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martedì 31 gennaio 2012

Un'oasi verde poco conosciuta

L'oasi verde a cui mi riferisco è quella che fa da contorno ai campi sportivi ex Enel, situati alla fine di una traversa di via Mercalli, che costeggia il sovrastante asse mediano con il suo traffico.

Non so nemmeno bene che nome abbia oggi quest'oasi; so che è nata negli anni '60 del secolo scorso, come circolo ricreativo Enel, in sostituzione dell'antico e dismesso circolo SES di Santa Gilla, dando continuità ad una rimarchevole attenzione che la società elettrica ha sempre avuto per il tennis a Cagliari. E' stato per lunghi anni un circolo privato dell'Enel, poi abbandonato e quasi distrutto, e dopo varie vicissitudini ceduto all'ARCA, associazione per le attività ricreative del gruppo, che lo ha riportato a nuova vita.

Oggi funziona regolarmente per il tennis, altri sport ed attività culturali e, soprattutto, ha due caratteristiche che interessano il nostro blog: l'ingresso è libero a tutti i cittadini, ed è stata restituita piena dignità all'oasi di verde delle origini. Infatti all'epoca della sua costituzione i dirigenti dell'Enel di allora (ne ricordo uno per tutti, l'ing. Pirola) avevano posto molta attenzione alla piantumazione di alberi, cespugli e siepi varie nel sito, per cui oggi ci ritroviamo questo bello spazio verde, pienamente godibile.

Cito in ordine sparso alcune delle specie che ho riconosciuto nella mia visita odierna, tutte già trattate nel blog: Cedrus deodara, Casuarina cunninghamiana, Callistemon citrinus, Melaleuca armillaris, oltre ai più comuni Cipressi, Pini, Palme.





Guardate la dimensione della Melaleuca a destra, la più grande che io conosca a Cagliari.






A sinistra, un altro scorcio con in primo piano un grosso Echinocactus grusonii in vaso e sullo sfondo i tronchi di molti Pini d'Aleppo.




 Infine, il particolare di una Casuarina cunninghamiana,
con i suoi affascinanti ramuli pendenti dotati di nodi, ed i piccoli frutti rossastri che si intravvedono fra i ramuli.

giovedì 26 gennaio 2012

Storie parallele di patriarchi morti

Capisco che il titolo è poco rassicurante, ma riguarda due alberi molto vecchi, per i quali la morte si può tramutare in un atto d'amore per la natura e per la vita; questo atto d'amore sarà posto in essere da uomini che, almeno per gli alberi di cui parliamo, non hanno responsabilità nella loro scomparsa.
 
Partiamo, per rispetto dell'età, dal più anziano: aveva circa 3600 anni il Taxodium Distichum, Cipresso di palude o Cipresso calvo, che è morto in Florida alcune settimane fa. E' stato colpito da un fulmine, ed ucciso dal conseguente incendio sviluppatosi nel tronco cavo, che lo ha lentamente corroso dall'interno.

Il Senatore, questo era il nome proprio che aveva il patriarca verde,  rivivrà però attraverso la clonazione, che consentirà di preservare e diffondere le sue caratteristiche genetiche.

Il secondo patriarca era un orgoglio nostrano, di Orroli: aveva "solo" un migliaio di anni, ed è stato abbattuto dal maestrale all'inizio di gennaio; era una splendida Roverella, Quercus Pubescens, e si chiamava Sa Matta de Arrolli, così, semplicemente: l'albero di Orroli, nient'altro.

Questo patriarca, nelle intenzioni delle popolazioni locali, rivivrà in se stesso come scultura-monumento, una volta liberato, attraverso l'intervento di specialisti restauratori, dai naturali processi di degenerazione. Mi sembra anche questo un bel modo di vivere una nuova vita, attraverso lo sguardo ed il ricordo di chi lo vorrà ammirare.

Termino con una indicazione per vedere esemplari viventi degli alberi protagonisti di questo post: per le Roverelle non avete ovviamente problemi, e le abbiamo trattate in più occasioni anche nel blog, mentre il Cipresso calvo non si trova qui da noi. Per fortuna però abbiamo un bellissimo esemplare all'Orto Botanico:


ecco un particolare di foglie e frutti, nella foto a destra, che ci consente di chiudere il post, iniziato con la morte, con una immagine di vita.

mercoledì 25 gennaio 2012

La bella Melia ha fatto colpo

Mi scrive Enrico, cagliaritano emigrato nel nord Italia, che mi chiede di identificare un albero che ha fotografato in via Amat, lato liceo Dettori, in uno dei suoi rientri a Cagliari.

