Sappiamo che in inverno i colori delle piante si spengono, tendono ad unificarsi nel grigio-verde per le sempreverdi, nel marrone-grigio dei rami nudi per le spoglianti, negli strani e deprimenti giallo-bruno per quelle che tardano a spogliarsi e/o lo fanno male.
Ma non per tutte le piante è così, non con il nostro clima e con il nostro sole invernale, che esalta i colori presenti e fa dimenticare quelli assenti; ecco allora due piante, un cespuglio ed un alberello, che spiccano in questo periodo per il colore dei loro frutti, rossi.
A sinistra un ramo di Piracanta carico di bacche; la pianta è stata ripresa al parco di Terramaini, mentre quella dell'anno scorso vegeta ai Giardini Pubblici (post del 25/11/11). Tutti e due i cespugli sono stati lasciati liberi di crescere ed espandersi secondo la loro irregolare vitalità; non costretti dai rigidi angoli e tagli delle siepi squadrate, danno il meglio come produzione di frutti.
A destra invece il Terebinto (post del 7/1/11 ed altri), anch'esso del parco di Terramaini ed anch'esso ricco di bacche rosse.
Questa bella pianta, dal portamento arboreo che la distingue dal fratello Lentisco al quale peraltro assomiglia molto, orna oggi diversi parchi della città, ma fino a venti anni fa era quasi sconosciuta. E' proprio un bell'alberello, meriterebbe di essere utilizzato anche per il verde stradale.
Pagine
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domenica 30 dicembre 2012
sabato 22 dicembre 2012
L'Orto delle Palme a Monte Claro
Mi scuso innanzitutto con i cagliaritani più "grandi", per i quali l'Orto delle Palme è e rimane quello del cimitero monumentale di Bonaria, con tutto il suo fascino (post del 2/5/12); mi sono preso la libertà di utilizzare questo nome perchè la zona dedicata specificamente alle Palme nel parco di Monte Claro, del quale abbiamo parlato più volte (p.es. post del 19/2/12), è anch'essa molto interessante, e merita una attenzione particolare come sottosistema del Parco.
Ecco qui sopra uno scorcio dell'orto, nel quale notiamo le piacevoli ondulazioni del terreno erboso e la buona varietà di Palme, Washingtonia, Phoenix, Yucca e, guarda guarda, al centro della foto una Dracaena Draco, specie già a noi ben nota (post del 10/6/11).
Avviciniamoci allora, a goderci questo albero dalla strana foggia:
contrariamente alle Dracene matriarche dell'Orto Botanico, questa è cresciuta in altezza con il tronco principale, e mette in evidenza l'improvvisa e particolare esplosione dei rami a raggera, da cui si dipartono poi i ciuffi di foglie.
Una buona varietà di Palme, dicevamo, che soddisfa lo sguardo degli umani ma anche gli appetiti di una ormai numerosa e stanziale colonia di Parrocchetti, qui rappresentati da questo esemplare della foto sotto,che appare in momentaneo riposo prima di riprendere a bisticciare con i fratelli ed a banchettare.
Come avevo già avuto modo di notare (post del 20/4/12) questi uccelli sono voracissimi di germogli e frutti, in quel caso di Ippocastano in questo caso di Palma; al di là della simpatia, forse bisognerebbe cominciare a pensare a qualche intervento per tenerne sotto controllo la consistenza numerica.
Comunque, se non pensiamo all'effetto distruttore del becco affilato, uno spettacolo in più da godere pensando magari di essere in un'isola dei Tropici!
Ecco qui sopra uno scorcio dell'orto, nel quale notiamo le piacevoli ondulazioni del terreno erboso e la buona varietà di Palme, Washingtonia, Phoenix, Yucca e, guarda guarda, al centro della foto una Dracaena Draco, specie già a noi ben nota (post del 10/6/11).
Avviciniamoci allora, a goderci questo albero dalla strana foggia:
contrariamente alle Dracene matriarche dell'Orto Botanico, questa è cresciuta in altezza con il tronco principale, e mette in evidenza l'improvvisa e particolare esplosione dei rami a raggera, da cui si dipartono poi i ciuffi di foglie.
Una buona varietà di Palme, dicevamo, che soddisfa lo sguardo degli umani ma anche gli appetiti di una ormai numerosa e stanziale colonia di Parrocchetti, qui rappresentati da questo esemplare della foto sotto,che appare in momentaneo riposo prima di riprendere a bisticciare con i fratelli ed a banchettare.
Come avevo già avuto modo di notare (post del 20/4/12) questi uccelli sono voracissimi di germogli e frutti, in quel caso di Ippocastano in questo caso di Palma; al di là della simpatia, forse bisognerebbe cominciare a pensare a qualche intervento per tenerne sotto controllo la consistenza numerica.
Comunque, se non pensiamo all'effetto distruttore del becco affilato, uno spettacolo in più da godere pensando magari di essere in un'isola dei Tropici!
martedì 18 dicembre 2012
Il regalo di Natale dei colli cagliaritani
Alcuni colli cagliaritani offrono in questo periodo ai visitatori uno splendido spettacolo, costituito dalla fioritura degli Iris planifolia, o Giglio bulboso, in grande quantità.
Mi riferisco in particolare ai colli di S.Elia, S.Michele, Monte Claro, dove li ho visti e fotografati personalmente, e dove chiunque, in questo periodo, può recarsi ad ammirarli.
Ecco sopra un esemplare ripreso l'altro giorno sul colle di S.Michele; è bello, è a due passi da casa, è raro e vegeta quasi solo a Cagliari, che cosa vogliamo di più?
Il nostro Iris è un fiore molto grande in termini relativi, assolutamente non confondibile con altri, e che si sa mettere in evidenza, dato che cresce su uno stelo esile e normalmente supera in altezza le sue foglie; la foto a sinistra evidenzia bene queste caratteristiche.
Sembra quasi che ogni piantina abbia 3 fiori uniti assieme, ma è uno solo, con una struttura piuttosto complessa e tipica delle bulbose, che non vi so spiegare: la cosa più evidente sono i tre petali (in realtà il termine corretto è tepali) azzurri macchiettati di bianco con la nervatura giallo intenso, una meraviglia.
Un altro Iris, a destra, mostra un'ape che esce in maniera un poco maldestra, forse per la quantità di polline acquisita o forse per la profondità del tubo che ha dovuto percorrere.
Insomma questi fiori sono un bel regalo di Natale; oltretutto si "regalano" offrendosi al nostro apprezzamento senza chiedere niente in cambio, se non di essere rispettati!
Mi riferisco in particolare ai colli di S.Elia, S.Michele, Monte Claro, dove li ho visti e fotografati personalmente, e dove chiunque, in questo periodo, può recarsi ad ammirarli.
Ecco sopra un esemplare ripreso l'altro giorno sul colle di S.Michele; è bello, è a due passi da casa, è raro e vegeta quasi solo a Cagliari, che cosa vogliamo di più?
Il nostro Iris è un fiore molto grande in termini relativi, assolutamente non confondibile con altri, e che si sa mettere in evidenza, dato che cresce su uno stelo esile e normalmente supera in altezza le sue foglie; la foto a sinistra evidenzia bene queste caratteristiche.
Sembra quasi che ogni piantina abbia 3 fiori uniti assieme, ma è uno solo, con una struttura piuttosto complessa e tipica delle bulbose, che non vi so spiegare: la cosa più evidente sono i tre petali (in realtà il termine corretto è tepali) azzurri macchiettati di bianco con la nervatura giallo intenso, una meraviglia.
Un altro Iris, a destra, mostra un'ape che esce in maniera un poco maldestra, forse per la quantità di polline acquisita o forse per la profondità del tubo che ha dovuto percorrere.
