa spalliera, ed immagino discussioni per valutare se abbatterla, tenerla o cercare di ridurla; intanto noi che transitiamo lì, finché c'è, ce la godiamo.
Eccola qua: il sostengo principale sembra costituito da Yucca gloriosa, purtroppo già sfiorita (ma la città è piena di esemplari in fiore), su cui si arrampicano in ordine sparso Plumbago e Bougainvillea, con brattee rosse e bianche.
Un grande e simpatico miscuglio, che si erge per diversi metri dall'interno di un giardino condominiale, dando l'evidente impressione di voler debordare sulla strada.
Non so quanto sia amata dai condomini questa spalliera, ed immagino discussioni per valutare se abbatterla, tenerla o cercare di ridurla; intanto noi che transitiamo lì, finché c'è, ce la godiamo.
martedì 18 ottobre 2016
La bellezza della nostra campagna, in autunno
Sappiamo che non è necessario andare tanto lontano dalla città per godere la bellezza di una campagna incontaminata; le montagne di Capoterra, per esempio, offrono grandi possibilità.
Eccoci allora lungo il rio Lilloni, che si può risalire percorrendo una strada sterrata che inizia dalla pedemontana di Sarroch; non c'è ancora tanta acqua, ma c'è, e gli scorci di interesse sono assicurati.
E allora, che alberi dobbiamo aspettarci lungo un ruscello? Ma naturalmente gli Ontani, Alnus glutinosa (post del 12/6/12), che si fanno trovare sempre dove c'è acqua.
Ecco un Ontano visto da vicino, che ci consente di apprezzare le infruttescenze a forma di piccola pigna, ma anche le infiorescenze verdi lunghe e sottili, che indicano il tentativo di seconda fioritura autunnale.
Ricordiamo che questa è una pianta monoica, cioè che ha sullo stesso albero le strutture riproduttive maschili e femminili.
E, a proposito di fiori, a sinistra un Carrubo, Ceratonia siliqua, (primo post del 2/12/10) che vicino all'Ontano espone le sue infiorescenze.
L'Ontano ed il Carrubo, due alberi molto diversi fra loro ma che sanno perfettamente convivere fianco a fianco e contribuire alla bellezza dei nostri boschi, anche a due passi dalla città.
Eccoci allora lungo il rio Lilloni, che si può risalire percorrendo una strada sterrata che inizia dalla pedemontana di Sarroch; non c'è ancora tanta acqua, ma c'è, e gli scorci di interesse sono assicurati.
E allora, che alberi dobbiamo aspettarci lungo un ruscello? Ma naturalmente gli Ontani, Alnus glutinosa (post del 12/6/12), che si fanno trovare sempre dove c'è acqua.
Ecco un Ontano visto da vicino, che ci consente di apprezzare le infruttescenze a forma di piccola pigna, ma anche le infiorescenze verdi lunghe e sottili, che indicano il tentativo di seconda fioritura autunnale.
Ricordiamo che questa è una pianta monoica, cioè che ha sullo stesso albero le strutture riproduttive maschili e femminili.
E, a proposito di fiori, a sinistra un Carrubo, Ceratonia siliqua, (primo post del 2/12/10) che vicino all'Ontano espone le sue infiorescenze.
L'Ontano ed il Carrubo, due alberi molto diversi fra loro ma che sanno perfettamente convivere fianco a fianco e contribuire alla bellezza dei nostri boschi, anche a due passi dalla città.
venerdì 14 ottobre 2016
L'Italia dei giardini, ed una bella sorpresa locale
Ho recentemente acquistato il libro "L'Italia dei giardini", edito dal TCI e frutto della collaborazione con l'Associazione Parchi e Giardini d'Italia (APGI), benemerita giovane associazione guidata dal famoso architetto Paolo Pejrone, grande progettista del verde.
Il libro comprende e descrive più di 200 fra parchi e giardini, pubblici e privati, in una catalogazione ben fatta e ricca di informazioni, che accompagna gli aspetti storici e turistici con quelli più propriamente botanici.
Ho notato con rammarico e dispiacere la limitatezza di questi luoghi nell'Italia meridionale, ed ancora di più nella nostra Isola, della quale vengono descritti solo 4 luoghi (contro, per esempio, i 38 del Veneto).