Egregio Enrico, questo è per me un invito a nozze! Infatti la pianta che ti ha colpito, di cui pubblico la tua foto a fianco, è una delle mie preferite, e cioè una Melia Azedarach, da me definita umile e generosa: qui è fotografata con il vestito invernale, ma se frughi nel blog attraverso la ricerca la troverai immortalata anche con il vestito autunnale e con quello primaverile.
Mi fa piacere che tu mi abbia dato l'occasione per ricordare ancora questo albero.

lunedì 23 gennaio 2012

La rara Melaleuca

Ecco un'altra pianta che merita l'aggettivo di "rara": è la Melaleuca Armillaris, di origini austaliane, presente in Sardegna solo dagli anni '70 del secolo scorso, e tuttora molto poco conosciuta.

La Melaleuca è un alberello appartenente alla famiglia delle Myrtacee, così come il Callistemon (post del 19/11/10), con il quale infatti condivide l'infiorescenza piuttosto buffa costituita da una spiga che sembra uno scovolino. La Melaleuca ha però l'infiorescenza bianca, mentre quella del Callistemon è normalmente rossa, ed ha le foglioline molto più piccole, quasi aghiformi.

Ecco a destra un bell'esemplare che si trova in un giardino condominiale di via Sanna Randaccio, qui ripreso con le "chiome" svolazzanti per il forte vento. Come si vede è un alberello sempreverde di aspetto molto gradevole, chioma densa ed ampia, ottimo per giardini condominiali; fra l'altro, e non guasta, ha un bel nome musicale.

La sua rarità in Italia è certificata dalla quasi completa assenza nelle schede dei libri specializzati; qui da noi è arrivata, come certifica Vannelli nel suo libro sul verde di Cagliari, per mano di un emigrante sardo, di rientro dall'Australia.

Ecco nella foto a sinistra un particolare che mostra la  fogliolina alternata, su rametti sottili che hanno la particolarità di essere quasi bianchi.

Un altro bell'esemplare di Melaleuca si trova nello slargo di via Firenze, e precisamente nell'aiuola del distributore di benzina.

venerdì 20 gennaio 2012

Una proposta per valorizzare gli alberi

Spesso, quando vado a visitare un sito archeologico o culturale in giro per la Sardegna, mi sorprendo a distrarmi dalle spiegazioni dei ragazzi che curano il sito, anche se questi ragazzi, ed accade sempre più spesso, si dimostrano preparati ed entusiasti. Il fatto è che i siti di cui parlo sono spesso immersi in una natura meravigliosa, e la gran parte di noi quando fa una visita unisce al piacere culturale quello della gita.

L'ultima volta che ho fatto queste considerazioni è stato quando ho visitato il nuraghe Adoni, in comune di Villanovatulo, che ho già citato (post del 5/1/12). Questo nuraghe, per me che ne capisco poco, non è particolarmente eccitante, ma come ho detto è immerso in uno splendido parco naturale, ricco di Lecci e Roverelle. Ecco qui sotto a sinistra una coppia che si presenta lungo la strada per il nuraghe:









E che dire della splendida Roverella, già completamente spoglia perchè più esposta al vento, che si erge proprio a fianco delle mura del nuraghe?

E ancora, per parlare di cespugli, guardate i frutti di questa vecchia Edera, Hedera Elix, che vegeta sul nuraghe: sono frutti di una pianta con molti decenni di vita; non è facile vederne di così grossi, e tantomeno a Cagliari, dove normalmente l'Edera nemmeno fiorisce.




E infine, guardate l'allegria dei frutti di questa pianticella, che si trova all'inizio della salita verso il nuraghe: si tratta di Fusaggine, Evonymus Europaeus, detta anche Berretta del Prete per la forma della capsula a quattro lobi.




Ad ognuno di voi, ritengo, verrà in mente qualche sito, sia nuraghe, o tomba dei giganti, o Domus de Janas, castello o altro, caratterizzato per la bellezza della natura oltre che del sito che lo ha reso famoso, ed allora mi chiedo: perchè non unire i due aspetti, che si rafforzano a vicenda, quello archeologico e quello naturalistico?
Basterebbe un piccolo corso di formazione per i ragazzi delle cooperative che si occupano del sito, l'ausilio di qualche mappa con l'indicazione dei principali alberi o arbusti, ed il gioco è fatto! Aumento dei visitatori, maggiore soddisfazione per la visita, un ricordo che forse si incide meglio nella memoria di ciascuno di noi. 

giovedì 19 gennaio 2012

L'Alloro, una pianta nobile?