Insomma questi fiori sono un bel regalo di Natale; oltretutto si "regalano" offrendosi al nostro apprezzamento senza chiedere niente in cambio, se non di essere rispettati!
giovedì 13 dicembre 2012
Una nuova Quercia
Oggi do il benvenuto ad una nuova specie di Quercia che vive a Cagliari; è un benvenuto molto sentito, dato che oltre al Leccio, molto diffuso in città ma non particolarmente brillante per bellezza (post del 4/11/10), possiamo annoverare poche altre specie di Quercia, e con numeri modestissimi.
Ringrazio quindi Enrico, affezionato lettore del blog, che con la sua richiesta fa entrare di diritto la Quercia spinosa, Quercus coccifera, nel novero.
La segnalazione di Enrico riguarda una serie di esemplari di questa Quercia, che si trovano, frammisti con Lecci, alla fine di via Vidal, poco prima dell'incrocio con il viale Europa; per uno in particolare, Enrico ipotizza che possa trattarsi di una Quercus calliprinos, Quercia della Palestina.
In realtà le due specie, la Quercia della Palestina e la Quercia spinosa, sono molto simili e spesso confondibili, ma tendo a confermare che ci troviamo di fronte ad esemplari di Quercia spinosa, dato che l'altra specie pare che in Sardegna sia assente.
Eccole qui allora le Querce spinose di via Vidal; come vedete nella foto a sinistra queste Querce sono a portamento arbustivo, sia per il tipo di tronco, diviso e ramificato fin dalla base, che per l'altezza, che raramente supera i 3 metri.
Siamo così abituati a considerare la Quercia nella sua maestosità di albero, che stenteremmo ad indicare queste di via Vidal come tali, se non fosse che il frutto ci toglie ogni dubbio, come possiamo apprezzare dalle foto sottostanti.
Da queste foto ammiriamo anche le foglioline con il margine spinoso, ed in quella di destra, inviatami da Enrico, notiamo che anche la cupola delle ghiande ha squame spinescenti.
Un'ultima curiosità: questa specie di Quercia produce una galla (post del 13/2/12) dalla quale veniva estratto, anche in Sardegna, un pregiato colorante di rosso per i tessuti.
Ringrazio quindi Enrico, affezionato lettore del blog, che con la sua richiesta fa entrare di diritto la Quercia spinosa, Quercus coccifera, nel novero.
La segnalazione di Enrico riguarda una serie di esemplari di questa Quercia, che si trovano, frammisti con Lecci, alla fine di via Vidal, poco prima dell'incrocio con il viale Europa; per uno in particolare, Enrico ipotizza che possa trattarsi di una Quercus calliprinos, Quercia della Palestina.
In realtà le due specie, la Quercia della Palestina e la Quercia spinosa, sono molto simili e spesso confondibili, ma tendo a confermare che ci troviamo di fronte ad esemplari di Quercia spinosa, dato che l'altra specie pare che in Sardegna sia assente.
Eccole qui allora le Querce spinose di via Vidal; come vedete nella foto a sinistra queste Querce sono a portamento arbustivo, sia per il tipo di tronco, diviso e ramificato fin dalla base, che per l'altezza, che raramente supera i 3 metri.
Da queste foto ammiriamo anche le foglioline con il margine spinoso, ed in quella di destra, inviatami da Enrico, notiamo che anche la cupola delle ghiande ha squame spinescenti.
Un'ultima curiosità: questa specie di Quercia produce una galla (post del 13/2/12) dalla quale veniva estratto, anche in Sardegna, un pregiato colorante di rosso per i tessuti.
lunedì 10 dicembre 2012
Viva viva i tre color
Il titolo di questo post, un po' buffo e un po' bizzarro, è l'ultimo verso di una famosa canzone patriottica risorgimentale (La bandiera dei tre colori), dedicata alla nostra bandiera in odio a quella austriaca gialla e nera.
E' una canzone che gli over cinquanta sicuramente conoscono, sia per averla studiata e cantata tale e quale negli anni dell'infanzia, sia per averla ritrovata da adulti, soprattutto in cori urlati, nelle molte versioni basate sulla musica, ma con parole completamente diverse. Io per esempio ricordo bene la versione da soldato, utilizzata come una delle canzoni dei congedanti.
Bene, chiedendo venia per questa digressione, il titolo vuole richiamare un cespuglio, molto caro a noi sardi, che in questo periodo è vestito appunto dei tre colori della bandiera, contemporaneamente presenti: il verde delle foglie, il bianco dei fiori, il rosso dei frutti. Sto parlando, molti di voi l'avranno già capito, del Corbezzolo, Arbutus unedo.
Ed eccoli i Corbezzoli, a sinistra in versione cittadina del parco di S.Michele (post del 4/12/11), ed a destra nella versione più ricca di un esemplare nelle campagne di Pula. L'esemplare cittadino è lo stesso già fotografato l'anno scorso per il post citato, rileggendo il quale mi è tornato in mente l'aggancio con la bandiera italiana.
Non ho peraltro inventato niente, dato che tale aggancio era stato evidenziato già dal Vannelli, che segnalava l'ottimo secondo piazzamento del Corbezzolo in un concorso su scala nazionale degli anni '70 per l'identificazione dell'albero meglio rappresentativo della Nazione.
Al di là del conosciutissimo ed apprezzato frutto, voglio segnalare la bellezza e delicatezza dei grappoli penduli di fiorellini con corolla orceolata, cioè a forma di piccolo orcio con bocca stretta e pancia gonfia.
Purtroppo i fiori sono poco resistenti, nel senso che basta una pioggia battente per farne strage, trasformandoli in un bianco tappeto ai piedi del cespuglio: bello il tappeto, ma irrimediabilmente perduto l'effetto bandiera!
E' una canzone che gli over cinquanta sicuramente conoscono, sia per averla studiata e cantata tale e quale negli anni dell'infanzia, sia per averla ritrovata da adulti, soprattutto in cori urlati, nelle molte versioni basate sulla musica, ma con parole completamente diverse. Io per esempio ricordo bene la versione da soldato, utilizzata come una delle canzoni dei congedanti.
Bene, chiedendo venia per questa digressione, il titolo vuole richiamare un cespuglio, molto caro a noi sardi, che in questo periodo è vestito appunto dei tre colori della bandiera, contemporaneamente presenti: il verde delle foglie, il bianco dei fiori, il rosso dei frutti. Sto parlando, molti di voi l'avranno già capito, del Corbezzolo, Arbutus unedo.
Ed eccoli i Corbezzoli, a sinistra in versione cittadina del parco di S.Michele (post del 4/12/11), ed a destra nella versione più ricca di un esemplare nelle campagne di Pula. L'esemplare cittadino è lo stesso già fotografato l'anno scorso per il post citato, rileggendo il quale mi è tornato in mente l'aggancio con la bandiera italiana.
Non ho peraltro inventato niente, dato che tale aggancio era stato evidenziato già dal Vannelli, che segnalava l'ottimo secondo piazzamento del Corbezzolo in un concorso su scala nazionale degli anni '70 per l'identificazione dell'albero meglio rappresentativo della Nazione.
Al di là del conosciutissimo ed apprezzato frutto, voglio segnalare la bellezza e delicatezza dei grappoli penduli di fiorellini con corolla orceolata, cioè a forma di piccolo orcio con bocca stretta e pancia gonfia.
Purtroppo i fiori sono poco resistenti, nel senso che basta una pioggia battente per farne strage, trasformandoli in un bianco tappeto ai piedi del cespuglio: bello il tappeto, ma irrimediabilmente perduto l'effetto bandiera!
giovedì 6 dicembre 2012
I misteriosi alberi di via Mameli
In realtà non sono gli alberi ad essere misteriosi, ma il modo nel quale sono stati inseriti, ed il luogo.
Sto parlando infatti di una decina di esemplari di Olivo, belli e piuttosto anziani, che sono stati trapiantati, o meglio per ora accomodati, sul terreno antistante il chiostro della chiesa di S.Francesco di Stampace, in via Mameli.
