Oggi il cesto dei post propone...

Oggi il cesto dei post propone... Le stagioni della Melia

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post del 25 gennaio 2012
post del 13 maggio 2011
post del 5 marzo 2012
post del 17 maggio 2015
post del 28 aprile 2018

giovedì 28 luglio 2016

Le Yucche della California in fiamme

Oggi andiamo non solo fuori città, ma addirittura ci spostiamo nel continente americano, anche se l'argomento, il fuoco che distrugge la Natura, ci è molto vicino.

Parliamo delle migliaia di ettari di vegetazione che il fuoco si sta mangiando in California, dopo essere esploso alcuni giorni fa per cause ancora da chiarire (mentre da noi le cause sono spesso, purtroppo, l'unica cosa certa).

Traggo lo spunto da una fotografia molto impressionante, che riprende una Yucca in preda alle fiamme. Eccola qui.

E' stata pubblicata ieri su Repubblica, ed è del fotografo McNew che lavora per l'Agenzia Getty Images, di cui vi consiglio una visita al sito.

Questa Yucca, nome scientifico Yucca brevifolia, non è una pianta qualsiasi, ma una pianta endemica e caratteristica di queste zone del sud-ovest degli Stati uniti, tanto da aver dato il nome ad un parco nazionale, il Parco nazionale del Joshua tree, dal suo nome comune americano.

La Yucca brevifolia è parente stretta della nostra Yucca gloriosa (post 11/12/14), pur avendo la foglia molto più corta (come dice il nome, brevità motivata da esigenze climatiche) e dimensioni maggiori, ma neanche poi tanto, se pensiamo per esempio all'esemplare del parco Vannelli (post del 1/2/16).

Alcuni dei lettori, diciamo fra quelli giovani ma non più giovanissimi, si staranno chiedendo: ma io questo nome, Joshua tree, lo conosco, perché? Ma certo che lo conoscete, ed avete amato le canzoni che conteneva, perché Joshua tree è il titolo di un famosissimo album degli U2.



Ed eccolo lo Joshua tree rappresentato nella copertina dell'album, omaggio della band agli Stati Uniti.

Guardate che forma particolare, che fascino, un po' come hanno molti nostri Olivastri; e pensare che c'è qualche "essere umano" che provvede a distruggerne con il fuoco grandi quantità, ogni anno!

domenica 24 luglio 2016

Una scoperta eccezionale

Mi scuso per il titolo iperbolico, ma ritengo che la scoperta di oggi meriti di essere definita eccezionale, almeno nell'ambito degli alberi cagliaritani, che costituiscono il nostro principale orizzonte.

Parliamo di un albero la cui identificazione mi perseguita dall'inizio di quest'anno, da quando cioè Bruno, affezionato lettore del blog, mi ha chiesto di identificarlo.



Eccolo qui l'oggetto misterioso, fotografato il 31 gennaio di quest'anno: si trova dove proprio non ti aspetti, in via Tempio di fronte al civico 43, unico albero di questo tratto di strada, relativamente stretta e poco soleggiata.


Ho cercato, ho chiesto, ho formulato ipotesi (compresa quella giusta, devo dire), ma nessuna certezza, fino ad oggi.

Ed oggi, finalmente, il disvelamento: si tratta del più grande e più anziano (salvo smentita) esemplare cagliaritano di Metrosideros excelsa, l'albero di Natale della Nuova Zelanda (post del 4/12/14 e del 7/1/15).


Ed ecco che cosa ha determinato la scoperta odierna: i fiori, dagli inconfondibili stami rossi, anche se purtroppo confinati nella parte più alta dell'albero.

Una fioritura certamente modesta, rispetto a quella dei più giovani e piccoli esemplari cagliaritani, per non dire degli esemplari nel loro habitat d'origine Neozelandese (vedi post di gennaio '15), ma che nulla toglie all'eccezionalità di questo esemplare.


Si nota infatti, in quest'altra foto di oggi, l'altezza della pianta, che si avvicina probabilmente ai 10 metri, mentre i vivaisti italiani parlano di arbusto/alberello al massimo di qualche metro.

Faccio notare la bellezza e la densità della chioma, nonostante la posizione infelice della pianta, con le piccole foglie coriacee verde carico nella pagina superiore e grigio argenteo nella pagina inferiore.

L'età e la dimensione sono dimostrate anche dalla presenza di radici aeree, che nei luoghi di origine contribuiscono, per gli esemplari più grandi, a fornire supporto su pareti rocciose o scarpate.