Per fortuna i miei pensieri negativi sono stati superati dalla contentezza, quando ho saputo che un nuovo giardino sardo è stato accettato di recente ed iscritto alla APGI, e precisamente il giardino del Lantana Resort di Pula, albergo di charme situato lungo la strada che conduce a Nora.
Sono andato a visitarlo e, accompagnato dal cortese proprietario amante del verde (elemento di fondamentale importanza!), ho potuto ammirare una struttura veramente bella, ben progettata, ben tenuta e ricca di specie anche molto rare; voglio condividere con voi alcuni scorci.
Ecco il comparto delle succulente, molto ben strutturato e con tante qualità di piante, che sembrano trovarsi molto bene.
Naturalmente il giardino è ricco di arbusti, a cominciare dalle Lantane in tutte le varietà di colore che hanno fornito ispirazione per il nome del resort, ed a seguire con meravigliosi Ibiscus, Oleandri ed arbusti della flora locale.
Ma il punto di forza è costituito dalla quantità di Palme e dalle loro varietà, con provenienze dalle più varie regioni del mondo.
L'ombra di alte Washingtonia filifera, disposte ad arco intorno alla piscina, sembra invitare a scoprire la quantità di altre Palme distribuite sul prato.
Ecco una bella Roystonea regia, Palma reale cubana, con lo stipite elegante segnato dalle cicatrici fogliari e l'aspetto piumoso e denso del fogliame.
Ed ancora due esemplari di Butia capitata, con lo stipite decorato dai vecchi piccioli.
Per la Roystonea e la Butia, mi sembra opportuno precisare che l'identificazione da me fatta si basa sui testi, e presenta qualche elemento di indeterminatezza. L'identificazione delle Palme è spesso molto difficile, anche per i botanici non specializzati in questa grande famiglia di piante, figuratevi per me!
Un gruppetto di Palme strane (non ci provo neanche, ad individuarle) ed in perfetta salute, come si vede dalle pannocchie cariche di frutti, vivono su un prato curatissimo, mentre sullo sfondo si intravede una bordura di Lantane multicolori.
Spero di essere riuscito a fornire almeno una idea di quanto questo luogo sia affascinante, e di quanto sarebbe opportuno che venisse aperto, nei tempi e nei modi più adeguati ad una struttura alberghiera, alla fruizione pubblica.
Sarebbe anche interessante, soprattutto per le Palme, dotare il giardino di cartellini di identificazione, ed il titolare mi ha assicurato che sta operando in tal senso.
Il libro comprende e descrive più di 200 fra parchi e giardini, pubblici e privati, in una catalogazione ben fatta e ricca di informazioni, che accompagna gli aspetti storici e turistici con quelli più propriamente botanici.
Ho notato con rammarico e dispiacere la limitatezza di questi luoghi nell'Italia meridionale, ed ancora di più nella nostra Isola, della quale vengono descritti solo 4 luoghi (contro, per esempio, i 38 del Veneto).
Per fortuna i miei pensieri negativi sono stati superati dalla contentezza, quando ho saputo che un nuovo giardino sardo è stato accettato di recente ed iscritto alla APGI, e precisamente il giardino del Lantana Resort di Pula, albergo di charme situato lungo la strada che conduce a Nora.
Sono andato a visitarlo e, accompagnato dal cortese proprietario amante del verde (elemento di fondamentale importanza!), ho potuto ammirare una struttura veramente bella, ben progettata, ben tenuta e ricca di specie anche molto rare; voglio condividere con voi alcuni scorci.
Ecco il comparto delle succulente, molto ben strutturato e con tante qualità di piante, che sembrano trovarsi molto bene.
Naturalmente il giardino è ricco di arbusti, a cominciare dalle Lantane in tutte le varietà di colore che hanno fornito ispirazione per il nome del resort, ed a seguire con meravigliosi Ibiscus, Oleandri ed arbusti della flora locale.
Ma il punto di forza è costituito dalla quantità di Palme e dalle loro varietà, con provenienze dalle più varie regioni del mondo.
L'ombra di alte Washingtonia filifera, disposte ad arco intorno alla piscina, sembra invitare a scoprire la quantità di altre Palme distribuite sul prato.
Ecco una bella Roystonea regia, Palma reale cubana, con lo stipite elegante segnato dalle cicatrici fogliari e l'aspetto piumoso e denso del fogliame.
Ed ancora due esemplari di Butia capitata, con lo stipite decorato dai vecchi piccioli.