La chiesa di S.Francesco faceva parte di un complesso conventuale, attivo fino alla seconda metà del 1800, che si estendeva fra il Corso Vittorio Emanuele ed appunto via Mameli. Subì poi un progressivo degrado, il campanile venne colpito da un fulmine, e l'insieme finì per crollare, in gran parte, o essere inglobato nelle costruzioni abitative. Oggi residuano alcuni soffitti di cappelle, che fanno bella mostra di sè in locali commerciali sul corso Vittorio, ed appunto una parte del chiostro prospiciente la via Mameli.
Questo meraviglioso spazio è tuttora proprietà di privati (ma sotto lo sguardo attento della Sopraintendenza), inutilizzato o utilizzato in maniera impropria rispetto al recupero al quale meriterebbe di essere sottoposto; se ne parla da decenni, ma nulla si era mosso fino a qualche settimana fa, quando sono comparsi gli Olivi.
Ecco la situazione attuale.
Gli Olivi sono poco più che scheletri, ma immaginatevi che valore di bellezza aggiungeranno; purtroppo il contesto attuale non aiuta, dal terribile muro perimetrale in blocchetti di calcestruzzo al degrado che domina tutto il sito.
A che cosa preluda questo inserimento degli alberi è un mistero: nessun articolo sulla stampa, nessuna indicazione on-line, almeno che io abbia trovato, nessuna informazione in possesso dei commercianti della zona; per il momento è buio completo.
Non ci resta che godere, per ora, di questo scorcio di verde, del quale fra l'altro via Mameli era completamente priva, ed attendere gli eventi; la mancanza assoluta di informazioni non è un buon segno per il futuro, ma vogliamo essere ottimisti, e pensare: se il primo passo è l'inserimento di Olivi secolari, figuriamoci che meraviglie ci riserveranno i passi successivi!
Sto parlando infatti di una decina di esemplari di Olivo, belli e piuttosto anziani, che sono stati trapiantati, o meglio per ora accomodati, sul terreno antistante il chiostro della chiesa di S.Francesco di Stampace, in via Mameli.
La chiesa di S.Francesco faceva parte di un complesso conventuale, attivo fino alla seconda metà del 1800, che si estendeva fra il Corso Vittorio Emanuele ed appunto via Mameli. Subì poi un progressivo degrado, il campanile venne colpito da un fulmine, e l'insieme finì per crollare, in gran parte, o essere inglobato nelle costruzioni abitative. Oggi residuano alcuni soffitti di cappelle, che fanno bella mostra di sè in locali commerciali sul corso Vittorio, ed appunto una parte del chiostro prospiciente la via Mameli.
Questo meraviglioso spazio è tuttora proprietà di privati (ma sotto lo sguardo attento della Sopraintendenza), inutilizzato o utilizzato in maniera impropria rispetto al recupero al quale meriterebbe di essere sottoposto; se ne parla da decenni, ma nulla si era mosso fino a qualche settimana fa, quando sono comparsi gli Olivi.
Ecco la situazione attuale.
Gli Olivi sono poco più che scheletri, ma immaginatevi che valore di bellezza aggiungeranno; purtroppo il contesto attuale non aiuta, dal terribile muro perimetrale in blocchetti di calcestruzzo al degrado che domina tutto il sito.
A che cosa preluda questo inserimento degli alberi è un mistero: nessun articolo sulla stampa, nessuna indicazione on-line, almeno che io abbia trovato, nessuna informazione in possesso dei commercianti della zona; per il momento è buio completo.
Non ci resta che godere, per ora, di questo scorcio di verde, del quale fra l'altro via Mameli era completamente priva, ed attendere gli eventi; la mancanza assoluta di informazioni non è un buon segno per il futuro, ma vogliamo essere ottimisti, e pensare: se il primo passo è l'inserimento di Olivi secolari, figuriamoci che meraviglie ci riserveranno i passi successivi!
martedì 4 dicembre 2012
Povere Palme disgraziate!
Rimaniamo in tema di Palme, alle quali era dedicato il precedente post, per riparlare dell'assedio che questi alberi, ed in particolare la Phoenix canariensis, stanno subendo da parte del Punteruolo rosso, subdolo coleottero che le uccide quasi senza scampo, almeno fino a pochi mesi fa.
Ne abbiamo parlato un anno fa circa, con un post dal titolo forse altisonante e militaresco ( Onore e lunga vita alle Palme, post del 3/11/11 ), ma adeguato all'importanza che questi alberi hanno nel contesto del paesaggio urbano e di quello campagnolo.
Oggi le valutazioni degli specialisti sulla sopravvivenza di un albero sotto attacco sono meno pessimiste, ma certo non inducono a cantare vittoria, anche perchè le cure sono lunghe e costose e richiedono di essere estese, rispetto alla Palma interessata, perlomeno al raggio d'azione dei coleotteri.
Mi pare già un risultato che non tutti gli specialisti parlino solo di abbattimento e bruciatura degli esemplari malati, parole che ricordano tanto, per rimanere a casa nostra, i trattamenti per la peste suina; si parla anche di prevenzione e cura, e di ripresa di esemplari già ridotti al solo tronco.
Guardate per esempio che cosa ho fotografato a S.Margherita di Pula:
Questa immagine sarebbe buffa, se non fosse tragica: otto tronchi che arrivano al capitello e svettano nudi verso il cielo, completamente privati delle foglie ed avvolti stretti come salsicce; è quello che attualmente rimane di uno splendido giardino di grandi Palme che si affacciava sul lungomare fino a due anni fa.
Quale è lo scopo dell'insaccatura? Evitare che si diffondano i coleotteri presenti nei tronchi e colpiscano altre Palme? Evitare che i tronchi, dopo averli disinfestati, siano attaccati da nuovi coleotteri ? Tenere la piante vive, in attesa che la scienza scopra rimedi efficaci, per restituire nuova vita a questi monconi (come gli esseri umani che si fanno ibernare...)? Sinceramente non lo so, ma direi che, quale che sia lo scopo dell'intervento, il titolo del post si giustifica pienamente.
A proposito, ho letto sulla stampa locale che durante le vacanze di Natale dovrebbero essere effettuati interventi di prevenzione sulle Palme della ex passeggiata di via Roma, della quale abbiamo già parlato (post del 14/2/11) con toni molto arrabbiati, soprattutto per il permanere del terribile parcheggio: a causa di questi programmati interventi non è stato consentito l'allestimento in loco del mercatino di Natale.
Orbene, io non sono un patito del mercatino di Natale, ma almeno quella era una occasione per restituire per un po' ai pedoni quello che è stato loro proditoriamente tolto; ora aspettiamo i nostri amministratori al varco per la salvaguardia delle Palme, ma come intervento prodromico alla restituzione della passeggiata alla cittadinanza.
Ne abbiamo parlato un anno fa circa, con un post dal titolo forse altisonante e militaresco ( Onore e lunga vita alle Palme, post del 3/11/11 ), ma adeguato all'importanza che questi alberi hanno nel contesto del paesaggio urbano e di quello campagnolo.
Oggi le valutazioni degli specialisti sulla sopravvivenza di un albero sotto attacco sono meno pessimiste, ma certo non inducono a cantare vittoria, anche perchè le cure sono lunghe e costose e richiedono di essere estese, rispetto alla Palma interessata, perlomeno al raggio d'azione dei coleotteri.
Mi pare già un risultato che non tutti gli specialisti parlino solo di abbattimento e bruciatura degli esemplari malati, parole che ricordano tanto, per rimanere a casa nostra, i trattamenti per la peste suina; si parla anche di prevenzione e cura, e di ripresa di esemplari già ridotti al solo tronco.
Guardate per esempio che cosa ho fotografato a S.Margherita di Pula:
Questa immagine sarebbe buffa, se non fosse tragica: otto tronchi che arrivano al capitello e svettano nudi verso il cielo, completamente privati delle foglie ed avvolti stretti come salsicce; è quello che attualmente rimane di uno splendido giardino di grandi Palme che si affacciava sul lungomare fino a due anni fa.
