Parliamo oggi dei Gelsi, veramente rari, che si trovano davanti all'ingresso degli uffici comunali nella ex-Vetreria di Pirri, nel piacevole parco della frazione.
Ne avevamo già parlato, di questo alberello, Morus alba varietà pendula, sia quando vi ho presentato il parco nel suo insieme (post 19/12/11) e questo albero era a me sconosciuto, sia quando lo ho identificato come Gelso (post del 19/1/15), apprezzandone molto in ambedue i casi lo scheletro di rami arcuati e bitorzoluti.
Mancava la versione estiva, ed eccola qua.
Carichi di foglie arruffate, compatte e diverse fra loro come è tipico dei Gelsi, a formare una sorta di panettone, sono decisamente da ammirare.
Non sono presenti frutti, un po' perché è tardi, ma probabilmente anche perché questi sono alberi cosiddetti fruitless, cioè selezionati per non produrre frutti.
Infatti la abbondante produzione di more è la principale criticità dei Gelsi, perché i frutti spiaccicati a terra non sono né gradevoli né facili da eliminare.
Ecco un'altra foto dell'esemplare di sinistra, che mette in evidenza le foglie e l'assetto.
Devo confessare che il mio incontro estivo con questi alberelli è stato casuale, ancorché mi fossi ripromesso di venirci appositamente; in realtà, ero lì per ritirare le buste della spazzatura!
Adesso non resta che ripromettersi di ammirarli a fine autunno, se è vero che in questa varietà il viraggio di colore delle foglie prima della caduta è molto bello; vediamo se questa volta me ne ricordo!
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giovedì 29 settembre 2016
lunedì 26 settembre 2016
Che elegante il Cirmolo, profumato e salubre
Peccato che non sia albero adatto al nostro clima, il Pinus cembra, Cirmolo per gli amici, dato che è pieno di virtù.
La prima virtù è che è facilmente riconoscibile rispetto agli altri Pini, dato che ha gli aghi riuniti in fascetti da 5 elementi, eccezione rispetto allo standard usuale da noi di 2 (Pino da pinoli, Pino d'Aleppo ....) ed alla peculiarità di 3 (Pino delle Canarie ...). Conoscendo questa virtù almeno possiamo fare bella figura con gli amici quando andiamo a fare escursioni in Alto Adige, dove questo albero è di casa.
E che sia elegante non ci sono dubbi, se guardiamo questo esemplare isolato, ripreso nello splendido altipiano di Prato Piazza, appunto in Alto Adige.
Il Cirmolo è una conifera presente in tutto l'arco alpino, ma particolarmente "curata" in Val di Fiemme ed in Alto Adige, dove il suo legno è molto utilizzato per sculture ed intagli, avendo anche un bel colore chiaro ed un gradevole profumo, oltre che pinoli eduli e buoni come i nostri.
Ma i suoi pregi non si fermano qui, dato che sembra possedere virtù balsamiche, terapeutiche ed antibatteriche.
Da sempre gli Altoatesini lo usano per costruire letti e culle, per la sua capacità di aiutare il buon riposo, ma più recentemente è stato dimostrato che respirare i suoi influssi profumati riduce la frequenza cardiaca ed aiuta il rilassamento .
Diversi alberghi e SPA propongono trattamenti al Cirmolo, con segatura, bastoncini ed oli essenziali; addirittura viene realizzato e venduto il cuscino contenente trucioli di questo Pino.
Io non so dire fino a che punto le doti citate siano vere e da che punto in poi siano marketing; restano però i dati oggettivi di un albero elegante e profumato da vivo e molto generoso da morto, doti che a noi che non abbiamo i Cembri non possono che generare un po' di invidia, unita al rispetto ed all'ammirazione.
La prima virtù è che è facilmente riconoscibile rispetto agli altri Pini, dato che ha gli aghi riuniti in fascetti da 5 elementi, eccezione rispetto allo standard usuale da noi di 2 (Pino da pinoli, Pino d'Aleppo ....) ed alla peculiarità di 3 (Pino delle Canarie ...). Conoscendo questa virtù almeno possiamo fare bella figura con gli amici quando andiamo a fare escursioni in Alto Adige, dove questo albero è di casa.