Per la Roystonea e la Butia, mi sembra opportuno precisare che l'identificazione da me fatta si basa sui testi, e presenta qualche elemento di indeterminatezza. L'identificazione delle Palme è spesso molto difficile, anche per i botanici non specializzati in questa grande famiglia di piante, figuratevi per me!
Un gruppetto di Palme strane (non ci provo neanche, ad individuarle) ed in perfetta salute, come si vede dalle pannocchie cariche di frutti, vivono su un prato curatissimo, mentre sullo sfondo si intravede una bordura di Lantane multicolori.
Spero di essere riuscito a fornire almeno una idea di quanto questo luogo sia affascinante, e di quanto sarebbe opportuno che venisse aperto, nei tempi e nei modi più adeguati ad una struttura alberghiera, alla fruizione pubblica.
Sarebbe anche interessante, soprattutto per le Palme, dotare il giardino di cartellini di identificazione, ed il titolare mi ha assicurato che sta operando in tal senso.
martedì 11 ottobre 2016
La Fitolacca americana a Cagliari
La Phytolacca americana è uno strano ed affascinante arbusto spontaneo, noto soprattutto per i suoi frutti.
Ho avuto modo di conoscerlo a Villanova Strisaili, dove lo avevo fotografato e presentato al blog due anni fa (post del 21/10/14). E' una pianta erbacea tipicamente campagnola, abbastanza infestante, che cresce ai margini di terreni agricoli e campi coltivati; piuttosto nota nei nostri paesi dell'interno, dove viene chiamata con il simpatico nome di Pibireddu.
Dunque un arbusto che non mi sarei mai aspettato di trovare in piena città, e invece .....
A dire la verità è lui che mi ha trovato, nel senso che mi sono comparsi davanti agli occhi i bellissimi grappoli penduli mentre camminavo in via Palestrina, vicino al semaforo di Largo Gennari.
Eccole a sinistra, le bacche viola scuro lucide e turgide; difficile non vederle e non apprezzare il loro aspetto.
Magari è bene resistere alla tentazione di toccarle, queste bacche così attraenti, ed ancor più di assaggiarle: sono infatti velenose ed oltremodo macchianti, per cui liberarsi del loro colore sulle mani o sui vestiti diventa un problema.
Queste loro caratteristiche, che oggi ci appaiono solo negative, sono state in realtà di aiuto ai nostri avi, che usavano le bacche per colorare i tessuti e, nella medicina popolare, per curare malattie legate a carenze del sistema immunitario.
Insomma, come spesso accade, ad aspetti negativi si contrappongono elementi di fascino e di interesse etnico, per un arbusto che ha accompagnato ed aiutato l'esistenza quotidiana dei nostri nonni.
Ho avuto modo di conoscerlo a Villanova Strisaili, dove lo avevo fotografato e presentato al blog due anni fa (post del 21/10/14). E' una pianta erbacea tipicamente campagnola, abbastanza infestante, che cresce ai margini di terreni agricoli e campi coltivati; piuttosto nota nei nostri paesi dell'interno, dove viene chiamata con il simpatico nome di Pibireddu.
Dunque un arbusto che non mi sarei mai aspettato di trovare in piena città, e invece .....
A dire la verità è lui che mi ha trovato, nel senso che mi sono comparsi davanti agli occhi i bellissimi grappoli penduli mentre camminavo in via Palestrina, vicino al semaforo di Largo Gennari.
Eccole a sinistra, le bacche viola scuro lucide e turgide; difficile non vederle e non apprezzare il loro aspetto.
Magari è bene resistere alla tentazione di toccarle, queste bacche così attraenti, ed ancor più di assaggiarle: sono infatti velenose ed oltremodo macchianti, per cui liberarsi del loro colore sulle mani o sui vestiti diventa un problema.
Queste loro caratteristiche, che oggi ci appaiono solo negative, sono state in realtà di aiuto ai nostri avi, che usavano le bacche per colorare i tessuti e, nella medicina popolare, per curare malattie legate a carenze del sistema immunitario.
Insomma, come spesso accade, ad aspetti negativi si contrappongono elementi di fascino e di interesse etnico, per un arbusto che ha accompagnato ed aiutato l'esistenza quotidiana dei nostri nonni.
giovedì 6 ottobre 2016
La locanda dei buoni, dei cattivi e dei grandi
Il viale Merello, il viale Trento, e le zone limitrofe, rappresentano una zona della città molto vocata per il verde, anche se molto è verde privato.