Quale è lo scopo dell'insaccatura? Evitare che si diffondano i coleotteri presenti nei tronchi e colpiscano altre Palme? Evitare che i tronchi, dopo averli disinfestati, siano attaccati da nuovi coleotteri ? Tenere la piante vive, in attesa che la scienza scopra rimedi efficaci, per restituire nuova vita a questi monconi (come gli esseri umani che si fanno ibernare...)? Sinceramente non lo so, ma direi che, quale che sia lo scopo dell'intervento, il titolo del post si giustifica pienamente.
A proposito, ho letto sulla stampa locale che durante le vacanze di Natale dovrebbero essere effettuati interventi di prevenzione sulle Palme della ex passeggiata di via Roma, della quale abbiamo già parlato (post del 14/2/11) con toni molto arrabbiati, soprattutto per il permanere del terribile parcheggio: a causa di questi programmati interventi non è stato consentito l'allestimento in loco del mercatino di Natale.
Orbene, io non sono un patito del mercatino di Natale, ma almeno quella era una occasione per restituire per un po' ai pedoni quello che è stato loro proditoriamente tolto; ora aspettiamo i nostri amministratori al varco per la salvaguardia delle Palme, ma come intervento prodromico alla restituzione della passeggiata alla cittadinanza.
mercoledì 28 novembre 2012
Palma delle Canarie o da datteri?
Mi scrive Antonietta, che ringrazio anche per la costanza nel seguire il blog, per pormi una domanda, diciamo così visto che il termine è di moda, tecnica: come si possono distinguere le due principali palme del genere Phoenix, cioè la Phoenix canariensis e la Phoenix dactilifera.
Avevo già fornito alcuni elementi di distinzione quando ho trattato le Palme per la prima volta (post del 28/11/10); oggi cercherò di dire qualcosa di più, sempre dal punto di vista del curioso e non dello specialista.
Ho pensato che sarebbe stato utile trovare le due cugine affiancate, in modo che Antonietta o chiunque altro interessato possa rendersi conto di persona delle differenze; le ho trovate, anche se non in un posto comodissimo, in viale Marconi a sinistra andando verso Quartu, nello spiazzo antistante il New York outlet.
Da questa foto già si notano i principali elementi di distinzione: la Palma da datteri è normalmente più alta e slanciata, ha il tronco più sottile e spesso più scuro, le foglie normalmente più strette e meno eleganti di quelle della Palma delle Canarie, che sono più larghe e ordinate.
Sia l'altezza inferiore che la foglia meglio espansa ha fatto si che negli anni, a Cagliari, il numero delle Canariensis abbia di gran lunga superato quello delle Dactilifere.
Un'altra differenza notevole fra le due cugine è nei frutti, non solo per la edibilità del dattero e la non edibilità della bacca, ma anche per la diversa forma. Ecco sotto i frutti dei due esemplari all'esame.
La bacca della Palma delle Canarie, a sinistra, è di forma sub-rotonda, mente il dattero è nettamente ellissoidale, come ben lo conosciamo nella sua elaborazione mangereccia.
Tornando all'estetica, la Phoenix canariensis è sicuramente più bella, soprattutto se curata, ma la Phoenix dactilifera ha il fascino dei suoi legami religiosi con il cristianesimo (è nota anche come Palma santa, e in un presepio non può che esserci lei!) e dell'altezza, soprattutto per gli esemplari isolati, come per esempio quello di piazza S.Cosimo (post del 23/1/11).
Avevo già fornito alcuni elementi di distinzione quando ho trattato le Palme per la prima volta (post del 28/11/10); oggi cercherò di dire qualcosa di più, sempre dal punto di vista del curioso e non dello specialista.
Ho pensato che sarebbe stato utile trovare le due cugine affiancate, in modo che Antonietta o chiunque altro interessato possa rendersi conto di persona delle differenze; le ho trovate, anche se non in un posto comodissimo, in viale Marconi a sinistra andando verso Quartu, nello spiazzo antistante il New York outlet.
Da questa foto già si notano i principali elementi di distinzione: la Palma da datteri è normalmente più alta e slanciata, ha il tronco più sottile e spesso più scuro, le foglie normalmente più strette e meno eleganti di quelle della Palma delle Canarie, che sono più larghe e ordinate.
Sia l'altezza inferiore che la foglia meglio espansa ha fatto si che negli anni, a Cagliari, il numero delle Canariensis abbia di gran lunga superato quello delle Dactilifere.
Un'altra differenza notevole fra le due cugine è nei frutti, non solo per la edibilità del dattero e la non edibilità della bacca, ma anche per la diversa forma. Ecco sotto i frutti dei due esemplari all'esame.
La bacca della Palma delle Canarie, a sinistra, è di forma sub-rotonda, mente il dattero è nettamente ellissoidale, come ben lo conosciamo nella sua elaborazione mangereccia.
Tornando all'estetica, la Phoenix canariensis è sicuramente più bella, soprattutto se curata, ma la Phoenix dactilifera ha il fascino dei suoi legami religiosi con il cristianesimo (è nota anche come Palma santa, e in un presepio non può che esserci lei!) e dell'altezza, soprattutto per gli esemplari isolati, come per esempio quello di piazza S.Cosimo (post del 23/1/11).
domenica 25 novembre 2012
Il Nespolo in fiore
Come sapete, non amo parlare degli alberi da frutto, a meno che non posseggano qualità che li fanno notare a prescindere dalla edibilità del frutto; mi riferisco per esempio al Mandorlo (post del 28/2/12) ed al suo splendido fiore, o al Kaki (post del 8/10/12) , con il suo bell'aspetto d'insieme e la valenza estetica del suo frutto.
Pertanto non dovrei parlare del Nespolo il quale, ancorchè sia una pianta comunissima in città, non mi pare che abbia talenti da offrire: ha spesso un aspetto opaco, trasandato e non curato (con la scusa che tanto è robusto ...), è normalmente relegato nei posti meno belli dei giardini condominiali o privati, e non mi risulta che i proprietari lo coltivino per consumarne i frutti. Insomma, proprio un reietto della famiglia arborea!
Però, una qualità la possiede: fiorisce adesso, quando la concorrenza è pochissima. Questo fatto, unito al sole limpido di questi giorni ed all'atmosfera prenatalizia che ci induce ad essere buoni, mi ha convinto a portarlo a bordo, ed eccolo qua.
Si notano le infiorescenze a pannocchia e le grandi foglie, molto segnate e pelose nella pagina inferiore (tomentose).
Come dicevo, il Nespolo è così comune in città che non è importante nemmeno focalizzare un determinato esemplare; comunque quello fotografato si trova in una traversa di via Palestrina.
Mi pare che dalle foto traspaia che questo è il periodo dell'anno in cui quest'alberello ha il migliore aspetto; poi, essendo sempreverde, può servire per dare colore all'inverno spoglio di un paese montano, come dicevo nell'unica mia precedente citazione del nostro, ripreso peraltro in compagnia di un Kaki (post del 10/1/12).
Poscritto: a me le nespole di giardino piacciono, anche se sono piccole e tutte semi!
Pertanto non dovrei parlare del Nespolo il quale, ancorchè sia una pianta comunissima in città, non mi pare che abbia talenti da offrire: ha spesso un aspetto opaco, trasandato e non curato (con la scusa che tanto è robusto ...), è normalmente relegato nei posti meno belli dei giardini condominiali o privati, e non mi risulta che i proprietari lo coltivino per consumarne i frutti. Insomma, proprio un reietto della famiglia arborea!
Però, una qualità la possiede: fiorisce adesso, quando la concorrenza è pochissima. Questo fatto, unito al sole limpido di questi giorni ed all'atmosfera prenatalizia che ci induce ad essere buoni, mi ha convinto a portarlo a bordo, ed eccolo qua.
Si notano le infiorescenze a pannocchia e le grandi foglie, molto segnate e pelose nella pagina inferiore (tomentose).