E che sia elegante non ci sono dubbi, se guardiamo questo esemplare isolato, ripreso nello splendido altipiano di Prato Piazza, appunto in Alto Adige.
Il Cirmolo è una conifera presente in tutto l'arco alpino, ma particolarmente "curata" in Val di Fiemme ed in Alto Adige, dove il suo legno è molto utilizzato per sculture ed intagli, avendo anche un bel colore chiaro ed un gradevole profumo, oltre che pinoli eduli e buoni come i nostri.
Ma i suoi pregi non si fermano qui, dato che sembra possedere virtù balsamiche, terapeutiche ed antibatteriche.
Da sempre gli Altoatesini lo usano per costruire letti e culle, per la sua capacità di aiutare il buon riposo, ma più recentemente è stato dimostrato che respirare i suoi influssi profumati riduce la frequenza cardiaca ed aiuta il rilassamento .
Diversi alberghi e SPA propongono trattamenti al Cirmolo, con segatura, bastoncini ed oli essenziali; addirittura viene realizzato e venduto il cuscino contenente trucioli di questo Pino.
Io non so dire fino a che punto le doti citate siano vere e da che punto in poi siano marketing; restano però i dati oggettivi di un albero elegante e profumato da vivo e molto generoso da morto, doti che a noi che non abbiamo i Cembri non possono che generare un po' di invidia, unita al rispetto ed all'ammirazione.
giovedì 22 settembre 2016
Fioritura autunnale: ci stanno provando gusto!
Il primo albero che ci viene in mente è la Jacaranda mimosaefolia, certo. L'abbiamo sempre apprezzata, e celebrata, per la sua doppia fioritura, quella primaverile prima di mettere le foglie e quella autunnale, in ottobre.
Ma non è più sola, la Jacaranda, ad avere questa abitudine, e comunque ad aver allungato il suo periodo di fioritura (si veda anche quanto detto nel post del 27/8/15); ci stanno provando altri alberi, in città.
La Sophora japonica, per esempio, oltre all'esplosione di luglio ha ripreso a fiorire, in diversi esemplari cittadini; meno, magari solo nella parte più alta della chioma, ma comunque in maniera evidente.
E che dire della splendida Erythrina cristagalli, la signora in rosso per intenderci (post del 5/6/14) ?
La foto è di alcuni giorni fa, e riprende l'esemplare del parco Vannelli, ma anche quella di via Boccaccio è fiorita.
Fra l'altro, questa fioritura non può proprio passare inosservata; anche gli esemplari pubblici, per esempio quelli dei giardinetti spartitraffico (p.es. post del 2/6/12) ci stanno provando, anche se con fiori pallidi e stentati.
Ed anche l'Albizzia julibrissin, Acacia di Costantinopoli, non si accontenta più della fioritura di fine giugno (post del 28/6/15).
Insomma, che cosa sta succedendo? Niente di particolare, direi, sono gli effetti della tropicalizzazione del nostro clima che, alla lunga, determinano questa realtà. Tutti gli alberi di origine sub-tropicale, per non dire gli arbusti, si predispongono ad una doppia fioritura, di inizio e fine stagione, o anche ad una fioritura continua durante la lunga stagione "estiva" che va da marzo ad ottobre, con temperature elevate e precipitazioni modeste.
E' una cosa apprezzabile questo fenomeno? Io non ne sono convinto, preferisco la fioritura classica unica del nostro clima temperato (con l'eccezione della Jacaranda, of course!), che quando arriva esplode e ci ripaga dell'attesa; inoltre apprezzo molto gli alberi che esprimono la loro bellezza con le foglie, o anche con il solo scheletro invernale. Però naturalmente queste sono valutazioni soggettive.
Restano, oggettivi, i cambiamenti climatici e la minore piovosità, concentrata e deleteria, come da recentissima dimostrazione notturna; direi che di questi possiamo solo lamentarci.