Ne abbiamo parlato diverse volte, con riferimento alle tre ville vicine Devoto, Satta, Mazzella (post del 26/3/13), ma anche al viale Trento e dintorni (post del 4/4/13) ed in altre occasioni.
E parliamo di verde piuttosto "antico", risalente alla prima metà del secolo scorso o anche prima, che ha dato luogo ad una concentrazione, peculiare per Cagliari, di alberi grandi, anche enormi per i nostri parametri.
Ed è quest'ultima notazione che mi ha fatto tornare in questa zona, stimolato da una richiesta di identificazione di Giorgio, che ringrazio; siamo infatti in via Vittorio Veneto angolo viale Trento, e precisamente dove ha sede la Locanda di cui al titolo di questo post, a cui ho aggiunto l'attributo dei grandi a quello dei buoni e dei cattivi.
Ma, naturalmente, il nuovo attributo non è riferito agli umani, bensì agli alberi.
Ecco una foto che dimostra l'assunto, mettendo in evidenza, con uno scorcio del giardino ripreso da via Veneto, 3 alberi ben dimensionati.
Si tratta di una Catalpa bignonioides, a sinistra, di un enorme Ficus retusa, a destra, ed al centro di una novità assoluta: una maestosa Cassine crocea, la più alta.
La Cassine, chiamata anche col nome più difficile di Elaeodendron australe, è un albero di grande rarità per Cagliari, anche se un piccolo esemplare sorge proprio al centro di piazza Garibaldi, vicino al Pino delle Canarie.
Un altro esemplare, anch'esso maestoso, sorge all'interno del giardino della citata villa Satta, sede dello IED, e pochi altri in tutta la città.
Nella immagine di destra, ripresa da via Gorizia, si nota bene la grande cappa di verde a cui si aggiunge, sulla destra, una grande Robinia pseudoacacia.
Infine, ecco una foto ravvicinata della Cassine, che mette in evidenza il fogliame compatto e le drupe giallastre, immature (nei paesi di origine diventano rosse).
In conclusione, viale Trento continua a svelare sorprese arboree, e chissà quante altre ne restano da scoprire!
Ne abbiamo parlato diverse volte, con riferimento alle tre ville vicine Devoto, Satta, Mazzella (post del 26/3/13), ma anche al viale Trento e dintorni (post del 4/4/13) ed in altre occasioni.
E parliamo di verde piuttosto "antico", risalente alla prima metà del secolo scorso o anche prima, che ha dato luogo ad una concentrazione, peculiare per Cagliari, di alberi grandi, anche enormi per i nostri parametri.
Ed è quest'ultima notazione che mi ha fatto tornare in questa zona, stimolato da una richiesta di identificazione di Giorgio, che ringrazio; siamo infatti in via Vittorio Veneto angolo viale Trento, e precisamente dove ha sede la Locanda di cui al titolo di questo post, a cui ho aggiunto l'attributo dei grandi a quello dei buoni e dei cattivi.
Ma, naturalmente, il nuovo attributo non è riferito agli umani, bensì agli alberi.
Ecco una foto che dimostra l'assunto, mettendo in evidenza, con uno scorcio del giardino ripreso da via Veneto, 3 alberi ben dimensionati.
Si tratta di una Catalpa bignonioides, a sinistra, di un enorme Ficus retusa, a destra, ed al centro di una novità assoluta: una maestosa Cassine crocea, la più alta.
La Cassine, chiamata anche col nome più difficile di Elaeodendron australe, è un albero di grande rarità per Cagliari, anche se un piccolo esemplare sorge proprio al centro di piazza Garibaldi, vicino al Pino delle Canarie.
Un altro esemplare, anch'esso maestoso, sorge all'interno del giardino della citata villa Satta, sede dello IED, e pochi altri in tutta la città.
Nella immagine di destra, ripresa da via Gorizia, si nota bene la grande cappa di verde a cui si aggiunge, sulla destra, una grande Robinia pseudoacacia.
Infine, ecco una foto ravvicinata della Cassine, che mette in evidenza il fogliame compatto e le drupe giallastre, immature (nei paesi di origine diventano rosse).