Come dicevo, il Nespolo è così comune in città che non è importante nemmeno focalizzare un determinato esemplare; comunque quello fotografato si trova in una traversa di via Palestrina.
Mi pare che dalle foto traspaia che questo è il periodo dell'anno in cui quest'alberello ha il migliore aspetto; poi, essendo sempreverde, può servire per dare colore all'inverno spoglio di un paese montano, come dicevo nell'unica mia precedente citazione del nostro, ripreso peraltro in compagnia di un Kaki (post del 10/1/12).
Poscritto: a me le nespole di giardino piacciono, anche se sono piccole e tutte semi!
martedì 20 novembre 2012
Lo scrigno dell'Eucalyptus
Lo so, l'Eucalyptus non è una pianta amata, nemmeno da me, sia per sue caratteristiche che per la piantumazione scriteriata che ne è stata fatta in Sardegna nella metà del secolo scorso. Ne abbiamo già parlato diffusamente (post del 14/1/11), e non c'è molto da aggiungere: è un albero che può essere accettato in campagna, in filari frangivento o con boschetti dedicati, ma perde assolutamente ogni confronto con le nostre specie autoctone, quali il Carrubo o il Leccio.
Però L'Eucalyptus non è una brutta pianta, e può anche essere affascinante; di questo vi voglio parlare oggi.
Mi sono imbattuto in gruppi di Eucalyptus, per la precisione Eucalyptus globulus, alle pendici del monte Linas, in comune di Villacidro, nel bellissimo bosco che si percorre seguendo il torrente Leni. E' un bosco essenzialmente costituito da Lecci, però inframmezzato da grandi spiazzi occupati appunto da Eucalyptus.
Sono esemplari enormi, almeno per i nostri parametri; ecco a sinistra un esemplare a tre tronchi, caratterizzati da un bel colore biondo e circondati per terra dalle strisce di corteccia arrotondate; come si vede il terreno circostante è privo di ogni altra vegetazione, data l'invadenza caratteristica di questi alberi.
A destra, la foto dello stesso esemplare ripreso dal basso rende giustizia alla sua altezza, che sarà forse di una ventina di metri. Insomma questi alberi, pur non raggiungendo le enormi altezze del paese d'origine, l'Australia, anche da noi si difendono bene, ed infatti un esemplare di Eucalyptus partecipa alla gara del più grande albero a Cagliari (post del 5/9/12).
Ma, direte voi, che cosa c'entra in tutto questo lo scrigno del titolo? Ecco, la pazienza viene premiata dalla foto sotto.
Ho definito scrigno lo splendido ricettacolo legnoso del fiore di questa pianta, qui ancora chiuso; per fiorire perde la parte di sopra, il coperchio o opercolo, e dallo scrigno si affacciano i ciuffi di stami.
Naturalmente la fotografia è stata preparata, con un ricettacolo raccolto da terra ed appoggiato al tronco per fornirgli contrasto di colore; non avrei peraltro potuto fare altrimenti, non avendo io doti scimmiesche di arrampicata. Non è affascinante? Sembra un fanale di carrozza dell'ottocento, un calice del Santo Graal o quello che la fantasia suggerisce, questa meravigliosa costruzione della natura.
Ed ecco alcuni fiori ancora attaccati ad un rametto, che ci mostrano la particolarità di essere all'incrocio fra rametto e foglia (ascellari), e di non avere picciolo (sessili).
Concludendo, vedete che anche un albero antipatico e invadente può riservare piacevoli sorprese?
Però L'Eucalyptus non è una brutta pianta, e può anche essere affascinante; di questo vi voglio parlare oggi.
Mi sono imbattuto in gruppi di Eucalyptus, per la precisione Eucalyptus globulus, alle pendici del monte Linas, in comune di Villacidro, nel bellissimo bosco che si percorre seguendo il torrente Leni. E' un bosco essenzialmente costituito da Lecci, però inframmezzato da grandi spiazzi occupati appunto da Eucalyptus.
Sono esemplari enormi, almeno per i nostri parametri; ecco a sinistra un esemplare a tre tronchi, caratterizzati da un bel colore biondo e circondati per terra dalle strisce di corteccia arrotondate; come si vede il terreno circostante è privo di ogni altra vegetazione, data l'invadenza caratteristica di questi alberi.
A destra, la foto dello stesso esemplare ripreso dal basso rende giustizia alla sua altezza, che sarà forse di una ventina di metri. Insomma questi alberi, pur non raggiungendo le enormi altezze del paese d'origine, l'Australia, anche da noi si difendono bene, ed infatti un esemplare di Eucalyptus partecipa alla gara del più grande albero a Cagliari (post del 5/9/12).
Ma, direte voi, che cosa c'entra in tutto questo lo scrigno del titolo? Ecco, la pazienza viene premiata dalla foto sotto.
Ho definito scrigno lo splendido ricettacolo legnoso del fiore di questa pianta, qui ancora chiuso; per fiorire perde la parte di sopra, il coperchio o opercolo, e dallo scrigno si affacciano i ciuffi di stami.
Naturalmente la fotografia è stata preparata, con un ricettacolo raccolto da terra ed appoggiato al tronco per fornirgli contrasto di colore; non avrei peraltro potuto fare altrimenti, non avendo io doti scimmiesche di arrampicata. Non è affascinante? Sembra un fanale di carrozza dell'ottocento, un calice del Santo Graal o quello che la fantasia suggerisce, questa meravigliosa costruzione della natura.
Ed ecco alcuni fiori ancora attaccati ad un rametto, che ci mostrano la particolarità di essere all'incrocio fra rametto e foglia (ascellari), e di non avere picciolo (sessili).
Concludendo, vedete che anche un albero antipatico e invadente può riservare piacevoli sorprese?
giovedì 15 novembre 2012
Aperta campagna, o no?
Un bellissimo esemplare di Olivo, Olea europaea sativa (post del 22/12/11 ed altri), nobilita la campagna con la sua chioma espansa e compatta, baciato dal sole al centro di un prato rinfrescato dalle recenti piogge.
La descrizione precedente, nella sua pomposità forzata che vuole indurre una visione bucolica e lontana da ogni affanno cittadino, contiene un piccolo ma fondamentale errore: l'Olivo non è in campagna ma in piena città, a venti metri da via Vidal, all'interno del parco di Monte Urpinu.
Ho già avuto modo, in alcune precedenti occasioni, di vantare il nuovo corso del nostro parco storico (cito fra gli altri il post del 27/9/12), soprattutto nelle zone di via Garavetti ed appunto di via Vidal; questa foto ne è una ulteriore conferma, e pazienza se il prato è alimentato dall'innaffiamento artificiale oltre che dalle recenti piogge.
Faccio notare la particolarità di questo esemplare di Olivo, costituito da 6 o 7 tronchi, probabilmente ricacci da una vecchia ceppaia; ci racconta di una precedente esistenza, forse troncata dall'uomo o forse dal fulmine; pensiamo a come la Natura ha saputo riprendersi il suo spazio aereo, e di quale dimensione e bellezza, partendo dal solo apparato radicale!
lunedì 12 novembre 2012
Un piacevole camminamento
Non si può definirlo proprio un giardino, quello che vi voglio presentare oggi, ma piuttosto un largo camminamento pubblico sistemato a verde, fra la fine di via Caboni e via Ravenna.
E' una sistemazione molto recente, che probabilmente il Comune ha deciso di eseguire per completare gli spazi pubblici di contorno agli eleganti palazzi recentemente costruiti appunto alla fine di via Caboni.
Ecco a sinistra l'ingresso su via Caboni, con il prato ben curato ed il marciapiede contornato da piantine di Lavanda, forse Lavandula pedunculata. Sulla sinistra nella foto, fra la Palma delle Canarie e la Palma Alexandra (post del 28/11/10 e del 29/1/11) si intravvede la testata terminale dei palazzi.