Resta la curiosità: chi ed in quali circostanze ha deciso di piantare una Metrosideros excelsa, albero allora non testato nel nostro clima e di grande rarità, proprio lì?  Forse i giardinieri incaricati dall'Inail, quando realizzava i suoi uffici di via Tempio? Temo che non lo sapremo mai, anche se l'eccezionalità di questa presenza meriterebbe un minimo di storia sulle sue origini.  Comunque attribuiamo a questa pianta, per quanto vale il nostro giudizio, il titolo di albero caratteristico della città.

giovedì 21 luglio 2016

Il Terebinto in fiore

Il Terebinto, Pistacia terebinthus, è un arbusto tipico della macchia mediterranea, e quindi presente a pieno titolo nelle nostre campagne.
E' stretto parente (si veda quanto detto nel post del 13/1/16) del comunissimo Lentisco, Pistacia lentiscus, ed ha soprattutto un fratello cittadino, lo Schinus terebinthifolius, ormai abbastanza presente in città (cito l'esemplare di via Machiavelli, i tanti esemplari del Parco della Musica e di Terramaini, tanto per esemplificare).
Il campagnolo Terebinto si differenzia dal cittadino Schinus t. per un aspetto più rustico e spesso strisciante, foglioline più grandi e, soprattutto, caduche.

E' chiaro dunque che il Terebinto è raro in città, ed è per questo che gli esemplari presenti meritano la nostra attenzione, tanto più adesso che sono in piena fioritura.

Ecco allora appunto una infiorescenza a pannocchia dell'arbustone dell'Orto Botanico, posizionato sulla sinistra un po' in fondo.

E' veramente una grande pianta, che occupa diversi metri quadri di terreno, e che si eleva in un intrico di rami fino a formare un sottopassaggio pedonale.



Le infiorescenze a destra appartengono invece all'esemplare presente nel parco Vannelli; i fiori come si vede sono piuttosto diversi da quelli precedenti, sia per il colore rosa che per l'aspetto più appariscente.

Probabilmente, essendo il Terebinto pianta dioica, con fiori unisessuali su piante diverse, questo del parco Vannelli è esemplare femminile.


lunedì 18 luglio 2016

Un'esplosione, ma per la vita!

Ho creduto di dover precisare, nel titolo del post, che qui parliamo di vita e non di morte, contrariamente agli ultimi, terribili eventi terroristici basati sulle esplosioni.

Un'esplosione che genera la vita, dunque. Andiamo con ordine: la storia comincia in un giorno di gennaio di quest'anno, quando, durante una passeggiata a S.Gregorio, ho raccolto alcuni legumi di Glicine, Wisteria sinensis, arbusto già trattato nel blog per la sua splendida fioritura (p.es. 5/4/11).

Ecco il Glicine di cui parliamo, privo completamente di foglie ma carico di legumi, ancora freschi e pelosetti, anche se già scuri.

I legumi del Glicine sono detti tecnicamente indeiscenti, in quanto non si aprono spontaneamente a raggiunta maturità, per lasciare cadere i semi.

Tornando alla storia, ho raccolto i legumi e li ho depositati in una ciotola, assieme con altri reperti vegetali, a fare bella mostra di sé.

E lì sono rimasti, i legumi, fino a quando l'altro giorno, a distanza di sei mesi, il primo di loro è esploso, seguito nell'arco di alcuni giorni dagli altri. Per carità, non una esplosione forte, ma il tanto da farmi spaventare, dato che era di notte, e da lanciare a distanza di alcuni metri i semi contenuti.

Eccola, l'esplosione per la vita: è una modalità inventata dalla natura per allontanare i semi dalla pianta madre ed assicurare la migliore occupazione del territorio dove moltiplicarsi.


Ed ecco qui a destra l'esito delle esplosioni, ricomposte avvicinando le valve dei singoli legumi. Dall'osservazione delle valve, contorte e non più ricomponibili nella forma originaria del legume, si può intuire la tecnica inventata dalla natura: il legume ha una struttura legnosa e, non avendo naturalmente una perfetta simmetria, accumula tensioni interne durante la fase di asciugatura ed essiccazione.

Quando le tensioni superano un determinato valore, quello della resistenza della linea di sutura che unisce le valve, avviene  l'esplosione ed il conseguente lancio dei semi. Che genio la Natura!

venerdì 15 luglio 2016

Quanto pesa un cono?

Naturalmente non mi riferisco ad un cono gelato, ma, in linea con i nostri contenuti, al "frutto" delle conifere, e di una conifera in particolare che mi ha ispirato: una Araucaria bidwillii.

Questa Araucaria, che vi presento in estrema sintesi dato che non mi risulta la sua presenza a Cagliari (dove la specie dominante, come sappiamo, è quella excelsa) è di origine australiana, regione del Queensland, e tanto per cambiare raggiunge grandi altezze, fino a 40 metri ed oltre.