In conclusione, viale Trento continua a svelare sorprese arboree, e chissà quante altre ne restano da scoprire!
martedì 4 ottobre 2016
Il prospetto ricoperto dal Glicine
Ho già parlato di una palazzina di via Canepa, traversa di via Palestrina, il cui prospetto è quasi completamente ricoperto da un Glicine, Wisteria sinensis, credo fra i più grandi della città. Ne ho parlato nel periodo della fioritura, in aprile, quando il popolo viola si manifesta in tutta la sua bellezza (post del 5/4/11).
Ma non finisce con la fioritura del Glicine, la bellezza di questa parete. Guardate che cosa è adesso.
Altro che giardino verticale! Uno splendore di verde, nel quale la fioritura della Bougainvillea, che fa compagnia al Glicine, compensa la mancanza di altri colori.
Infatti non c'è solo il Glicine, che pure costituisce l'"ossatura portante" della costruzione arborea; c'è appunto la Bougainvillea, ma anche il Plumbago e un grande Ibisco, e di contorno un arbusto di Ligustro e addirittura una grande Strelitzia.
In questa altra immagine, ripresa di fianco, si può notare l'altezza e lo spessore della parete verde.
Non c'è che da fare i complimenti ai condomini di questa palazzina, per aver saputo curare e mantenere, negli anni, questa bellezza, senza cedere, e speriamo che non accada, alla tentazione di liberarsi della spalliera.
Infatti, pur non conoscendo chi abita in quel condominio, so per certo che in ogni condominio c'è qualcuno che non ama le piante (sporcano, portano insetti, hanno radici invadenti, tolgono luce, il mantenimento costa ...), e che spesso riesce ad averla vinta.
Ripeto, speriamo che questo prospetto ricoperto di verde abbia lunga vita.
Ma non finisce con la fioritura del Glicine, la bellezza di questa parete. Guardate che cosa è adesso.
Altro che giardino verticale! Uno splendore di verde, nel quale la fioritura della Bougainvillea, che fa compagnia al Glicine, compensa la mancanza di altri colori.
Infatti non c'è solo il Glicine, che pure costituisce l'"ossatura portante" della costruzione arborea; c'è appunto la Bougainvillea, ma anche il Plumbago e un grande Ibisco, e di contorno un arbusto di Ligustro e addirittura una grande Strelitzia.
In questa altra immagine, ripresa di fianco, si può notare l'altezza e lo spessore della parete verde.
Non c'è che da fare i complimenti ai condomini di questa palazzina, per aver saputo curare e mantenere, negli anni, questa bellezza, senza cedere, e speriamo che non accada, alla tentazione di liberarsi della spalliera.
Infatti, pur non conoscendo chi abita in quel condominio, so per certo che in ogni condominio c'è qualcuno che non ama le piante (sporcano, portano insetti, hanno radici invadenti, tolgono luce, il mantenimento costa ...), e che spesso riesce ad averla vinta.
Ripeto, speriamo che questo prospetto ricoperto di verde abbia lunga vita.
sabato 1 ottobre 2016
Una castagna diversa
Una castagna. Così presto, con il riccio già aperto? Non è possibile, da noi si aprono a fine ottobre!
Invece è possibile, perché se andiamo oltre il primo sguardo fugace ci accorgiamo subito che non si tratta della castagna che ben conosciamo, frutto della Castanea sativa, ma del frutto di un Ippocastano, Aesculus hippocastanum.
Vediamo subito, infatti, che il riccio è piuttosto diverso, ha gli aculei piccoli e molli, mentre dobbiamo ammettere che la somiglianza delle castagne è notevole.
Eppure appartengono ad alberi sostanzialmente diversi, diverso ordine di discendenza (Fagales l'uno, Terebinthales l'altro), diverso aspetto, diversa foglia, diverso tutto, se si esclude il frutto, come vediamo.
E allora, il nostro bel riccio settembrino, con relativa castagna, apparteneva ad un Ippocastano di via Castiglione (post 8/4/11, fra gli altri), ai cui piedi lo ho raccolto ancora semichiuso.
Come abbiamo detto in passato, i nostri Ippocastani sono solo dei pallidi simulacri dei meravigliosi alberi da 20 metri delle regioni settentrionali italiane, dato che il clima cagliaritano non è adatto al loro sviluppo; però sono in grado di produrre splendidi fiori (post del 27/4/16) e, adesso lo sappiamo, anche bellissimi frutti!