Ma non è più sola, la Jacaranda, ad avere questa abitudine, e comunque ad aver allungato il suo periodo di fioritura (si veda anche quanto detto nel post del 27/8/15); ci stanno provando altri alberi, in città.
La Sophora japonica, per esempio, oltre all'esplosione di luglio ha ripreso a fiorire, in diversi esemplari cittadini; meno, magari solo nella parte più alta della chioma, ma comunque in maniera evidente.
E che dire della splendida Erythrina cristagalli, la signora in rosso per intenderci (post del 5/6/14) ?
La foto è di alcuni giorni fa, e riprende l'esemplare del parco Vannelli, ma anche quella di via Boccaccio è fiorita.
Fra l'altro, questa fioritura non può proprio passare inosservata; anche gli esemplari pubblici, per esempio quelli dei giardinetti spartitraffico (p.es. post del 2/6/12) ci stanno provando, anche se con fiori pallidi e stentati.
Ed anche l'Albizzia julibrissin, Acacia di Costantinopoli, non si accontenta più della fioritura di fine giugno (post del 28/6/15).
Insomma, che cosa sta succedendo? Niente di particolare, direi, sono gli effetti della tropicalizzazione del nostro clima che, alla lunga, determinano questa realtà. Tutti gli alberi di origine sub-tropicale, per non dire gli arbusti, si predispongono ad una doppia fioritura, di inizio e fine stagione, o anche ad una fioritura continua durante la lunga stagione "estiva" che va da marzo ad ottobre, con temperature elevate e precipitazioni modeste.
E' una cosa apprezzabile questo fenomeno? Io non ne sono convinto, preferisco la fioritura classica unica del nostro clima temperato (con l'eccezione della Jacaranda, of course!), che quando arriva esplode e ci ripaga dell'attesa; inoltre apprezzo molto gli alberi che esprimono la loro bellezza con le foglie, o anche con il solo scheletro invernale. Però naturalmente queste sono valutazioni soggettive.
Restano, oggettivi, i cambiamenti climatici e la minore piovosità, concentrata e deleteria, come da recentissima dimostrazione notturna; direi che di questi possiamo solo lamentarci.
sabato 17 settembre 2016
Trattamenti drastici su Pini di Pescara e nostre Jacarande
Che cosa mai tiene assieme, vi starete chiedendo, le piante citate nel titolo, così diverse fra loro e soprattutto separate dal Tirreno?
Provo a rispondere, partendo dai fatti di Pescara, oggi riportati su molti giornali e dei quali ho sentito parlare anche su Radio 3: il sindaco di questa città è sotto accusa perché intende estirpare 121 Pini (forse Pini d'Aleppo, ma questo non viene, colpevolmente, precisato) dichiarati pericolosi. E' il trattamento drastico per eccellenza, cioè l'eliminazione, che sta dando luogo a proteste anche molto pesanti, blocchi stradali, interventi di personaggi importanti, etc.
Per le Jacarande cagliaritane il trattamento, per quanto drastico come lo avevo definito all'inizio di agosto (post del 5/8/16), è stato di tutt'altra natura, essendo consistito nella capitozzatura primaverile degli alberi di via Dante, e sta dando tutt'altro esito, cioè la veloce ripresa dei nostri alberi e addirittura la loro fioritura autunnale, ancorché anche questo intervento fosse stato accolto da vivaci e reiterate proteste.
Primo punto in comune, quindi, le proteste per gli interventi dell'amministrazione pubblica sugli alberi, ed in questo Cagliari non è seconda a nessuno (piazza Garibaldi, viale Regina Elena, rotatoria di viale Trento, solo per fare alcuni esempi).
Secondo punto in comune, importantissimo, Cagliari è città carica di Pini, e non tutti godono di buona salute. Il caso Pescara potrebbe riproporsi da noi a breve, se pensiamo ai Pini di viale Diaz (alcuni già abbattuti in zona stadio Amsicora, per es.) o a quelli di viale Buoncammino, zona vecchie carceri.