Nobile lo è per definizione, anzi per denominazione e mitologia, l'Alloro, Laurus Nobilis. Gli antichi Greci lo consideravano sacro, e la corona di Alloro era il simbolo di vittoria e di gloria.

Noi moderni, molto più prosaicamente, lo teniamo in grande considerazione per i suoi utilizzi gastronomici e per l'inconfondibile profumo della foglia che, per esempio, si accompagna in Sardegna con le anguille allo spiedo.

Allora, vi chiederete, perchè il punto interrogativo nel titolo? Il fatto è che io, nell'ambito della missione del blog, stavo cercando qualche bella pianta di Alloro residente nella nostra città, per presentarvela, e non sono riuscito a trovarne: tristi bordure oggetto di potature selvagge, alberi poco dignitosi e spesso assaliti dalla cocciniglia, questo è quello che ho trovato.

Anche ai Giardini Pubblici, dove sapevo esserci qualche buon esemplare, ho trovato solo quello ripreso a destra, che sembra piuttosto un insieme di polloni di una vecchia pianta tagliata, altro che buon esemplare!

Con il verde privato non mi è andata meglio, anche se sicuramente i begli esemplari, come quelli che si trovano nei libri o su Internet, con la bella foglia coriacea ed ovalizzata, esistono anche da noi; io purtroppo non li ho trovati.




Ecco comunque, a sinistra, un esemplare grande ed abbastanza sano ripreso in un giardino condominiale di via Tel Aviv, a Genneruxi.

Insomma, sono rimasto un po' deluso dalla mancata corrispondenza fra la gloria del nome e dell'idea e la mediocrità della realtà; spero di ricevere segnalazioni, magari di piante ricche di bacche nere e lucide, per ribaltare questo giudizio non positivo.

lunedì 16 gennaio 2012

Una scoperta esaltante

Si, è una scoperta esaltante quella che ho fatto ieri, tanto più in una zona non molto lontana da Cagliari: un bosco di splendidi Olivi pluricentenari vicino a Villamassargia, denominato S'Ortu Mannu e dichiarato monumento naturale.

Comincio subito con una immagine, per capire di che cosa stiamo parlando.


Ecco in tutto il suo splendore "Sa Reina", l'albero più grande, se non il più bello, del bosco:  ha un perimetro alla base di più di 15 metri, ed una età forse millenaria.  Ho detto <se non il più bello> perchè credo che sia impossibile scegliere il più bello fra le decine di esemplari  presenti, che rappresentano ognuno una splendida scultura naturale, uguale ma profondamente diversa da quella a fianco.
I piccoli o grandi anfratti, i contorcimenti, i ghirigori, i tortiglioni, gli umboni, le tortuosità che ognuna di queste piante si è costruita nei secoli sono un vero spettacolo, e non si finirebbe di guardarle fino a poterle distinguere una ad una.


Guardate i due esempi qui a fianco, fra i tanti che ho fotografato (pare ci siano tuttora circa 700 esemplari); credo fra l'altro che la ricchezza di particolari e l'alternarsi di pieni e vuoti faccia assumere a questi tronchi aspetti diversi a seconda dell'ora del giorno e della posizione del sole, che ieri purtroppo mancava. 


  L'ingresso a questo parco è libero; le piante sono distanziate, ed è piacevolissimo camminare in mezzo a loro; devo dunque correggere parzialmente quanto avevo affermato nel recente post nel quale ho parlato degli Olivi (post del 22/12/11). Dicevo che gli Olivi più belli li avevo visti in Puglia: beh, quelli sono sicuramente tanti di più, ma in quanto a bellezza gli olivi di Villamassargia non hanno nulla da invidiare a quelli di Cisternino.

Come curiosità, aggiungo che il parco è comunale, ma l'usufrutto delle singole piante è rimasto alle vecchie famiglie che un tempo possedevano i terreni: ogni pianta ha una targhetta numerata (che si intravvede nella pianta di destra in alto), che rimanda alla famiglia titolare del diritto di raccolta delle olive, e che si occupa della cura della pianta in usufrutto. 

Ancora non mi rendo conto come io, che pure mi interesso di alberi,  possa essere arrivato alla mia veneranda età senza conoscere nulla di questo posto, che avrei continuato ad ignorare se un amico, capitato peraltro casualmente a S'Ortu Mannu, non me lo avesse segnalato.
Questo ci dice, una volta di più, che la strada che noi sardi dobbiamo compiere per apprezzare e fare apprezzare le meraviglie naturalistiche che impreziosiscono la nostra isola (pare che l'impianto di questo uliveto possa risalire ad epoca Fenicia!) è ancora molto lunga e tortuosa, come il legno di cui stiamo parlando.

