La brutta fama di questo arbusto deriva dalla sua invadenza, che lo porta a soffocare gli alberi ai quali si appoggia. Il suo nome scientifico è Clematis vitalba, che rimanda alle piante rampicanti ed alla vite con i suoi viticci, così come fanno alcuni suoi nomi in sardo (Bidighinzu, Vitichingiu).
Mi ha indotto a parlare di questa pianta Maria Letizia, che ringrazio, la quale mi invia questa foto ripresa nella zona di Belvì.
La stranezza del suo assetto invernale è dovuta all'aspetto lanuginoso, che arriva a formare larghi strati compatti.
La lanugine è formata dall'intreccio degli stili (prolungamento dell'ovario) che fuoriescono dai frutti, acheni che si intravedono in nero nella fotografia. Di fatto ogni seme ha attaccata questa coda piumosa, che ha lo scopo di facilitare la diffusione anemofila e che lo fa assomigliare ad un enorme spermatozoo: insomma, diverso il mezzo di trasporto, identico lo scopo!
Non so però se la Natura abbia considerato che questi semi, prima di riuscire a volare via, si intrecciano fra loro, persistendo a volte anche per mesi sulla pianta e dando luogo allo strato compatto di lanugine, soffocante per le altre piante e difficile da valicare per umani ed animali.
La Vitalba è una pianta medicinale, anche se non credo che venga più utilizzata per medicamenti, mentre è sicuramente tossica, dato che il contatto prolungato provoca vesciche sulla pelle. Come ultima curiosità riporto il nome comune inglese di Traveler's joy , dove probabilmente con humor inglese si fa riferimento alla difficoltà di superare camminando un cespuglio di Vitalba.
In definitiva una pianta sicuramente affascinante, ma altrettanto sicuramente piuttosto antipatica!