A destra invece l'ingresso da via Ravenna; faccio notare a sinistra uno scorcio di una Sophora japonica, poi un grande Pino d'Aleppo e, sullo sfondo la scarpata che costituisce il confine retrostante dei palazzi, anch'essa rifinita con piantumazione di Ulivi ed altre essenze.
Ed infine, una fotografia dello slargo interno ai due camminamenti, che si estende anche molto a destra della immagine qui ripresa. Come si può apprezzare, è molto interessante l'accostamento del verde con la roccia calcarea, e più in generale con il contorno di verde che si inerpica fino alla Casa provinciale delle suore, sul piccolo colle dirimpetto a quello di Bonaria.
Insomma, può essere una passeggiata nuova, diversa dai soliti parchi o giardini pubblici nei quali andiamo a sgranchirci le gambe o ad accompagnare cani e bambini; mi piace presentare questi posti perchè Cagliari ha molti di questi angoli rilassanti, e può essere una esperienza piacevole, conoscendoli, cambiare continuamente i propri luoghi di passeggio.
Fra l'altro, essendo questa realizzazione molto recente, è ancora molto linda e ben curata: come sarà fra qualche anno? Non siamo autorizzati ad essere ottimisti; l'unica salvezza è la frequentazione da parte di molte persone, interessate a godersi il luogo ed a preservarlo come bene di tutti.
E' una sistemazione molto recente, che probabilmente il Comune ha deciso di eseguire per completare gli spazi pubblici di contorno agli eleganti palazzi recentemente costruiti appunto alla fine di via Caboni.
Ecco a sinistra l'ingresso su via Caboni, con il prato ben curato ed il marciapiede contornato da piantine di Lavanda, forse Lavandula pedunculata. Sulla sinistra nella foto, fra la Palma delle Canarie e la Palma Alexandra (post del 28/11/10 e del 29/1/11) si intravvede la testata terminale dei palazzi.
A destra invece l'ingresso da via Ravenna; faccio notare a sinistra uno scorcio di una Sophora japonica, poi un grande Pino d'Aleppo e, sullo sfondo la scarpata che costituisce il confine retrostante dei palazzi, anch'essa rifinita con piantumazione di Ulivi ed altre essenze.
Ed infine, una fotografia dello slargo interno ai due camminamenti, che si estende anche molto a destra della immagine qui ripresa. Come si può apprezzare, è molto interessante l'accostamento del verde con la roccia calcarea, e più in generale con il contorno di verde che si inerpica fino alla Casa provinciale delle suore, sul piccolo colle dirimpetto a quello di Bonaria.
Insomma, può essere una passeggiata nuova, diversa dai soliti parchi o giardini pubblici nei quali andiamo a sgranchirci le gambe o ad accompagnare cani e bambini; mi piace presentare questi posti perchè Cagliari ha molti di questi angoli rilassanti, e può essere una esperienza piacevole, conoscendoli, cambiare continuamente i propri luoghi di passeggio.
Fra l'altro, essendo questa realizzazione molto recente, è ancora molto linda e ben curata: come sarà fra qualche anno? Non siamo autorizzati ad essere ottimisti; l'unica salvezza è la frequentazione da parte di molte persone, interessate a godersi il luogo ed a preservarlo come bene di tutti.
mercoledì 7 novembre 2012
Ligustro o Viburno?
Mi scrive Carlo, che ringrazio, per pormi il quesito di cui al titolo del post, riguardante un albero di cui acclude alcune foto.
Devo dire che distinguere le piante di questi due generi, rappresentati essenzialmente dal Ligustrum lucidum e dal Viburnum tinus, come ho già detto nei post nei quali ho parlato di loro (post del 26/12/11 e del 6/3/11), non è facile, almeno per noi non specialisti: hanno un aspetto d'insieme spesso simile, foglia dello stesso tipo, frutto dello stesso tipo, insomma un guaio se non siamo in periodo di fioritura!
Comunque, non mi sono tirato indietro, ed ho approfondito l'argomento. Intanto, ecco una foto mandatami da Carlo che riprende i frutti e le foglie. E procediamo con l'analisi.
Intanto le bacche della pianta all'esame non sono ancora completamente mature, perchè il colore non è nero, e questo è un indizio: infatti nel Ligustro le bacche, con il nostro clima, sono ancora verdi (quelle della foto sono più avanti nella maturazione, perchè la pianta si trova nel nord Italia); maturano compiutamente a dicembre, mentre quelle del Viburno sono già mature da un mesetto.
Secondo indizio: l'albero di cui parla Carlo è alto una decina di metri, e questa altezza può essere raggiunta dal Ligustro, mentre il Viburno non supera i 3 metri.
Terzo indizio: le bacche del Ligustro sono sferiche, e quelle della pianta in foto lo sono, mentre quelle del Viburno sono leggermente ovoidali e terminano quasi a punta.
Quarto indizio, che avevo già segnalato nel post del 26 dicembre dell'anno scorso, le foglie del Ligustro sono più lisce, ed i lembi tendono ad orientarsi verso l'alto, e quelle in foto così appaiono; le foglie del Viburno sono più rugose ed hanno le nervature in evidenza.
E infine, Carlo mi segnala che le foglie del suo albero hanno delle piccolissime stipole all'attaccatura delle foglie, e questa è una caratteristica del Ligustro, non del Viburno.
Mi pare che ce ne sia abbastanza per sciogliere ogni dubbio: anche il tribunale più scalcagnato, di fronte a questi indizi, riconoscerebbe il colpevole: è lui, il Ligustro!
E, d'ora in poi, nessuno dica più, io per primo, che queste due piante sono uguali!
Devo dire che distinguere le piante di questi due generi, rappresentati essenzialmente dal Ligustrum lucidum e dal Viburnum tinus, come ho già detto nei post nei quali ho parlato di loro (post del 26/12/11 e del 6/3/11), non è facile, almeno per noi non specialisti: hanno un aspetto d'insieme spesso simile, foglia dello stesso tipo, frutto dello stesso tipo, insomma un guaio se non siamo in periodo di fioritura!
Comunque, non mi sono tirato indietro, ed ho approfondito l'argomento. Intanto, ecco una foto mandatami da Carlo che riprende i frutti e le foglie. E procediamo con l'analisi.
Intanto le bacche della pianta all'esame non sono ancora completamente mature, perchè il colore non è nero, e questo è un indizio: infatti nel Ligustro le bacche, con il nostro clima, sono ancora verdi (quelle della foto sono più avanti nella maturazione, perchè la pianta si trova nel nord Italia); maturano compiutamente a dicembre, mentre quelle del Viburno sono già mature da un mesetto.
Secondo indizio: l'albero di cui parla Carlo è alto una decina di metri, e questa altezza può essere raggiunta dal Ligustro, mentre il Viburno non supera i 3 metri.
Terzo indizio: le bacche del Ligustro sono sferiche, e quelle della pianta in foto lo sono, mentre quelle del Viburno sono leggermente ovoidali e terminano quasi a punta.
Quarto indizio, che avevo già segnalato nel post del 26 dicembre dell'anno scorso, le foglie del Ligustro sono più lisce, ed i lembi tendono ad orientarsi verso l'alto, e quelle in foto così appaiono; le foglie del Viburno sono più rugose ed hanno le nervature in evidenza.
E infine, Carlo mi segnala che le foglie del suo albero hanno delle piccolissime stipole all'attaccatura delle foglie, e questa è una caratteristica del Ligustro, non del Viburno.
Mi pare che ce ne sia abbastanza per sciogliere ogni dubbio: anche il tribunale più scalcagnato, di fronte a questi indizi, riconoscerebbe il colpevole: è lui, il Ligustro!
E, d'ora in poi, nessuno dica più, io per primo, che queste due piante sono uguali!
martedì 6 novembre 2012
L'umile, e meraviglioso, Foliage
Riprendo un argomento già affrontato anche recentemente (post del 15/10/12) perchè il tema è affascinante, e presenta spunti di interesse continui, anche per noi che il vero foliage non ce lo "possiamo permettere".