Una sua peculiarità è che i semi prodotti dai coni sono commestibili, sia crudi che arrostiti, e vengono consumati similmente ai nostri pinoli o ai semi di zucca.

Ma la Araucaria bidwillii  ha un'altra peculiarità, che è quella di cui vi voglio parlare oggi: il peso dei coni.


Ed ecco a sinistra quello che ha scatenato la mia curiosità: un cartello all'Orto Botanico di Pisa, infisso appunto ai piedi di una grande Araucaria di questa specie, piuttosto terrorizzante.

La cosa simpatica è che si sia creduto opportuno quantificare il peso, 10 Kg!, mentre in inglese ci si limita a parlare di grossi coni (ma si precisa che ci possono cadere sulla testa!)





Ed ecco l'Araucaria incriminata, da cui veniamo invitati a stare alla larga; in realtà, dato che anche una pigna da qualche etto farebbe il suo bell'effetto cadendo sulla nostra testa, e che nessuno pensa di mettere apposito avviso sotto ogni Pino che troviamo per strada, mi pare che il cartello abbia più che altro il significato di curiosità, di folclore o di scarico di responsabilità.




Quale che sia la ragione del cartello, la curiosità di vedere questi coni nasce, ed io sono qui per soddisfarla: ecco a sinistra la fotografia di un cono, tratto dalla voce inglese di Wikipedia dedicato a questa specie.

Accidenti se è grande! Forse, anche se le probabilità di caduta saranno modeste, è meglio seguire il consiglio e non appisolarsi lì sotto!

martedì 12 luglio 2016

L'elegante Cesalpinia fiorita

La  Cesalpinia, Caesalpinia gilliesii, è un arbusto esile, relativamente piccolo e che non si mette in mostra fino a quando comincia la fioritura; allora dà il meglio di sé, diventando bello ed elegante.

Non è molto comune a Cagliari, forse a causa della sua modesta resistenza al vento, che gli impedisce di crescere oltre ad un paio di metri; nel blog abbiamo parlato degli esemplari di piazza Puddu vicino al campo Coni (post del 21/5/11), e di quelli del parco di Terramaini (post del 5/7/15).

Oggi vi presento un esemplare in via Budapest a Genneruxi, situato in un condomino ma perfettamente godibile passando in questa stretta strada.


E' proprio una bella fioritura; d'altra parte, la semisconosciuta via Budapest ha un valore "verde" già riconosciuto dal blog, ospitando tra gli altri un sano Abete, molto raro per Cagliari (post del 7/3/14).

Tornando alla Cesalpinia, nota anche come Poinciana, dicevamo della bellezza del suo fiore, che merita di essere messo in primo piano.





Si nota in particolare il fascio di stami rossi, molto sporgenti dal calice giallo; si possono notare anche le foglioline composte bipennate, simili a quelle dell Felci.





Infine, per completare la presentazione e ricordarci che stiamo parlando di una Leguminosa (Fabacea), ecco una simpatica foto con un giovane legume ed i semi visibili in trasparenza.

sabato 9 luglio 2016

Che bella la piazzetta e la sua Sterculia fiorita!

Siamo nel quartiere Villanova, piazzetta S.Domenico: sera d'estate, caldo e, fra gli altri alberi che offrono riparo, la splendida  Sterculia bidwillii, vecchia conoscenza del blog dal 2010, assieme alla piazza che la ospita (post 11/12/10).

In questo periodo poi, c'è un ulteriore valore aggiunto: la Sterculia è fiorita, con una bella fioritura rosa meno evidente, ma a mio avviso più elegante, della fioritura rossa più comune (per esempio quella degli esemplari di Monte Claro).

Come si vede, la piazzetta è molto animata ed apprezzata dagli abitanti del quartiere.


In quest'altra foto l'albero ed i suoi orci rosa spiccano con maggiore evidenza, e ci consentono di attribuire a questa Sterculia  il titolo di albero che caratterizza la piazza, creando un forte legame biunivoco fra verde e spazio urbano.

Mi permetto una sola raccomandazione, diretta ai frequentatori ed ai gestori dei locali: cercate di tenerla il più pulita possibile, questa piazzetta, se lo merita!

giovedì 7 luglio 2016

E il giardino verticale come sta?

Parliamo di piazza Maxia, naturalmente, e dell'unico (o certamente del più conosciuto) giardino verticale di Cagliari, realizzato per sanare la ferita inferta alla piazza con l'infossamento.

Abbiamo presentato questo giardino nel 2011 (post del 15/8/11), ne abbiamo riparlato di sfuggita, mentre vantavamo i Mirabolani fioriti, nel 2014, e poi ancora nel 2015 (post del 28/5/15), in occasione di una grossa manutenzione straordinaria.

E oggi?