Terzo punto in comune, la pericolosità di certi alberi, per assetto, vecchiaia o malattia. A Pescara la pericolosità è stata certificata, ma questa è un'arma a doppio taglio, perché consente di pararsi le spalle senza farsi troppe domande, e viene spesso sbandierata come baluardo contro qualsiasi contestazione. Meglio operare con buon senso e controlli preventivi, ed agire senza bisogno di certificati in quei casi mirati dove il buon senso e la pratica dei tecnici consigliano l'intervento. Voglio dire che in viale Buoncammino, per esempio, per alcuni Pini d'Aleppo non è necessario alcun certificato per affermare che sono pericolosi, che sono arrivati alla fine del ciclo di vita, e che la situazione di tronco e radici non lascia scampo.
E le Jacarande, albero simbolo della nostra città, non sono purtroppo esenti dal problema pericolosità, dato che le loro fronde dense e persistenti fino all'inverno le espongono alle nostre maestralate, magari in presenza di forti piogge come in questi giorni, e non possono purtroppo ridurre la superficie esposta al vento per difendersi, come si fa su una barca a vela!
Guardate per esempio questa Jacaranda di via Pessina, a fianco del Palazzo di Giustizia: io mi auguro che viva serena altri cent'anni, ma non posso non notare quanto il tronco sia piegato sulla sinistra, e la grande parte della densa chioma sia posizionata a sinistra del tronco, peggiorando la situazione.
Ecco, questo albero ed altri in situazione simile meriterebbero un monitoraggio con una certa frequenza.
La smetto qui, anche se l'argomento è di grande interesse e si presta a tante osservazioni, ma voglio terminare con un suggerimento, se mi posso permettere, al sindaco di Pescara ed ai tanti altri che impugnano l'arma del "Ne ripianteremo il doppio di quelli che togliamo!". Eccolo:
Evitate di usare questa motivazione, o vogliamo confrontare un virgulto, per esempio di giovane Pino da 50 cm di altezza, con un esemplare grande e che ha accompagnato la nostra vita, quella dei nostri padri e dei nostri nonni, magari per più di 100 anni? Ma per favore!
Provo a rispondere, partendo dai fatti di Pescara, oggi riportati su molti giornali e dei quali ho sentito parlare anche su Radio 3: il sindaco di questa città è sotto accusa perché intende estirpare 121 Pini (forse Pini d'Aleppo, ma questo non viene, colpevolmente, precisato) dichiarati pericolosi. E' il trattamento drastico per eccellenza, cioè l'eliminazione, che sta dando luogo a proteste anche molto pesanti, blocchi stradali, interventi di personaggi importanti, etc.
Per le Jacarande cagliaritane il trattamento, per quanto drastico come lo avevo definito all'inizio di agosto (post del 5/8/16), è stato di tutt'altra natura, essendo consistito nella capitozzatura primaverile degli alberi di via Dante, e sta dando tutt'altro esito, cioè la veloce ripresa dei nostri alberi e addirittura la loro fioritura autunnale, ancorché anche questo intervento fosse stato accolto da vivaci e reiterate proteste.
Primo punto in comune, quindi, le proteste per gli interventi dell'amministrazione pubblica sugli alberi, ed in questo Cagliari non è seconda a nessuno (piazza Garibaldi, viale Regina Elena, rotatoria di viale Trento, solo per fare alcuni esempi).
Secondo punto in comune, importantissimo, Cagliari è città carica di Pini, e non tutti godono di buona salute. Il caso Pescara potrebbe riproporsi da noi a breve, se pensiamo ai Pini di viale Diaz (alcuni già abbattuti in zona stadio Amsicora, per es.) o a quelli di viale Buoncammino, zona vecchie carceri.