Abbiamo già detto che la realtà citttadina, le principali essenze presenti a Cagliari, il clima con il suo lento passaggio dal caldo al freddo, impediscono le splendide viste d'insieme che il foliage può determinare, con la presenza contemporanea di tutta la gamma dei caldi colori dell'autunno, dal giallo all'arancio, al rosso ed al marrone.
Su questo fenomeno si è detto e scritto di tutto e di più; i colori dell'autunno hanno ispirato poeti e pittori, e non sarò certo io ad aggiungere nuovi elementi. Rammento soltanto, per chi fosse interessato agli aspetti tecnici del fenomeno, il link che ho inserito nel post del 15 ottobre; per il resto, le riviste, Internet, i libri possono soddisfare qualsiasi esigenza.
Però, anche noi sappiamo offrire qualcosa, per esempio con il meraviglioso giallo che sanno produrre i Ginkgo biloba (post del 9/12/10), per il quale dobbiamo ancora aspettare, o con lo strepitoso rosso delle foglie dell'umile e comunissima Vite canadese, come si vede dalla foto sotto.
Insomma, se le sappiamo guardare, anche le nostre piante ci offrono belle emozioni cromatiche!
Abbiamo già detto che la realtà citttadina, le principali essenze presenti a Cagliari, il clima con il suo lento passaggio dal caldo al freddo, impediscono le splendide viste d'insieme che il foliage può determinare, con la presenza contemporanea di tutta la gamma dei caldi colori dell'autunno, dal giallo all'arancio, al rosso ed al marrone.
Su questo fenomeno si è detto e scritto di tutto e di più; i colori dell'autunno hanno ispirato poeti e pittori, e non sarò certo io ad aggiungere nuovi elementi. Rammento soltanto, per chi fosse interessato agli aspetti tecnici del fenomeno, il link che ho inserito nel post del 15 ottobre; per il resto, le riviste, Internet, i libri possono soddisfare qualsiasi esigenza.
Però, anche noi sappiamo offrire qualcosa, per esempio con il meraviglioso giallo che sanno produrre i Ginkgo biloba (post del 9/12/10), per il quale dobbiamo ancora aspettare, o con lo strepitoso rosso delle foglie dell'umile e comunissima Vite canadese, come si vede dalla foto sotto.
Insomma, se le sappiamo guardare, anche le nostre piante ci offrono belle emozioni cromatiche!
venerdì 2 novembre 2012
Alla ricerca della Melabrina
A proposito di grandi alberi, vi racconto di una passeggiata per incontrare Sa Melabrina, nome con cui è nota la Roverella, Quercus pubescens, più grande della Sardegna (8 metri di circonferenza alla base), immersa come una regina in uno splendido bosco di Lecci ed appunto Roverelle, nel Goceano in zona Foresta Burgos.
Il nome di Sa Melabrina attribuito alla pianta trae origine dal nome
della località nella quale si trova il patriarca in questione, mentre in
senso letterale significa melo selvatico, alberello del quale si
trovano molti esemplari in zona: eccone a sinistra uno ripreso a Foresta Burgos.
Tornando al bosco di Querce, è veramente bellissimo e selvaggio, e gli alberi notevoli si susseguono in quantità: ecco qui sotto due esemplari.
Le fotografie sono scattate un po' di tempo fa, quando permaneva il periodo siccitoso; penso che adesso il bosco sia ancora più godibile.
Non sono più tanti, nella nostra Isola, i boschi grandi e pressocchè incontaminati come questo; tanto più mi fa rabbia la trascuratezza nella quale vengono lasciati i relativi segnali turistici. Alcuni segnali li ho trovati per terra, divelti, altri completamente scoloriti ed illeggibili; allora non è un luogo comune quando si dice che non sappiamo (o non vogliamo?) valorizzare le nostre bellezze paesaggistiche!
Quale che sia la ragione, forse anche per le mie mediocri doti da esploratore, non ho trovato la Melabrina, ma vi assicuro che questo non toglie soddisfazione ad una passeggiata in questo bosco.
In conclusione, ed in mancanza della regina, vi propongo due ghiande a raffronto, di Roverella e di Leccio; per quanto concerne
Melo selvatico, in sardo Melabrina |
Tornando al bosco di Querce, è veramente bellissimo e selvaggio, e gli alberi notevoli si susseguono in quantità: ecco qui sotto due esemplari.
Le fotografie sono scattate un po' di tempo fa, quando permaneva il periodo siccitoso; penso che adesso il bosco sia ancora più godibile.
Non sono più tanti, nella nostra Isola, i boschi grandi e pressocchè incontaminati come questo; tanto più mi fa rabbia la trascuratezza nella quale vengono lasciati i relativi segnali turistici. Alcuni segnali li ho trovati per terra, divelti, altri completamente scoloriti ed illeggibili; allora non è un luogo comune quando si dice che non sappiamo (o non vogliamo?) valorizzare le nostre bellezze paesaggistiche!
Quale che sia la ragione, forse anche per le mie mediocri doti da esploratore, non ho trovato la Melabrina, ma vi assicuro che questo non toglie soddisfazione ad una passeggiata in questo bosco.
In conclusione, ed in mancanza della regina, vi propongo due ghiande a raffronto, di Roverella e di Leccio; per quanto concerne
lunedì 29 ottobre 2012
La Schefflera del terzo tipo
Abbiamo già parlato della Schefflera come di una pianta che "scappa di casa", con riferimento in particolare alla notissima Schefflera arboricola, compagna di salotto ma anche, sempre più spesso, di giardino.
Il post a cui mi riferisco (post del 3/4/11) era in realtà dedicato soprattutto ad un'altra specie di Schefflera, la Schefflera actinophylla, più grande e meglio predisposta per la vita all'aria aperta.
Ebbene, oggi vi voglio presentare un terzo tipo di Schefflera presente in città, ancora più propensa alla vita esterna e con le foglie ancora più grandi: la Schefflera veitchii.
Ecco un esemplare, in verità non molto appariscente, dell'Orto botanico; non è bellissimo, ma mi è servito per identificarne compiutamente un altro, cittadino e molto più bello, che si trova nel viale Poetto, in un giardino privato proprio di fronte alla caserma Villasanta.
Ecco qui sotto la Schefflera di cui parliamo.
Come si vede questo è un vero alberello, ed è forse l'esemplare più grande della città; l'avevo individuato già da molto come genere, appunto Schefflera, ma mi mancava la specie; ora, con la partecipazione dell'Orto botanico (ah, l'importanza delle etichette!), l'identificazione è completa.
Aggiungo, per curiosità , che le Schefflere classificate sono più di 500, per cui essere arrivati a 3 non è proprio il massimo, ma noi ci sappiamo accontentare.
Il post a cui mi riferisco (post del 3/4/11) era in realtà dedicato soprattutto ad un'altra specie di Schefflera, la Schefflera actinophylla, più grande e meglio predisposta per la vita all'aria aperta.
Ebbene, oggi vi voglio presentare un terzo tipo di Schefflera presente in città, ancora più propensa alla vita esterna e con le foglie ancora più grandi: la Schefflera veitchii.
Ecco un esemplare, in verità non molto appariscente, dell'Orto botanico; non è bellissimo, ma mi è servito per identificarne compiutamente un altro, cittadino e molto più bello, che si trova nel viale Poetto, in un giardino privato proprio di fronte alla caserma Villasanta.
Ecco qui sotto la Schefflera di cui parliamo.
Come si vede questo è un vero alberello, ed è forse l'esemplare più grande della città; l'avevo individuato già da molto come genere, appunto Schefflera, ma mi mancava la specie; ora, con la partecipazione dell'Orto botanico (ah, l'importanza delle etichette!), l'identificazione è completa.