Ecco in conclusione un'altra foto; per bellissime fotografie di questi alberi vi suggerisco il sito del fotografo Dino Ignani: http://www.dinoignani.net/index.html

martedì 10 gennaio 2012

Come reagire alla spoliazione

Non è mia intenzione fornire suggerimenti  antidepressivi per i recenti provvedimenti del nostro governo, anche se, con un po' di buona volontà, la materia di cui parlerò può essere utilizzata come antidepressivo naturale.

Parliamo invece, naturalmente, degli alberi, e del fatto che molti di loro si spogliano durante l'inverno; al di là degli aspetti romantici e di bellezza di molti alberi nudi, è indubbio che la fase di riposo invernale può generare tristezza, soprattutto nel caso degli alberi che vivono con noi nelle nostre città e paesi.
 
Due tecniche adottate dagli uomini per tenersi vicino i colori durante la stagione invernale sono quella, ovvia, di  allevare alberi sempreverdi, magari che fioriscano in pieno inverno (il massimo!), oppure di sfruttare alberi spoglianti ma con frutti persistenti, che abbelliscano la pianta nuda.

Nella foto a destra vediamo le due tecniche poste in atto contemporaneamente:  ammiriamo la presenza di un albero di  Kaki  (Diospyros Kaki), con lo splendido effetto estetico delle bacche arancio appese, e due alberi del comunissimo Nespolo del Giappone (Eriobotrya Japonica), in piena fioritura.

A, dimenticavo: la foto è stata scattata a Sadali, 800 metri sul mare, alcuni giorni fa, con temperatura vicino a zero gradi.

giovedì 5 gennaio 2012

Folla o solitudine?

Il titolo di questo post, anche se richiama un quesito psicoanalitico da salotto televisivo, credo che rappresenti bene l’oggetto di alcune riflessioni che ho fatto sugli alberi, durante l’ultima visita veloce al Parco di Laconi, e che voglio condividere con voi.

Il parco di Laconi, oltre ad essere per me una mitica destinazione per gite domenicali con i genitori o infrasettimanali  con la scuola, è un luogo molto affascinante per gli appassionati del verde,  potendo vantare più di cento specie presenti, fra arboree, erbacee ed arbustive.

E’ quindi un concentrato di cultura “verde”; si percorrono, fra l’altro, viali dove la luce del sole non arriva quasi mai a lambire il suolo (in questo periodo meraviglioso tappeto di foglie sulle tinte dal giallo al marrone),  tale è la concentrazione di alberi di alto fusto che incombe.

Questa concentrazione, del tutto singolare per la nostra realtà isolana, è il fascino ma anche il limite di questo parco; infatti gli alberi, impegnati per decenni nella competizione con i vicini per godere  della migliore luce, sono cresciuti molto alti, ed hanno via via perso le ramificazioni inferiori. Come conseguenza di questo stato di cose, si finisce con il camminare in mezzo ai tronchi nudi, le foglie ed i frutti si intravvedono solo camminando con il naso all’insù, o guardando per terra. Ecco sotto uno scorcio:



Sul fronte opposto, quello della solitudine, una cospicua parte dei panorami sardi offre terreni aridi e spogli, o nei quali gli alberi spiccano solitari; questi alberi si ergono magici nella loro solitudine e nel loro ruolo di sentinelle del territorio, o magari di riparo per le greggi. Parliamo di piante che di solito non sono molto alte, ma che spesso si allargano a dismisura: così vediamo Lecci, Roverelle, Carrubi, Tassi e Filliree.

E’ un panorama tipico sardo e noi lo amiamo, ma quanta rabbia nel pensare che questi alberi sono spesso scampati all'abbattimento di preesistenti foreste, disboscate per insipienza umana, magari per farne carbone o traversine ferroviarie!

Per fortuna, la folla e la solitudine trovano ogni tanto la giusta sintesi in situazioni intermedie, dove gli alberi si susseguono ad una certa distanza, non si disturbano fra loro e lasciano vivere anche i cespugli e l’erba verde in mezzo a rocce affioranti; penso a certe sugherete, o a boschi di Roverelle come quello della foto sotto, che costituisce lo splendido parco naturale che circonda il nuraghe Adoni, già bello di suo, sito nel Comune di Villanovatulo.