Terzo punto in comune, la pericolosità di certi alberi, per assetto, vecchiaia o malattia. A Pescara la pericolosità è stata certificata, ma questa è un'arma a doppio taglio, perché consente di pararsi le spalle senza farsi troppe domande, e viene spesso sbandierata come baluardo contro qualsiasi contestazione. Meglio operare con buon senso e controlli preventivi, ed agire senza bisogno di certificati in quei casi mirati dove il buon senso e la pratica dei tecnici consigliano l'intervento. Voglio dire che in viale Buoncammino, per esempio, per alcuni Pini d'Aleppo non è necessario alcun certificato per affermare che sono pericolosi, che sono arrivati alla fine del ciclo di vita, e che la situazione di tronco e radici non lascia scampo.
E le Jacarande, albero simbolo della nostra città, non sono purtroppo esenti dal problema pericolosità, dato che le loro fronde dense e persistenti fino all'inverno le espongono alle nostre maestralate, magari in presenza di forti piogge come in questi giorni, e non possono purtroppo ridurre la superficie esposta al vento per difendersi, come si fa su una barca a vela!
Guardate per esempio questa Jacaranda di via Pessina, a fianco del Palazzo di Giustizia: io mi auguro che viva serena altri cent'anni, ma non posso non notare quanto il tronco sia piegato sulla sinistra, e la grande parte della densa chioma sia posizionata a sinistra del tronco, peggiorando la situazione.
Ecco, questo albero ed altri in situazione simile meriterebbero un monitoraggio con una certa frequenza.
La smetto qui, anche se l'argomento è di grande interesse e si presta a tante osservazioni, ma voglio terminare con un suggerimento, se mi posso permettere, al sindaco di Pescara ed ai tanti altri che impugnano l'arma del "Ne ripianteremo il doppio di quelli che togliamo!". Eccolo:
Evitate di usare questa motivazione, o vogliamo confrontare un virgulto, per esempio di giovane Pino da 50 cm di altezza, con un esemplare grande e che ha accompagnato la nostra vita, quella dei nostri padri e dei nostri nonni, magari per più di 100 anni? Ma per favore!
giovedì 15 settembre 2016
Il Sorbo degli uccellatori
Ha un nome comune molto caratteristico e significativo, il nuovo albero del quale vi parlo oggi. In realtà il Sorbo degli uccellatori, Sorbus aucuparia il suo nome scientifico, si porta appresso questo nome per il suo diffuso utilizzo, spero ormai desueto, nell'attirare gli uccelletti, ghiotti dei suoi frutti, a portata di fucile o di trappola predisposta dagli uccellatori.
Per capire di che cosa stiamo parlando, vi presento subito un esemplare cespuglioso ornamentale, fotografato a Dobbiaco in Alto Adige all'inizio di settembre.
La bellezza di questo albero è data soprattutto dalla fruttificazione di fine estate, costituita da infruttescenze a grappolo di piccoli pomi dal colore arancio-rossastro; un impatto estetico veramente notevole, che fa sì che questi Sorbi siano i prediletti di molti splendidi paesini dell'Alto Adige per le loro alberature stradali.
Purtroppo questo albero non è presente da noi, o è raro, dato che predilige quote collinari e vegeta bene fino quasi ai 2000 metri di altitudine.
Ecco a destra un altro esemplare stradale, con i frutti più rossi e l'assetto da alberello, come si desume dal fusto eretto. Un vero spettacolo di colore, fra l'altro persistente nei mesi autunnali, che si aggiunge, nei paesini dell'Alto Adige, al colore delle fioriture sui balconi.
Ma, se questo albero svolge un ruolo importante nel caratterizzare la bellezza dei paesi altoatesini, non dobbiamo dimenticare che è un albero spontaneo, che cresce bene ai margini di boschi e foreste.
E infatti, nel grande numero di passeggiate ed escursioni che si possono fare in Alto Adige, è facilissimo incontrare questo Sorbo, a rallegrare il cammino e formare contrasto rosso rispetto ai pur meravigliosi colori verdi di Abeti e Larici.
Ecco il particolare di un ramo di Sorbo spontaneo, che si gode il terreno umido e fresco al bordo del meraviglioso lago di Braies, vicino a San Candido: un bello spettacolo, non c'è che dire!