Aggiungo, per curiosità , che le Schefflere classificate sono più di 500, per cui essere arrivati a 3 non è proprio il massimo, ma noi ci sappiamo accontentare.
venerdì 26 ottobre 2012
Scorci d'autunno all'Orto Botanico
Lo stentato autunno cagliaritano di quest'anno: molto sole, poca pioggia, niente freddo. E le piante si comportano di conseguenza: perdono qualche foglia senza convinzione, si decolorano ma anche no, chi può fiorisce, alcune per la seconda o terza volta nell'anno.
Allora, una piacevole passeggiata all'Orto botanico può servire a dare conto della situazione.
E comincio, un po' provocatoriamente, con due bruchi che banchettano su un cavolo: siamo nella zona detta "orto dei semplici", dedicata alle piante officinali, in disarmo sia per la stagione sia, penso, per carenza di budget.
Non so dire se questo banchetto sia voluto, tollerato, o semplicemente ignorato dagli addetti: io me ne preoccuperei, data la nota invadenza di questi animaletti.
Per recuperare, ecco allora due fiori: uno di pianta grassa, fra quelle che vivono nella apposita serra, ed uno di un cappero nomade: non so per la pianta grassa, ma per il cappero è evidentemente ancora estate, dato che la fioritura si conclude normalmente molto prima della fine di ottobre.
Adesso solleviamo lo sguardo e, come d'incanto, ci sembra di trovarci in mezzo ad una foresta Cambogiana: mancano solo le scimmie!
Insomma, di spunti di interesse, per uno sguardo curioso, il nostro Orto botanico è pieno; peccato che ormai faccia orari da ufficio ministeriale (vedi anche la conclusione del post 5/9/12 ) e la cura lasci un po' a desiderare. Ribadisco una banalità, e mi scuserete, ma un posto come questo è sempre diverso, per quante siano le volte che ci andiamo: dovrebbe essere un fiore all'occhiello della città, oggetto di visite periodiche dei cittadini, oltre che, come già è, un sito apprezzatissimo dai turisti.
E finisco, per dare piena soddisfazione al titolo, con una immagine decisamente autunnale: sembra il cappello stropicciato di una abat-jour della nonna, ma è in realtà una foglia di Fior di Loto (post del 23/7/11).
Allora, una piacevole passeggiata all'Orto botanico può servire a dare conto della situazione.
E comincio, un po' provocatoriamente, con due bruchi che banchettano su un cavolo: siamo nella zona detta "orto dei semplici", dedicata alle piante officinali, in disarmo sia per la stagione sia, penso, per carenza di budget.
Non so dire se questo banchetto sia voluto, tollerato, o semplicemente ignorato dagli addetti: io me ne preoccuperei, data la nota invadenza di questi animaletti.
Per recuperare, ecco allora due fiori: uno di pianta grassa, fra quelle che vivono nella apposita serra, ed uno di un cappero nomade: non so per la pianta grassa, ma per il cappero è evidentemente ancora estate, dato che la fioritura si conclude normalmente molto prima della fine di ottobre.
Adesso solleviamo lo sguardo e, come d'incanto, ci sembra di trovarci in mezzo ad una foresta Cambogiana: mancano solo le scimmie!
Insomma, di spunti di interesse, per uno sguardo curioso, il nostro Orto botanico è pieno; peccato che ormai faccia orari da ufficio ministeriale (vedi anche la conclusione del post 5/9/12 ) e la cura lasci un po' a desiderare. Ribadisco una banalità, e mi scuserete, ma un posto come questo è sempre diverso, per quante siano le volte che ci andiamo: dovrebbe essere un fiore all'occhiello della città, oggetto di visite periodiche dei cittadini, oltre che, come già è, un sito apprezzatissimo dai turisti.
E finisco, per dare piena soddisfazione al titolo, con una immagine decisamente autunnale: sembra il cappello stropicciato di una abat-jour della nonna, ma è in realtà una foglia di Fior di Loto (post del 23/7/11).
lunedì 22 ottobre 2012
Il bosco di Sos Nibberos
Andiamo anche oggi fuori città, ma siamo giustificati sia dalla bellezza che dal fatto che questa specie arborea non si trova a Cagliari, ed in generale al livello del mare.
Vi parlo di un bosco, forse unico in Sardegna e non solo, costituito quasi esclusivamente da una sola specie arborea e cioè il Tasso, Taxus baccata (post del 26/8/11): si tratta del bosco di Sos Nibberos in comune di Bono, area di grande interesse naturalistico.
I motivi di interesse sono diversi:
il Tasso, in quanto Conifera proveniente da lontane epoche geologiche, pianta di lentissimo accrescimento e lunghissima vita, è di per se stesso una rarità da ammirare;
un bosco di Tassi è quasi un controsenso, dato che questi alberi sono normalmente solitari o al più raccolti in piccoli gruppi: qui siamo di fronte a diversi ettari di Tassi;
gli esemplari, tutti targati e controllati, sono spesso pluricentenari, ed alcuni probabilmente millenari.
Per converso, va detto per onestà, le piante viste da dentro il bosco non sono belle, perchè la vicinanza e la competizione per la luce le ha fatte crescere in altezza, ed alla base sono spoglie e non esiste sottobosco; resta il fatto che camminare in questo bosco è di estremo fascino, ed i tronchi sono bellissimi, come si può vedere.
Aggiungo, come curiosità, che il tronco dei Tassi assomiglia a quello del Ginepro rosso (post del 15/11/11), e questo potrebbe aver determinato da parte dei nostri progenitori la confusione del nome: Nibberos sono infatti i Ginepri (Zinnibiri nel nostro dialetto del sud).
Mi accorgo però che le foto sono cupe, richiamano le foreste di Harry Potter; ma Sos Nibberos non è solo così, e ve lo dimostro in chiusura.
Guardate la delicatezza dei rametti con i semi circondati dalla bacca rossa, l'arillo, con la polpa carnosa e dolce, unica parte della pianta non velenosa.
Gli uccelli, ghiotti di queste bacche, inghiottono il tutto, utilizzano la polpa e rifanno tale e quale il seme velenoso, contribuendo così alla diffusione della specie arborea.
Vi parlo di un bosco, forse unico in Sardegna e non solo, costituito quasi esclusivamente da una sola specie arborea e cioè il Tasso, Taxus baccata (post del 26/8/11): si tratta del bosco di Sos Nibberos in comune di Bono, area di grande interesse naturalistico.
I motivi di interesse sono diversi:
il Tasso, in quanto Conifera proveniente da lontane epoche geologiche, pianta di lentissimo accrescimento e lunghissima vita, è di per se stesso una rarità da ammirare;
un bosco di Tassi è quasi un controsenso, dato che questi alberi sono normalmente solitari o al più raccolti in piccoli gruppi: qui siamo di fronte a diversi ettari di Tassi;
gli esemplari, tutti targati e controllati, sono spesso pluricentenari, ed alcuni probabilmente millenari.
Per converso, va detto per onestà, le piante viste da dentro il bosco non sono belle, perchè la vicinanza e la competizione per la luce le ha fatte crescere in altezza, ed alla base sono spoglie e non esiste sottobosco; resta il fatto che camminare in questo bosco è di estremo fascino, ed i tronchi sono bellissimi, come si può vedere.
Aggiungo, come curiosità, che il tronco dei Tassi assomiglia a quello del Ginepro rosso (post del 15/11/11), e questo potrebbe aver determinato da parte dei nostri progenitori la confusione del nome: Nibberos sono infatti i Ginepri (Zinnibiri nel nostro dialetto del sud).
Mi accorgo però che le foto sono cupe, richiamano le foreste di Harry Potter; ma Sos Nibberos non è solo così, e ve lo dimostro in chiusura.
Guardate la delicatezza dei rametti con i semi circondati dalla bacca rossa, l'arillo, con la polpa carnosa e dolce, unica parte della pianta non velenosa.
Gli uccelli, ghiotti di queste bacche, inghiottono il tutto, utilizzano la polpa e rifanno tale e quale il seme velenoso, contribuendo così alla diffusione della specie arborea.