Invece è possibile, perché se andiamo oltre il primo sguardo fugace ci accorgiamo subito che non si tratta della castagna che ben conosciamo, frutto della Castanea sativa, ma del frutto di un Ippocastano, Aesculus hippocastanum.
Vediamo subito, infatti, che il riccio è piuttosto diverso, ha gli aculei piccoli e molli, mentre dobbiamo ammettere che la somiglianza delle castagne è notevole.
Eppure appartengono ad alberi sostanzialmente diversi, diverso ordine di discendenza (Fagales l'uno, Terebinthales l'altro), diverso aspetto, diversa foglia, diverso tutto, se si esclude il frutto, come vediamo.
E allora, il nostro bel riccio settembrino, con relativa castagna, apparteneva ad un Ippocastano di via Castiglione (post 8/4/11, fra gli altri), ai cui piedi lo ho raccolto ancora semichiuso.
Come abbiamo detto in passato, i nostri Ippocastani sono solo dei pallidi simulacri dei meravigliosi alberi da 20 metri delle regioni settentrionali italiane, dato che il clima cagliaritano non è adatto al loro sviluppo; però sono in grado di produrre splendidi fiori (post del 27/4/16) e, adesso lo sappiamo, anche bellissimi frutti!
giovedì 29 settembre 2016
I Gelsi penduli in versione estiva
Parliamo oggi dei Gelsi, veramente rari, che si trovano davanti all'ingresso degli uffici comunali nella ex-Vetreria di Pirri, nel piacevole parco della frazione.
Ne avevamo già parlato, di questo alberello, Morus alba varietà pendula, sia quando vi ho presentato il parco nel suo insieme (post 19/12/11) e questo albero era a me sconosciuto, sia quando lo ho identificato come Gelso (post del 19/1/15), apprezzandone molto in ambedue i casi lo scheletro di rami arcuati e bitorzoluti.
Mancava la versione estiva, ed eccola qua.
Carichi di foglie arruffate, compatte e diverse fra loro come è tipico dei Gelsi, a formare una sorta di panettone, sono decisamente da ammirare.
Non sono presenti frutti, un po' perché è tardi, ma probabilmente anche perché questi sono alberi cosiddetti fruitless, cioè selezionati per non produrre frutti.
Infatti la abbondante produzione di more è la principale criticità dei Gelsi, perché i frutti spiaccicati a terra non sono né gradevoli né facili da eliminare.
Ecco un'altra foto dell'esemplare di sinistra, che mette in evidenza le foglie e l'assetto.
Devo confessare che il mio incontro estivo con questi alberelli è stato casuale, ancorché mi fossi ripromesso di venirci appositamente; in realtà, ero lì per ritirare le buste della spazzatura!
Adesso non resta che ripromettersi di ammirarli a fine autunno, se è vero che in questa varietà il viraggio di colore delle foglie prima della caduta è molto bello; vediamo se questa volta me ne ricordo!
Ne avevamo già parlato, di questo alberello, Morus alba varietà pendula, sia quando vi ho presentato il parco nel suo insieme (post 19/12/11) e questo albero era a me sconosciuto, sia quando lo ho identificato come Gelso (post del 19/1/15), apprezzandone molto in ambedue i casi lo scheletro di rami arcuati e bitorzoluti.
Mancava la versione estiva, ed eccola qua.
Carichi di foglie arruffate, compatte e diverse fra loro come è tipico dei Gelsi, a formare una sorta di panettone, sono decisamente da ammirare.
Non sono presenti frutti, un po' perché è tardi, ma probabilmente anche perché questi sono alberi cosiddetti fruitless, cioè selezionati per non produrre frutti.
Infatti la abbondante produzione di more è la principale criticità dei Gelsi, perché i frutti spiaccicati a terra non sono né gradevoli né facili da eliminare.
Ecco un'altra foto dell'esemplare di sinistra, che mette in evidenza le foglie e l'assetto.
Devo confessare che il mio incontro estivo con questi alberelli è stato casuale, ancorché mi fossi ripromesso di venirci appositamente; in realtà, ero lì per ritirare le buste della spazzatura!
Adesso non resta che ripromettersi di ammirarli a fine autunno, se è vero che in questa varietà il viraggio di colore delle foglie prima della caduta è molto bello; vediamo se questa volta me ne ricordo!