Per capire di che cosa stiamo parlando, vi presento subito un esemplare cespuglioso ornamentale, fotografato a Dobbiaco in Alto Adige all'inizio di settembre.
La bellezza di questo albero è data soprattutto dalla fruttificazione di fine estate, costituita da infruttescenze a grappolo di piccoli pomi dal colore arancio-rossastro; un impatto estetico veramente notevole, che fa sì che questi Sorbi siano i prediletti di molti splendidi paesini dell'Alto Adige per le loro alberature stradali.
Purtroppo questo albero non è presente da noi, o è raro, dato che predilige quote collinari e vegeta bene fino quasi ai 2000 metri di altitudine.
Ecco a destra un altro esemplare stradale, con i frutti più rossi e l'assetto da alberello, come si desume dal fusto eretto. Un vero spettacolo di colore, fra l'altro persistente nei mesi autunnali, che si aggiunge, nei paesini dell'Alto Adige, al colore delle fioriture sui balconi.
Ma, se questo albero svolge un ruolo importante nel caratterizzare la bellezza dei paesi altoatesini, non dobbiamo dimenticare che è un albero spontaneo, che cresce bene ai margini di boschi e foreste.
E infatti, nel grande numero di passeggiate ed escursioni che si possono fare in Alto Adige, è facilissimo incontrare questo Sorbo, a rallegrare il cammino e formare contrasto rosso rispetto ai pur meravigliosi colori verdi di Abeti e Larici.
Ecco il particolare di un ramo di Sorbo spontaneo, che si gode il terreno umido e fresco al bordo del meraviglioso lago di Braies, vicino a San Candido: un bello spettacolo, non c'è che dire!
giovedì 8 settembre 2016
La Plumeria, una gradita novità!
E' da diverso tempo che dovevo parlare di questo arbusto/alberello, stimolato da alcuni amici del blog che ne posseggono esemplari nel loro terrazzo o giardino.
La Plumeria rubra, il cui nome rimanda ai fiori rossi, anche se la sottospecie più comune ha i fiori bianchi, è appunto nota per gli eleganti e profumati fiori; li ho potuti apprezzare personalmente, in esemplare di terrazzo, ma aspettavo un esemplare facilmente visibile da tutti per presentarvelo rispettando lo spirito del blog.
Ed il momento è arrivato, grazie alla segnalazione di Vanja, che ringrazio: si tratta di un esemplare piuttosto grande, che si trova in un cortile condominiale di via Lombardia, ai numeri civici 20-24. Dunque un esemplare privato, ma ben visibile dall'esterno: eccolo qui.
Un bell'alberello, sano, con le lunghe foglie lanceolate e le nervature in evidenza, che denotano qualche rassomiglianza con il Nespolo (post del 25/11/12).
La Plumeria è di origine centroamericana, dunque fascia tropicale e subtropicale; in Italia si trova abbondantemente in Sicilia, dove è nota con il nome Pomelia o Frangipani (pare dal cognome di una famiglia di profumieri italiani).
Infatti la sua vera bellezza sono i fiori, come dicevamo eleganti e profumati, di cui è dotato anche il nostro esemplare, come possiamo notare dalla foto a destra.
Purtroppo la foto non è bene a fuoco, dato che i fiori (forse gli ultimi della annata) sono in alto, ma ci consente di apprezzare le caratteristiche, 5 petali bianchi sfumati al centro di giallo.
In questo incontro non ho potuto apprezzare il profumo, che è bellissimo e si esprime soprattutto la mattina; inoltre i fiori hanno consistenza di porcellana e sono sodi. La loro bellezza continua ad esprimersi anche dopo la caduta o il taglio, tanto è vero che sono famosi gli intrecci composti dalle fioraie delle Hawaii.
Insomma, un altro grande regalo della Natura, che meriterebbe una maggiore diffusione in luoghi pubblici, anche se pare che la Plumeria sia piuttosto fragile di radici e quindi poco propensa a reggere le nostre maestralate. Qualche cautela allora, ma proviamoci!
