Il titolo di questo post, anche se richiama un quesito psicoanalitico da salotto televisivo, credo che rappresenti bene l’oggetto di alcune riflessioni che ho fatto sugli alberi, durante l’ultima visita veloce al Parco di Laconi, e che voglio condividere con voi.
Il parco di Laconi, oltre ad essere per me una mitica destinazione per gite domenicali con i genitori o infrasettimanali con la scuola, è un luogo molto affascinante per gli appassionati del verde, potendo vantare più di cento specie presenti, fra arboree, erbacee ed arbustive.
E’ quindi un concentrato di cultura “verde”; si percorrono, fra l’altro, viali dove la luce del sole non arriva quasi mai a lambire il suolo (in questo periodo meraviglioso tappeto di foglie sulle tinte dal giallo al marrone), tale è la concentrazione di alberi di alto fusto che incombe.
Questa concentrazione, del tutto singolare per la nostra realtà isolana, è il fascino ma anche il limite di questo parco; infatti gli alberi, impegnati per decenni nella competizione con i vicini per godere della migliore luce, sono cresciuti molto alti, ed hanno via via perso le ramificazioni inferiori. Come conseguenza di questo stato di cose, si finisce con il camminare in mezzo ai tronchi nudi, le foglie ed i frutti si intravvedono solo camminando con il naso all’insù, o guardando per terra. Ecco sotto uno scorcio:
Sul fronte opposto, quello della solitudine, una cospicua parte dei panorami sardi offre terreni aridi e spogli, o nei quali gli alberi spiccano solitari; questi alberi si ergono magici nella loro solitudine e nel loro ruolo di sentinelle del territorio, o magari di riparo per le greggi. Parliamo di piante che di solito non sono molto alte, ma che spesso si allargano a dismisura: così vediamo Lecci, Roverelle, Carrubi, Tassi e Filliree.
E’ un panorama tipico sardo e noi lo amiamo, ma quanta rabbia nel pensare che questi alberi sono spesso scampati all'abbattimento di preesistenti foreste, disboscate per insipienza umana, magari per farne carbone o traversine ferroviarie!
Per fortuna, la folla e la solitudine trovano ogni tanto la giusta sintesi in situazioni intermedie, dove gli alberi si susseguono ad una certa distanza, non si disturbano fra loro e lasciano vivere anche i cespugli e l’erba verde in mezzo a rocce affioranti; penso a certe sugherete, o a boschi di Roverelle come quello della foto sotto, che costituisce lo splendido parco naturale che circonda il nuraghe Adoni, già bello di suo, sito nel Comune di Villanovatulo.