Dal punto di vista di chi vede il bicchiere mezzo vuoto, la foto a sinistra parla chiaro: una Monstera bruciata, grande quantità di sacchetti vuoti, e brutti, aspetto generale di grande sofferenza.





Dal punto di vista del bicchiere mezzo pieno, invece, ecco il fronte su via della Pineta, che appare mediamente compatto e con qualche fioritura, anche se l'aspetto non è confrontabile con le fioriture dell'anno "rimpolpato" 2015.



Fra i due modi opposti di considerare il bicchiere, io lo vedo più vuoto che pieno: non dico che l'esperimento sia fallito, assolutamente no, ma certamente gli esiti si stanno dimostrando nettamente inferiori alle attese. La sperata autonomia del giardino, che si sarebbe dovuto rinnovare per anni ed anni senza richiedere praticamente manutenzione (e le installazioni all'estero, sospese a molti metri di altezza, lo dimostrano), non c'è proprio, per cui i costi e le urgenze della gestione aumentano.

Per quanto tempo, dati i chiari di luna del budget, i nostri amministratori del verde riusciranno a stare dietro in maniera efficiente alle necessità di questa parete? Forse, come ho già suggerito, si dovrebbe rinunciare a qualche fioritura e privilegiare le specie rivelatesi più robuste e resistenti per la coltura verticale (e per il nostro sole!); oramai dovrebbero esserci abbastanza dati per progettare razionalmente questo tipo di operazione.

Nel presupposto che questi muraglioni NON possono stare nudi, meglio una parete verde compatta anche se non molto fiorita, che una superficie fiorita a chiazze, alternata a brutti sacchetti grigi umidi e penzolanti, quasi una sorta di alopecia botanica!

lunedì 4 luglio 2016

Sa Tappara Casteddaia!

E' la prima volta che utilizzo un titolo in sardo, anche perché purtroppo non sono bravo nella nostra lingua, ma oggi mi sembra proprio azzeccato, per accompagnare questa bellissima fotografia.

  Si tratta della fioritura dei nostri Capperi, Capparis spinosa (post, fra gli altri, del 24/5/15), di cui avevo proposto più volte i cespugli ma mai la fioritura.

E allora non potevo farmi sfuggire l'occasione di questa fotografia che rubo a Mercedes, che ringrazio, che la ha postata stamattina su Facebook.

Il Cappero, bellissimo arbusto con i rami ricadenti, foglie ovali carnose di colore verde scuro, è una piantina spontanea che predilige terreni poveri e tanto sole, e quindi si trova benissimo, fra i tanti siti, sulle nostre mura di Castello, che adorna in maniera copiosa.

Bello sempre, quindi, figuriamoci quando fiorisce con fiori bianchi e riflessi violacei, che al solo vederli mettono allegria!

E pensare che i fiori non ancora sbocciati, meglio detti bottoni fiorali, sono quei piccoli bottoni a forma di cuore che, dopo l'apposito trattamento con il sale marino che li rende commestibili, soddisfano la nostra gola con le innumerevoli ricette che li vedono protagonisti; più generosi di così!

sabato 2 luglio 2016

La Canfora, chi era costei?

Se mi avessero chiesto, fino a qualche tempo fa, che cosa è la canfora, avrei risposto che era/è un prodotto antitarme, che veniva usato nel secolo scorso, in apposite scaglie imbustate, per la protezione dei capi di vestiario conservati in armadi o cassapanche.

Un prodotto desueto, che riporta in mente odori perduti e nomi altrettanto, come il mitico marchio "Canforumianca", che solo alcuni fra i lettori più "datati" come me ricorderanno.

Se poi, dopo queste reminiscenze, mi avessero chiesto come viene prodotta la canfora, avrei pensato ad una piantina da orto dei semplici, tipo Timo o Maggiorana.

Niente di più sbagliato, se pensiamo che il mostruoso piede sulla sinistra è quello appunto di un albero della canfora, Cinnamomum camphora.

Questo albero si trova all'Orto Botanico di Pisa, uno dei più antichi del mondo, ed è stato piantato nel 1842: altro che piantina!



Eccolo a destra nella sua maestosa grandezza che spicca anche se la pianta è costretta ai confini dell'Orto, come si vede dall'immagine.

Questa specie, piuttosto rara in Italia, è originaria dell'estremo oriente; è un albero molto bello, con foglie lucide e nervature in evidenza, che può raggiungere i 30 metri di altezza, ed il nostro esemplare sembra esserci vicino.

Per la sua bellezza e rarità è coltivato in parchi e giardini, per esempio sull'Isola Bella del Lago Maggiore o nel parco di Capodimonte a Napoli.

Non credo che questa specie sia presente in Sardegna, ma sarei lieto di essere smentito.