La Plumeria rubra, il cui nome rimanda ai fiori rossi, anche se la sottospecie più comune ha i fiori bianchi, è appunto nota per gli eleganti e profumati fiori; li ho potuti apprezzare personalmente, in esemplare di terrazzo, ma aspettavo un esemplare facilmente visibile da tutti per presentarvelo rispettando lo spirito del blog.
Ed il momento è arrivato, grazie alla segnalazione di Vanja, che ringrazio: si tratta di un esemplare piuttosto grande, che si trova in un cortile condominiale di via Lombardia, ai numeri civici 20-24. Dunque un esemplare privato, ma ben visibile dall'esterno: eccolo qui.
Un bell'alberello, sano, con le lunghe foglie lanceolate e le nervature in evidenza, che denotano qualche rassomiglianza con il Nespolo (post del 25/11/12).
La Plumeria è di origine centroamericana, dunque fascia tropicale e subtropicale; in Italia si trova abbondantemente in Sicilia, dove è nota con il nome Pomelia o Frangipani (pare dal cognome di una famiglia di profumieri italiani).
Infatti la sua vera bellezza sono i fiori, come dicevamo eleganti e profumati, di cui è dotato anche il nostro esemplare, come possiamo notare dalla foto a destra.
Purtroppo la foto non è bene a fuoco, dato che i fiori (forse gli ultimi della annata) sono in alto, ma ci consente di apprezzare le caratteristiche, 5 petali bianchi sfumati al centro di giallo.
In questo incontro non ho potuto apprezzare il profumo, che è bellissimo e si esprime soprattutto la mattina; inoltre i fiori hanno consistenza di porcellana e sono sodi. La loro bellezza continua ad esprimersi anche dopo la caduta o il taglio, tanto è vero che sono famosi gli intrecci composti dalle fioraie delle Hawaii.
Insomma, un altro grande regalo della Natura, che meriterebbe una maggiore diffusione in luoghi pubblici, anche se pare che la Plumeria sia piuttosto fragile di radici e quindi poco propensa a reggere le nostre maestralate. Qualche cautela allora, ma proviamoci!
lunedì 5 settembre 2016
Una strana pianta erbacea selvatica
Eccola qui la strana pianta erbacea, o meglio quello che finora è cresciuto: una infiorescenza al termine di un lungo fusto violaceo, tecnicamente uno scapo fiorifero.
Mi chiede l'identificazione, mandandomi la foto, Andrea; per fortuna, di fronte alle mie difficoltà (acuite dalla presenza nello stesso vaso di un cavolo, del tutto estraneo all'infiorescenza), lo stesso Andrea mi ha riscritto, proponendomi lui stesso una identificazione che mi sembra assolutamente corretta.
Si tratta dunque di una Scilla marittima, nome scientifico Drimia maritima o ancora Urginea maritima, detta anche comunemente cipolla marina, dato che è una bulbacea appartenente alla famiglia delle Liliacee..
Pensate che il bulbo è stato prelevato dalla nostra isola di Molara, praticamente in riva al mare.
Leggo da Wikipedia, al quale rimando chi volesse approfondire, che dopo lo scapo florale (simile al comune Asfodelo, che appartiene infatti alla stessa famiglia) il bulbo emetterà le foglie in forma di rosetta basale.
Dai miei testi traggo invece che è una pianta abbastanza conosciuta nella Sardegna tradizionale, ed il suo bulbo veniva largamente utilizzato nella medicina popolare e magica, spesso dopo trattamenti di essiccamento, arrostimento o bolliture varie.
Quello che è certo è che il bulbo, allo stato naturale, è velenoso, per cui consiglio senz'altro ad Andrea di rinunciare al consumo del cavolo che cresce a fianco della sua Scilla; meglio un cavolo in meno ed una Scilla ( fra l'altro certamente pianta rara "in cattività") in più, a vantaggio della salute e dell'estetica!